I dischi e i vinili, da sempre, hanno un fascino tutto loro. La puntina del giradischi che passa delicatamente sui solchi del disco, l'odore della carta che li avvolge, le ore passate nei negozi di dischi alla ricerca di qualche vinile, il significato proprio di possedere un disco che ci piace, ma anche la bellezza di una libreria piena di libri e dischi. Tutte cose che il mondo digitale, seppur aprendoci all'ineguagliabile possibilità di raggiungere molta più musica di prima, ci ha fatto col tempo dimenticare, nonostante in questi ultimi anni ci sia stato un vero e proprio ritorno al vinile. Inauguriamo oggi la nostra nuova rubrica "Il Sabato del Vinile", un viaggio all'interno dei dischi migliori della canzone italiana e internazionale di ieri e di oggi. Un momento per riscoprire quel fascino inconfondibile della musica ascoltata attraverso un disco.
Apriamo questa rubrica con un album fondamentale per la storia della musica: "Volume III" il terzo album d'inediti del cantautore genovese Fabrizio De André, pubblicato nel 1968 dall'etichetta Bluebell Records.
Questo lavoro fu pubblicato a pochi mesi dall'uscita di "Tutti morimmo a stento", secondo album d'inediti del cantautore genovese nonché uno dei primi concept album della storia della musica italiana. Pur essendo un disco molto completo, risente di uno dei pochissimi momenti di crisi compositiva che De André affrontò nel corso della sua gloriosa e duratura carriera. Infatti solo 4 brani su 10 sono degli inediti, mentre i restanti 6 brani sono delle re-incisioni di canzoni già pubblicate come singoli, nel formato vinilico a 45 giri, dalla Karim, la prima etichetta di De André.
Gli arrangiamenti delle canzoni di questo terzo album, sia degli inediti che delle re-incisioni, vennero eseguiti da Gian Piero Reverberi, compositore italo-svizzero, con il quale il cantautore genovese strinse una profonda collaborazione sin dai suoi esordi discografici. Non è un caso che gli arrangiamenti delle versioni originali de "La canzone di Marinella" e de "La ballata dell'eroe" vennero eseguiti dallo stesso Reverberi.
Tra i 6 pezzi reincisi presenti in quest'album spiccano sicuramente "La canzone di Marinella", forse uno dei migliori pezzi del repertorio di De André - ispirato ad un reale avvenimento di cronaca nera - che venne portato all'attenzione del grande pubblico grazie ad una fenomenale cover di Mina del 1967; ma anche "La guerra di Piero", un pezzo contro la guerra, così come "La ballata dell'eroe", altro brano presente in questo disco, in cui sono presenti allusioni, più o meno velate, a due poesie: "L'addormentato nella valle" di Arthur Rimbaud risalente al 1870 e "Dove vola l'avvoltoio" di Italo Calvino del 1958.
"Ninetta bella, dritto all'inferno Avrei preferito andarci in inverno" (da "La guerra di Piero")
Abbiamo anche "La ballata del Miché", traccia con cui si apre il lato b del disco e prima canzone scritta nel 1961 da De André, insieme a Clelia Petracchi che, secondo lo stesso cantautore, lo salvò dal diventare un "pessimo penalista". Arriviamo poi a "Amore che vieni amore che vai", il mio brano preferito di questo disco, nonché uno dei pezzi preferiti di tutto il repertorio di De André, in cui il cantautore genovese riesce a parlare in modo semplice e diretto della natura fugace e provvisoria dell'amore e che io considero come una vera e propria poesia che non sfigurerebbe se paragonata alle grandi poesie che hanno fatto la storia della letteratura italiana.
"E tu che con gli occhi di un altro colore mi dici le stesse parole d'amore" (da "Amore che vieni amore che vai")
Nel disco sono presenti 4 inediti, primi "Il gorilla" e "Nell'acqua della chiara fontana", brani che non sono altro che delle traduzioni, effettuate dallo stesso De André, di due celebri composizioni del cantautore e poeta francese Georges Bressens, artista che il cantautore genovese stima molto e con il quale condivide alcuni ideali. Si passa poi a "Il re fa rullare i tamburi", brano dalle sonorità medievali che De André fa passare come una sua interpretazione di un canto popolare francese risalente al XIV secolo, ma che in realtà è un brano di musica barocca della metà del XVIII Secolo, il quale venne già riutilizzato nel 1963 in un brano del cantante italo-francese Yves Montand, da cui, molto probabilmente, il cantautore genovese partì come base per comporre questa canzone.
L'ultimo inedito presente in "Volume III" è "S'i fosse foco", un adattamento in musica del celebre sonetto risalente agli inizi del Trecento del poeta maledetto anti-litteram, Cecco Angiolieri, con il quale, nonostante i quasi sette secoli di distanza, De André condivideva delle affinità poetiche, come dimostra il fatto che questo è l'unico esempio di adattamento musicale di un classico della tradizione poetica italiana presente all'interno della discografia del cantautore.
Due delle canzoni presenti in questo album, ossia "Amore che vieni amore che vai" e "La canzone di Marinella", fanno parte anche dell'album tributo "Faber Nostrum", uscito nel 2019, in occasione del ventesimo anniversario della morte del cantautore genovese. Disco composto da 15 brani del repertorio di De André reinterpretati e rielaborati da alcuni artisti appartenenti alla scena indie italiana, tra cui gli Ex-Otago, che hanno reinterpretato "Amore che vieni amore che vai", con una delicatezza che ho apprezzato molto e La Municipàl, che ci hanno regalato un brivido con la loro personale versione de "La canzone di Marinella".
Volume III fu stampato per la prima volta in vinile nel 1968 dalla Bluebell Records e la prima edizione si distingue dal fatto che l'etichetta del disco, di un viola accesso, presenta sia una numerazione, in questo caso N°014679, che la sigla BIEM al posto della SIAE. La copertina, in cui è ritratto come se fosse in un cammeo il volto di De André, presenta gli angoli arrotondati.
La busta interna in cui è inserito il vinile presenta da un lato i testi della canzoni, mentre dall'altro una nota di presentazione del disco scritta da Cesare G. Romana accompagnata da tre foto che ritraggono il cantautore genovese. Le successive ristampe, pubblicate sia dalla Produttori Associati che dalla Dischi Ricordi, presentano la copertina senza angoli arrotondati e a volte possono presentare la stessa busta interna della prima edizione. La curiosità in questo caso è che alcune stampe del 1971 della Produttori Associati presentano al posto del brano "Il gorilla", la canzone "Il pescatore", singolo pubblicato dal cantautore genovese proprio in quell'anno, rendendo così questo copie delle vere rarità.
E voi, conoscevate la storia e le curiosità legate a questo disco? Qual è il vostro pezzo preferito di De André?
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