“EP#2 Amare con prudenza” è il secondo lavoro discografico di Davide Amati, uscito venerdì 1° aprile, a distanza di sei mesi dal primo, per Pirates e UMA Records e distribuito da Sony Music Italy. L’EP è composto da sei canzoni personali, scritte e registrate tra il 2019 e il 2020 in compagnia degli amici, unite da una linea comune che richiama il cantautorato italiano. Un modo inedito di riportare al centro la propria musica e la propria personalità dopo le numerose collaborazioni racchiuse nel precedente EP#1. Un disco libero, partito da un viaggio interiore e un flusso di sperimentazione personale che si è creato in maniera naturale nel corso del tempo.
Quando registri i brani e stai insieme per tanto tempo è molto importante l’atmosfera che riesci a creare perché è facile perdere l’attimo di quando le hai composte.
Le canzoni sono state scritte tra 2019 e 2020, un periodo triste e solitario un po’ per chiunque, ma che in realtà per molti artisti è stato un momento di riflessione e introspezione che ha portato a risultati magnifici in termini di nuovi lavori discografici. Tu come hai vissuto quel periodo? Ti sei sentito concentrato e ispirato o ti sei lasciato trasportare dalle emozioni per scrivere?
È stato un periodo molto particolare per me perché alcune canzoni che avevo scritto in passato facevano già riferimento all’ipocondria o queste condizioni difficili…nelle canzoni insomma c’è sempre stato quel tema lì anche prima della pandemia. Quando è partito il lockdown il primo mese non ho scritto più niente e mi sono chiuso in me stesso, poi il secondo mese sono rinato con la primavera, ero a Bologna con i miei coinquilini e a marzo e aprile ho scritto praticamente tutti i giorni. In realtà anche lo stare da solo è stato di grande ispirazione, ma avere qualcuno in casa con me mi ha aiutato molto.
Come hai raccolto le canzoni dell’EP sotto una linea comune?
Io e i miei collaboratori siamo stati a casa mia a Sant’Arcangelo e abbiamo fatto arrangiamento e produzione per due mesi pieni in estate ed è stato tutto molto istintivo. Riascoltandolo poi mi sono reso conto che effettivamente ha una sua linea coerente. È stato un flusso sperimentale che si è concluso poi in uno studio a Brescia dove abbiamo finito registrazioni e il mix e il master.
È stato un lavoro cristallino, non ci ho riflettuto troppo, ero con i miei amici con cui suono da molti anni e quindi lo abbiamo realizzato e basta. Il concetto non sta nell’andare a scavare o personalizzare troppo, ma più nel trovare atmosfere e dimensioni che ci permettessero di farlo, fatto tra amici con voglia di sperimentare.
Per il tuo primo EP hai collaborato con Carnesi, CIMINI, Gregorio Sanchez e Matteo Alieno, come ti sei trovato a collaborare con questi artisti? Con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?
È stato diverso per ognuno, ad esempio con Matteo ci conoscevamo già e abbiamo fatto le elementari insieme, gli altri non li conoscevo ancora ma avevo dei pezzi quasi pronti che non avevo ancora fatto uscire. Con Nicolò c’è stato un bello scambio e anche con Gregorio e Cimini è venuto naturalmente perché siamo tutti di Bologna. Collaborare con i musicisti è stato molto divertente ed è venuto naturale, non ho voluto sceglierli in anticipo. Credo che le collaborazioni future verranno un po’ da sé, non voglio programmare troppo le cose perché credo che altrimenti il tutto possa risultare freddo.
La chitarra è predominante in tutte le canzoni del disco, sei molto affezionato a questo lato classico che ricorda molto lo stile del cantautorato italiano? C’è qualche vena un po’ più “moderna” che hai voluto aggiungere all’EP?
Sono passato assolutamente per il cantautorato italiano classico partendo da Battisti a Lucio Dalla fino a Pino Daniele, sicuramente le loro canzoni mi hanno influenzato molto nel periodo di scrittura e mi sono lasciato ispirare. In questo EP ho poi aggiunto sicuramente una vena più moderna e ho messo insieme vari generi che mi piacciono e ascolti che facevo da più piccolo come rock, blues, musica strumentale. In passato ho suonato in diverse band, mi piace il rock e sono molto affezionato alla chitarra, che è appunto predominante nell’EP.
