“Un fatto tuo personale” è il nuovo singolo di Fulminacci prodotto da Frenetik & Orang3, in uscita oggi per Maciste Dischi.
"Scusate ho bisogno di dire quello che penso, scusate se il testo non è poetico e intenso ma i tempi ci cambiano pure il senso"
Il 2020, visto da un certo punto di vita, potrebbe sembrare la perfetta ambientazione per un romanzo distopico di Philip K.Dick. Nessuno di noi un anno fa avrebbe infatti mai pensato di ritrovarsi in una situazione mondiale simile, con una pandemia globale in atto. Le nostre esigenze sono cambiate e probabilmente non ne usciremo migliori, ma senz’altro diversi e con prospettive differenti. Impauriti di qualcosa di talmente più grande di noi da essere invisibile. Non fa male avere paura, siamo umani e siamo sbagliati per definizione. Proprio in un periodo storico simile siamo obbligati a fermarci e a pensare “dove stiamo andando?” perché, molto probabilmente, guardando per un momento il mondo da osservatori esterni, la direzione è quella sbagliata.
Ecco perché “Un fatto tuo personale” è il miglior modo per descrivere il mondo dei nostri giorni, con tutte le paure che abbiamo e tutti i dubbi che ci sono venuti in mente in questi mesi e che, riconoscendolo o no, ci accumunano tutti perché ci rendono tutti maledettamente umani. Fulminacci, ancora una volta, ci dà la prova di essere la voce giusta per il giusto pensiero. Sa raccontare il mondo per quello che è realmente, mostrando pregi e difetti di una società per certi versi marcia da tempo.
«Un fatto tuo personale è il titolo della mia nuova canzone. L’ho scritta pensando alle persone, a quanto sia facile cadere nelle trappole dei pregiudizi, a quanto sia difficile ma necessario mettere in discussione certe convinzioni ricevute in eredità dalla storia. Ho avuto il piacere di affidare la produzione Frenetik & Orang3. E si sente»
Con la genialità espressiva che già lo contraddistingue da sempre, Fulminacci riesce a rendere semplici e dirette riflessioni di grande profondità, continuando a raccontare “la vita veramente”, così come aveva ben dichiarato con il suo primo disco. In 3 minuti e 15 secondi ci denuncia una società corrotta, la mancanza di empatia tra le persone, la facilità con cui si danno giudizi, il rapporto tra civiltà e natura, il bullismo, e altri temi sociali. Lo fa con un’attenta ricercatezza nelle parole e con un sound sempre rinnovato, leggero e diretto in linea con la sua poetica.
"Qui vince chi se ne frega e non paga le tasse, del bene e di tutti davvero un po' ci importasse, terremmo le braccia e le aspettative più basse"
Una continua riflessione sull’Italia di oggi, un’analisi storica e civile della società, che lui stesso in un’intervista per Repubblica, dice essere ispirata a "Comizi d’Amore", il celebre reportage sull’Italia di fine anni 50 di Pasolini, da cui, parallelamente ai nostri giorni, si evince un ritratto del paese molto contraddittorio, in cui ci sono ancora luoghi e tempi diversi e si viaggia a velocità diverse tra vizi e tabù del Bel Paese con un reportage da “cinema-verità”. Analogamente Fulminacci, con la voce e non con la cinepresa, applica lo stesso filtro verità alle sue canzoni. Il ruolo dell’artista per il cantautore, così come egli stesso ci rivela nella canzone, è proprio quello di dare sfogo ai propri pensieri sul mondo che lo circonda, denunciando determinate situazioni e regalando a chi ascolta degli occhiali per sognare, in questo caso, un mondo migliore.
“Per questo motivo qualcuno inizia a cantare le cose che vede, che fa e che riesce a sognare”
Particolare è anche la scelta della copertina, che, come era già stato per “Canguro”, il suo precedente singolo, è stata realizzata con l’intelligenza artificiale (IA), per cui, attraverso un sistema creativo informatico chiamato GAN (generative adversarial network o rete generativa avversaria), vengono create nuove immagini combinate a partire da centinaia di suggestioni trasmesse in input.
Ancora una volta Fulminacci ci regala la sua particolare e condivisibile visione del mondo, raccontandola nel modo più diretto e vero possibile. Non solo “un fatto tuo personale” ma nostro, ed è per questo che, Filippo, mi dispiace ma non ti scusiamo, ma ringraziamo.
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