Dopo il successo di "Tormentone", prodotto nel 2018 per Bianca Dischi, il 4 giugno è uscito "Bomboniere", il nuovo album del cantautore Nico Scardamaglio, meglio conosciuto come Scarda.
Nato a Napoli ma calabrese d'adozione, l'artista si è fatto conoscere nel 2012 per la produzione della colonna sonora del film "Smetto quando voglio", trilogia di successo diretta da Sydney Sibilia, per la quale ha ricevuto anche una nomination ai David di Donatello del 2014 per la migliore colonna sonora. Sempre nel 2014, arriva la sua opera prima "I piedi sul cruscotto", autoprodotto per MK Records.
Passato all'etichetta discografica "Bianca Dischi" e abbandonate le chitarre acustiche che ci avevano a lungo accompagnato nell'ascolto del primo album, Scarda ha intrapreso un nuovo e proficuo percorso culminato con un tour di oltre 50 date nel 2018, dopo l'uscita di "Tormentone", e con i due singoli "Tropea" e "Distrutto" usciti l'anno successivo.
Il nuovo sound, meno acustico e cantautoriale, più pop e con qualche synth a caratterizzare il tutto, è culminato ora nel nuovo album "Bomboniere", di cui abbiamo parlato con lui.
Oggi è uscito il tuo terzo album in studio, "Bomboniere", 7 anni dopo il tuo esordio con "I piedi sul cruscotto": da allora sicuramente sono cambiate tante cose, tu in particolar modo ti senti diverso? È cambiato in qualche modo il tuo approccio alla musica e alla produzione?
Sì, sicuramente l'approccio alla musica e alla produzione è cambiato. Partiamo dalla produzione: il primo album "I piedi sul cruscotto" era proprio arrangiato diversamente, era molto acustico, con molte chitarre e soprattutto l'ho arrangiato io, non c'era qualcuno dietro, è un disco che fondamentalmente ho fatto da solo. L'evoluzione c'è stata nel senso che quest'ultimo album invece è stato registrato in uno studio molto professionale a Milano quindi sì, è molto cambiato l'approccio. Poi mi sono orientato verso un sound diverso da quello con cui ho iniziato. L'approccio alla musica in generale, l'entusiasmo rimane ancora quello ed io ancora scrivo sulla base di un... sentimento [ride], la canzone è una cosa che viene fuori come un bisogno.
Parlando proprio del sound, è davvero tutto completamente nuovo. Dal primo album le chitarre acustiche sono venute a mancare immediatamente dopo con "Tormentone", e la stessa cosa la ritroviamo anche con "Bomboniere". Questo nuovo cambio di rotta è dovuto al nuovo studio di produzione più ampio e i collaboratori che hai avuto nel tempo o ad una tua evoluzione personale dei gusti musicali?
Sentivo l'esigenza artistica di andare in un'altra direzione, perchè non credo sia il momento di fare musica in quel modo; nel senso, se qualcuno vuol fare un disco acustico ovviamente lo può fare, però come dire, io effettivamente guardo avanti riguardo l'adozione di un sound. Scrivere un disco come "I piedi sul cruscotto" nel 2020 non so, non credo sia il caso.
C'è però una cosa che è rimasta invariata nel tempo: uno dei nuclei centrali dei tuoi pezzi sono le relazioni, spesso ormai concluse; penso a "Palazzina gialla", la più recente "Ti ricorderai", che ha anticipato assieme a "Niente" il tuo nuovo album, ma anche andando più indietro "Il suo bene". Uno dei tuoi punti di forza, a mio parere, è sempre stato proprio quello di rendere di tutti quel che racconti, viene facile immedesimarsi in quello che scrivi. Quanto sono tue quelle storie e quanto c’è di vero in esse?
In qualche modo parlano di me ma spesso sono filtrate, specchiate da un'altra cosa. Ti spiego: a me capita di scrivere dopo l'impulso che mi è stato dato anche da un film, una serie TV o una poesia, insomma qualcosa che leggo o vedo. Quella cosa magari non l'ho vissuta io in prima persona, ma allo stesso tempo la vivo, mi fa pensare a qualcosa che parla di me, che è mia. Quindi sì, le canzoni sicuramente parlando di me ed io poi tendo a rielaborare perchè l'arte è così, significa artefare: una cosa reale la rendi tale che possa essere un racconto, che sia arte.
Dato che hai parlato di serie TV, la cosa mi fa pensare a "Bagaglio a mano", in cui racconti le sensazioni che si è costretti a vivere durante il post-relazione, la quotidianità con l'altro stroncata all'improvviso, il ricordo di quel che faceva, ascoltava, guardava. Quando ogni cosa ricorda l'altro. In una nota serie TV americana (How I Met Your Mother) viene fatta la considerazione che quel bagaglio può tornare ad essere leggero solo in due occasioni: quando lo si accetta come tale o lo si supera definitivamente. Dunque ti chiedo: il tuo bagaglio a mano potrebbe essere quello che racconti in "Lasciarti perdere"? Come lo vivi?