“Amare con prudenza” è la title track, come mai questa scelta di metterla come secondo brano dopo “Maddalena”? E cosa significa in concreto il titolo della canzone e dell’EP?
“Amare con prudenza” è un paradosso perché nell’EP sono tutte canzoni che parlano d’amore ma che in realtà non sono proprio canzoni d’amore. È la seconda traccia perché volevamo dare a ogni pezzo una possibilità di esprimersi, in particolare “Maddalena” meritava di essere messa in rilievo perché come “Torta” non era un singolo e magari mischiata all’interno avrebbe perso un po’ di rilevanza…insomma è stata più una questione di logistica.
“Ma chi sa se poi la meta, sta nelle radici che percorrono il pianeta”, frase presente in “Harem”, mi ricorda la famosa citazione (dei pirati dei caraibi) “non è la destinazione, ma il viaggio che conta”. Per te, musicalmente parlando, è davvero così importante il percorso oppure è fondamentale avere una meta, uno scopo da raggiungere?
Bello, mi piace questo paragone! È assolutamente il viaggio che conta infatti, la meta e il progetto sono spesso abusati, godono di troppa importanza. La strada è già la strada.
In particolare, quella frase di “Harem” l’ho scritta di getto una sera in camera sul letto, seguita poi i giorni dopo dalle altre strofe, ma senza riflettere troppo su cosa stavo scrivendo effettivamente. Rileggendola però ha tutto un suo significato profondo, a cui non avevo dato troppa importanza sul momento. Forse questa riflessione precisa sul viaggio mi è venuta proprio perché mi ero appena trasferito da Roma a Bologna.
L’arpeggio di chitarra in “Ti ricordi o no” sottolinea la tristezza del brano che è il più struggente del disco. Parla di ricordi e sentimenti abbinandoli alla pioggia londinese. Come è nata questa immagine?
Ho scritto la canzone durante il lockdown ed è forse uno dei pezzi più onesti, sinceri e meno arzigogolati dell’EP. L’immagine della pioggia inglese è legata una storia che ho avuto, un’esperienza personale. In realtà le canzoni sono tutte molto personali, ma questa in particolare.
Hai già annunciato alcune date per presentare questo tuo nuovo lavoro dal vivo, come ti organizzi solitamente per rendere significativi i momenti sul palco?
Dipende dalle situazioni e da cose logistiche, ai live vado sia da solo che in gruppo. Suonare chitarra e voce mi piace tantissimo ma è un discorso che si stacca molto da quando vado in gruppo, è l’altra faccia della medaglia. Mi è sempre piaciuto suonare rock perché vengo un passato da chitarrista per varie band. Con EP#1 abbiamo fatto un live al Cortile Cafè di Bologna insieme ai vari featuring, è stata come una grande festa organizzata mesi prima ed eravamo sei persone a suonare sul palco, è stata una bella esperienza. Quello è il tipo di live che mi piacerebbe portare in giro, anche se magari solo con tre o quattro persone. Il tipo di live fatto in gruppo però cambia l’esperienza live anche per il pubblico, che magari trova molte differenze dall’EP registrato in studio. Comunque, credo di rendere meglio live perché riesco ad esprimermi maggiormente e soprattutto mi sento più coinvolto, in particolare se suono anche insieme alla band.
Raccontaci una curiosità su di te, sul tuo modo di scrivere o sull’EP appena uscito
Ho due aneddoti che secondo me sono carini. La batteria finale di “Ti ricordi o no” l’abbiamo registrata con un microfono appeso che scendeva dalle scale dello studio a Brescia per riuscire a dare un riverbero ampio e naturale.
Invece “Rinascere ogni giorno” – che non è presente nell’EP - e “Harem” le ho registrate a casa mia con le mie attrezzature, perché mi piace anche produrre. Chitarre bassi e tastiere li faccio io a casa e poi li rielaboro con i miei collaboratori in studio. Quando siamo andati in studio il riverbero di “Rinascere ogni giorno” è stato fatto con un microfono appeso nel bagno perché aveva il soffitto molto alto.
Quando registri i brani e stai insieme per tanto tempo è molto importante l’atmosfera che riesci a creare perché è molto facile perdere l’attimo di quando le hai composte. A me piace molto cercare di non perdere troppo la prima pennellata sui lavori, e su questi pezzi in particolare.
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