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Talco: 43 anni dopo Peppino Impastato, il Bel Paese resta la solita "Cretina Commedia" - Intervista

Immagine del redattore: Marco AnghileriMarco Anghileri

Il SundayVision di oggi celebra un triste anniversario: 43 anni fa, il 9 maggio 1978, veniva assassinato Peppino Impastato, a seguito delle sue denunce contro le attività di Cosa Nostra. Tanti sono gli artisti che lo hanno celebrato in opere di diverse tipologie, una di esse è "La Cretina Commedia", quarto lavoro dei Talco, splendido album musicalmente, ma, soprattutto, dal punto di vista della poetica. Proprio per questo, a quasi 11 anni dall'uscita, ho avuto l'onore di intervistare Tomaso De Mattia, cantante della band veneta: tra una parola e l'altra, abbiamo provato a tirare le somme pensando all'influenza di Peppino e, all'opposto, alle contaminazioni mafiose anche e soprattutto nella società post-covid.



Ciao Dema, benvenuto su IndieVision! Come prima domanda ti chiedo qual è stata l’ispirazione che vi ha portati a parlare di Peppino Impastato.

Grazie!

Si trattava di un periodo che era a cavallo tra metà 2008 e fine 2009. Avevamo appena cambiato etichetta, eravamo appena passati a Destiny Records e volevamo realizzare un disco live. Avevo in mano solo “Perduto Maggio” e il ritornello di “Punta Raisi”. Ho pensato di parlare della mafia quando ho acquistato un libro del fratello, Giovanni Impastato. Prima di leggerlo ero un po’ scettico, erano già usciti la canzone “I Cento Passi” dei Modena City Ramblers e il film, entrambi però ne narravano le gesta in una maniera particolare, erano quasi più romanzati, ho notato che ci sarebbe stata l’opportunità di parlarne “a modo nostro” seguendo le orme della sua storia. Leggendo il libro ho notato che molte delle sue lotte potevano anche riferirsi al momento storico che stavamo vivendo, quindi il berlusconismo. Avremmo potuto rischiare di cadere nella ripetitività, ma allo stesso tempo ci saremmo potuti buttare in qualcosa di nuovo.

Com’è stato accolto in Italia il disco?

Sinceramente non ti so molto dire. Già al tempo eravamo molto più conosciuti all’estero, cominciavamo a fare i primi soldout già con Mazel Tov, il tour de “La Cretina Commedia” è stato il primo grande salto di qualità che abbiamo avuto all’estero. Avendo terreno più fertile fuori dall’Italia, credo che la nostra intenzione di raccontare la storia di Peppino sia stata recepita di più all’estero: anche in Germania ci sono molte organizzazioni contro la mafia, ad esempio “Mafia? Nein danke!”. Quindi sì, più fuori che da noi, come qualsiasi cosa che abbiamo fatto (ride, ndr).


Personalmente nei vostri testi percepisco tanto cantautorato, nel dettaglio, a quale ti ispiri particolarmente?

Riguardo al cantautorato estero ho ascolti molto più mirati, posso citare “American Recordings” di Johnny Cash, “The Ghost of Tom Joad” di Bruce Springsteen (avevo quindici anni e il giorno che è uscito l’ho comprato immediatamente) e Brassens. Sia per lo scrivere che per la musica mi sento influenzato più dal cantautorato italiano, al vertice, dal punto di vista della poetica, ho De André, dal punto di vista musicale, ma anche dell’essere un po’ criptici, De Gregori e, per le tematiche, Gaber. Tra gli altri anche Guccini, Rino Gaetano, Battiato, i primi di Dalla, potrei andare avanti ancora!

Sempre parlando di omaggi, la copertina è una “citazione” di “...And out come the wolves” dei Rancid?

Da parte della “scena italiana” eravamo criticati perché ritenuti “troppo colti”, fa un po’ ridere e sembra un po’ esagerato anche nei nostri confronti che siamo abbastanza dei bifolchi (ride, ndr). La copertina per noi è stata una provocazione, abbiamo adattato la copertina di quello che è il nostro disco preferito in assoluto in questo caso “alla folk”.