Dunque, non è riferito strettamente alla serie, perchè in realtà in quella canzone non mi riferisco soltanto al ricordo che ti porti dietro dell'altro, anche se il titolo è una frase che dico durante la canzone ("come i tuoi libri nel bagaglio a mano"), riferito a quei libri che si portano in viaggio ma che uno poi non legge mai. Il senso della canzone però è ciò che dici. Parlo del bagaglio che ci si porta dietro a livello emozionale. Sarò sincero, non avevo pensato a questa connessione tra il nome e questa condizione, ma effettivamente è vero. Io lo vivo come lo vivono tutti, nel senso che i ricordi delle cose più belle sono quelli che fanno più male quando queste cose belle sono finite, perchè la felicità la elabori sempre dopo. Poi sì, accadono cose, si incontrano altre persone, e piano piano non dico che si dimentica ma si attenua di molto il malessere.
Nei testi fai spesso ricorso ad immagini molto descrittive, penso ad esempio a "Risacca" quando dici "quando il tramonto è tutto rosso sul muro che passa la voglia di tornare a dormire come se fosse un giorno da non far finire". Spesso il tramonto viene visto come un espediente un po' mainstream nei testi, mentre te ne fai un uso delicato, narrando dei due ragazzi protagonisti del brano e di quei piccoli dettagli quotidiani a cui spesso non fa caso neanche chi sta vivendo un rapporto. Come si è evoluta la tua narrativa negli anni, fino ad arrivare a questa prosa molto più poetica?
Credo che si sia evoluta leggendo le poesie, negli ultimi anni ne ho lette molte e questa cosa credo abbia risvegliato in me un tentativo, spero anche una capacità, di descrivere meglio quel dettaglio su quell'elemento mainstream che può essere il tramonto, ad esempio. Io il tramonto l'ho nominato molte volte nelle canzoni perchè sento anche io quelle sensazioni che sentono tutti, il tramonto è un momento un po' di magia perchè ha dei colori che il resto della giornata non ha. L'evoluzione rispetto al prima nella descrizione credo ci sia stata e credo sia dovuta proprio al fatto che abbia letto molte più poesie.
Invece quando in "Tutti i giorni" dici "le storie a lieto fine sono scene tagliate" a cosa ti riferisci?
Fondamentalmente tanti film ma anche tanti cartoni, come "Biancaneve", che finisce nel momento in cui Biancaneve e il principe si mettono insieme, o anche "La Bella e la Bestia", allo stesso modo nascondono il fatto che la verità è che quella non è una fine ma un inizio, nel senso che se andiamo a vedere cos'è successo dopo magari la Bella e la Bestia hanno litigato un sacco, si sono separati o altro [ride]. Questo voglio dire, se noi avessimo guardato come sono andate le cose continuando con la storia ci saremmo resi conto che erano storie appena iniziate, non storie "a lieto fine".
Un altro elemento a cui ci hai abituati nel tempo è un ottimismo latente, una speranza di sopravvivenza a tutte queste disavventure, ai ricordi, alla frustrazione del vivere una rottura, ed è un po' quello che ho percepito ascoltando "Asciutto". Mettere questo brano a chiusura dell'album è un modo proprio per dare forza all'ascoltatore? Com'è nato?
Il messaggio positivo nelle canzoni è una cosa che faccio da sempre ma ti giuro non lo faccio apposta! Evidentemente dentro di me c'è un senso di speranza in generale, tutte le canzoni sono molto tristi però è vero, spesso metto dentro un po' quel sentimento di speranza. "Asciutto" non l'ho messa alla fine dell'album per dare coraggio all'ascoltatore, volendo da adesso in poi potrei anche dire questo [ride] ma perchè per me è un gioiellino, è una canzone che abbraccia secondo me. L'ho messa in fondo alla tracklist perchè se poi la tracklist la capovolgi diventa un po' la ciliegina sulla torta. Il brano parla di 2 o 3 persone che io conosco e che avevano caratteristiche simili; parla di quelle persone di sesso femminile che non si affidano molto alla logica ma di più all'istinto, che si innamorano e hanno questo modo di perpetrare l'imperfezione nella loro quotidianità come uno stile di vita. Sono persone che non camminano sulla terra ma "ci planano sopra", vivono in un mondo tutto loro. Queste persone mi hanno sempre fatto arrabbiare, ma in realtà mi affascinano un sacco, e per questo ne ho parlato. Ah, e di solito queste persone sono di segno sagittario ho notato, statisticamente. Magari poi non è così, è una di quelle cose in cui non credo ma sotto sotto spero sempre sia vero.
Ora che finalmente è uscito il tuo nuovo album, sei emozionato? Se c'è già un tour in programma, come stai vivendo la sensazione di poter tornare finalmente su un palco?
Il tour è in programma e inizia il 9 giugno a Milano, al Circolo Magnolia. Di date ce ne saranno anche altre ma sono tutte in fase di definizione, stanno quasi per uscire. Comunque sì, quest'estate sarò in tour e spero anche in inverno, spero che magari si possa tornare nei club in piedi, anche se forse sto sognando troppo. Effettivamente si respira dell'ottimismo nell'aria, quindi spero che presto si torni dentro i club o i palazzetti, anche come spettatori, spero che torneremo a gridare e stare vicini ai concerti, abbracciarci tutti insieme.
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