In generale sul lato musicale, quali sono le vostre influenze? Ci sono somiglianze tra gli ascolti dei membri dei Talco?

I nostri ascolti spaziano tra punk, ska, folk, cantautorato, klezmer, musica balcanica e metal: tutto questo confluisce in un genere nostro che chiamiamo “Punkchanka”.

Ad esempio il nostro batterista è un fan sfegatato dei Beatles, Jesus (chitarrista, ndr) è più metallaro, Ketto (bassista) ascolterebbe solo i Nofx, Tuscia (sax) ascolta molto punk italiano, se ti dico quali sono i miei tre artisti preferiti mi prendi per psicopatico: vado da De André agli Iron Maiden ai Queen.


“Eroi normali che dispensan inascoltate verità” è la definizione migliore di artista?

Può esserne una. Ti faccio un esempio che può sembrare profano: la morte di Maradona. Si è sempre sottolineato quello che ha fatto nella sua vita, dicevano che era un uomo deprecabile eccetera, mentre non ci si è concentrati troppo sulla poesia del calcio, come arte, di cui Maradona è stato il migliore interprete: questo mi fa pensare alla normalità, non si pensa che l’eroe e l’artista sono persone normali. Ho sempre pensato che la nostra società è troppo votata alla ricerca di un mito, di un qualcosa che non esiste, qualcosa a cui aggrapparsi senza sviluppare il proprio carattere, quando possiamo trovare del positivo in una persona normale, ed è quello l’eroe per me, che rappresenta Peppino Impastato, rappresenta Maradona e rappresenta l’artista in generale.

Da fan sfegatato del calcio, mi fa molto piacere che degli artisti che apprezzo lo siano altrettanto, spesso è limitante sentire molti commenti su di esso fermarsi agli attacchi ai giocatori strapagati e al relativo mondo marcio.

Ho sempre pensato all’ondata di accusa del “radical chic”, che è l’accusa della gente di destra alla gente che ragiona, però c’è molto di “radical chic” anche nel dire “il calcio mi fa schifo perché ci sono i milioni”, mi sembra una superficialità che posso associare ad una Meloni qualsiasi. Il mondo del calcio è pieno di affarismo, mentre il calcio è il gioco del calcio e non c’è niente di più superficiale che tirare fuori uno slogan del genere. Io ho imparato cosa vuol dire la collettività grazie al calcio, giocavo a centrocampo, non avrei potuto impararla meglio.


“La Cretina Commedia” (2010) si colloca a due anni di distanza sia da “Mazel Tov” (2008) che da “Gran Galà” (2012), due album di grandi svolte per la “storia” dei Talco. Qual è il vostro legame con questo disco rispetto agli altri due?

È stato il disco più duro, collocandosi tra i due dischi più conosciuti dei Talco. Col cambio di etichetta avevamo una scadenza, era la prima volta per noi. Si è persa un po’ di spontaneità ma, allo stesso tempo, si è guadagnato un po’ sulla compattezza. Sono personalmente molto contento anche se subito dopo la scadenza mi è uscita la “Danza dell’autunno rosa”. “La Cretina Commedia” musicalmente per questo motivo è molto più uniforme ma non lo vedo come un difetto, essendo un concept album. Anche la scadenza arriva per un motivo, credo molto nel karma, credo che queste coincidenze non arrivino a caso.

Quali sono le canzoni dell’album a cui sei più legato? Invece, paradossalmente, c’è qualche brano che prima di entrare in studio ti immaginavi in modo totalmente diverso rispetto a quella che è stata poi la realizzazione concreta?

Dal punto di vista della produzione alcune idee sono state valorizzate in un modo e altre in un altro, in alcuni casi differenti rispetto a come le pensavo, ma non necessariamente in negativo, anzi.


Un’altra frase che mi ha colpito molto, soprattutto ripensandola in questi tempi: “Orfani di umanità”.

Questo è quello di cui ti parlavo prima: paragonare Peppino Impastato alla realtà di oggi. Peppino ha vissuto con i suoi principi etici, politici e morali in un ambiente che li rinnegava, che è quello della mafia. Questa umanità che manca la vediamo tutti i giorni, anche nei social. Motivo per il quale sono rimasto sorpreso da alcuni giudizi che hanno definito il nostro album “And the winner isn’t…” come un disco non politico: cosa c’è di più politico di analizzare la mancanza di umanità dei social? La politica è lì ora, ed è data anche dal grado di umanità infimo che vi troviamo. Con umanità, etica e morale si fa la politica e si empatizza con una certa tematica, quando non empatizzi sei una bestia. Più politico di questo…

Ho percepito “And the winner isn’t…” come un disco politico ma anche abbastanza schierato nei confronti della scena italiana.

Con “And the winner isn’t”, ma a questo punto posso dirti anche con i lavori successivi, ovvero “LockTown” che è già uscito e “Videogame” che uscirà l’anno prossimo (speriamo), ho notato di avere un approccio più introspettivo, ma ciò non vuol dire che non sia impegnato politicamente, ho messo me stesso più al centro della storia. In quel momento mi sono sentito più empatico rispetto alle tematiche che trattavo: partecipe a livello emotivo dall’esterno, ma anche dall’interno di questa storia. In quel disco mi rivolgo con un certo risentimento anche nei confronti delle persone che superficialmente ci avevano giudicati meschinamente, anche se nemmeno ci conoscevano, quasi per conservare il loro orticello, che è una cosa assurda in una scena.


“Padri rispondono di attendere altro mondo per sorseggiar vane credenze in altra via“: la religione oggi ha una colpa del degrado che ci circonda o è solo uno spettatore passivo?

Dipende da cosa intendiamo per religione, io ad esempio per essa intendo anche l’ideologia, con le relative forme di dogmi e di credenze. Mi viene in mente quando in “San Maritan” ho ripreso “Il Conformista” di Giorgio Gaber che dice “Vivo sogni degli altri”. Abbiamo vissuto dappertutto quell’ideologia legata alla politica, alla religione o alla morale. Però anche il populismo è un’ideologia, anche credere che ci sia una democrazia diretta votando su Rousseau. Credo che l’ideologia elimini il pensare individuale: molti hanno confuso l’individualismo con l’egoismo. L’individualismo è una forma di pensare con la propria testa per donare alla collettività, l’egoismo è una forma di pensare in maniera prevaricatrice, sono due cose completamente diverse.

L’ultima frase che voglio rubare e “usare contro di te” è “Una terra che non ha osato imparar“: io sono lombardo, quindi si può associare molto bene questa frase alla sanità della mia regione, ad esempio.

Riferendoci alla sanità, io sono veneto e abbiamo saputo far fronte molto bene e io sinceramente do il merito a Crisanti, il problema è che anche lui è crollato in un protagonismo fine a sé stesso. La sanità è un problema che va oltre la decade, la Lombardia ha favorito il privato, sappiamo cos’hanno fatto le giunte di quel politico che continua a parlare di sanità in Lombardia e di modello lombardo nonostante sia stato condannato per la corruzione a riguardo. Non so proprio cos’abbia da dire il figlio di Comunione e Liberazione. Ci siamo trovati in braghe di tela e la sanità pubblica ha fatto vedere quanto valida è, nonostante tutti i tagli.

Stiamo continuando a ricascare sempre negli stessi errori politici e mafiosi.

Oserei dire vergognosi, perché questo è il momento in cui le mafie la fanno da padrona e probabilmente lo faranno ancora di più: bisognerebbe far fronte ma purtroppo le mafie troveranno terreno fertile, siamo una società che non impara dai propri errori. Io so di essere un cittadino comune, ma nell’esserlo continuo a meravigliarmi di come, dopo tutti questi scandali, possa esistere un partito come la Lega Nord, perché per me è ancora Lega Nord: questa è la “Terra che non ha osato imparar” a dieci anni da “La Cretina Commedia” e a un po’ di anni in più da Peppino Impastato.


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