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Un disco nato dalle ceneri: la "Nuova Forma" di Davide Shorty - Recensione

Immagine del redattore: Sara CurioniSara Curioni

Mentre tentavo di raggiungere la venue in cui avevo appuntamento per ascoltare "Nuova forma" in anteprima, il giorno prima della sua uscita, è successo che mi sono persa: sono arrivata nel punto segnato da maps, mi sono guardata intorno spaesata – un po' come John Travolta in quella famosa scena di "Pulp Fiction" – e ho iniziato a girovagare per quel microcosmo fatto di cemento e di vita che scorre che è via Tucidide. Poi, finalmente, dopo qualche minuto di ricerca, ho trovato l'ingresso, una birretta fresca ad aspettarmi e una manciata di persone pronte ad ascoltare il nuovo disco di Davide Shorty (interamente autoprodotto e distribuito da ADA Music).


Il motivo per cui racconto qui questo goffo antefatto è che, oltre ad essere dimostrazione lampante del mio scarsissimo senso dell'orientamento, ci ho visto anche – io che sono una romantica che trova la poesia persino dove non ce n'è – la metafora efficace di una delle più grandi verità che ho imparato nella mia esperienza di ascoltatrice: le cose belle vanno cercate. Può capitare che ti si materializzino davanti, senza che tu debba compiere alcuno sforzo per scovarle, certo. Ma il più delle volte succede diversamente: per trovare la bellezza devi scavare, fare avanti e indietro sulla stessa strada all'apparenza poco interessante, farti largo in mezzo a mille altre distrazioni, spostarti dalla via più affollata per imboccare un vicoletto nascosto, esplorare sotto alla superficie e forse lì, allora, potresti trovare qualcosa di prezioso e per cui valga la pena non smettere mai di cercare.


Tra le cose belle – forse un po' più celate alla vista, forse un po' più difficili da raggiungere – e che vale la pena cercare ci metto le canzoni di Davide, che torna adesso con un nuovo disco dopo la partecipazione ad X Factor nel 2015, due album pubblicati in solitaria ("Straniero", nel 2017, e "fusion.", nel 2021) e altri due in collaborazione con i Funk Shui Project ("Terapia di gruppo", nel 2018, e "La soluzione", nel 2019), il secondo posto nella categoria Nuove proposte ottenuto con "Regina" durante la 71^ edizione del Festival di Sanremo e numerosissime collaborazioni ed esibizioni in Italia e all'estero.


Quando Davide entra nello spazio intimo e raccolto allestito nell’ufficio di Totally Imported (che del progetto gestisce il publishing), mi confessa che è "un po' teso: il giorno prima dell'uscita fa sempre un certo effetto". E a ragione: questo disco, che arriva a quattro anni di distanza dal precedente, viene alla luce dopo che nel 2023 un incendio ha bruciato la sua casa e il suo studio a Londra, dove l’artista siciliano ha vissuto per 16 anni. Così, costretto ad andarsene e a trovare un altro posto in cui stare, Davide ha inizialmente trovato appoggio da amici, quindi è tornato per qualche mese nella natale Palermo e infine si è trasferito a Budapest, dove si è trovato a dover ricominciare da zero; il tutto senza mai smettere di scrivere, campionare, rappare, produrre. E così, quello con cui si presenta adesso al pubblico è a tutti gli effetti un disco nato dalle ceneri, tra una città e l’altra.


"Mi è sempre piaciuto il concetto che «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». Il mondo intorno a noi, e noi con esso, cambia costantemente: tutto è ciclico, nulla si svuota, cambia solo di forma. Questo mi è successo quando un incendio mi ha costretto a cambiare il mio modo di lavorare ed approcciarmi alla musica: ho iniziato a spostarmi costantemente, appoggiandomi a diversi studi sparsi per il mondo, ho prodotto in prima persona tutti i brani dell’album. Questo disco è nato in maniera diversa, è stato un puzzle ed è figlio delle limitazioni. Ma le limitazioni ti spogliano e ti mettono a confronto con te stesso. Ho trovato delle risorse dentro di me che non sapevo di avere: ho trovato la mia nuova forma."

La "Nuova forma" che canta Davide si dipana in dieci brani, di cui i primi cinque - il lato A del disco - erano già stati pubblicati come singoli, a partire dal luglio 2023 e fino al dicembre 2024. Eppure, a sentirli uno dopo l’altro suonare dall'impianto montato per l'occasione, con Davide a intercalare la musica con il suo racconto, sembra di riascoltarli per la prima volta.


Shorty cover

Ad aprire il disco è la title-track, che subito imposta la lente attraverso cui si sviluppa l’intero lavoro: il suono è denso, corposo, contraddistinto da quella grana grossa che hanno certi classici del cinema che non tramontano mai. È questo, forse, il vero fil rouge di tutto l’album: un colore nel suono perfettamente riconoscibile e coerente, dove il groove spesso e caldo dei beat è innestato qua e là dalla tromba e dagli altri strumenti che riportano alle atmosfere fumose e consistenti da Jazz Club. E poi, la voce: il timbro di Shorty è potente e pastoso, efficace tanto nel rappato, quanto nel cantato; in generale, sembra che nelle varie tracce il ritmo serrato delle strofe ponga uno sguardo ravvicinato e dettagliato sull'oggetto del racconto – uno stato d'animo, una relazione, un aspetto della società – mentre alla melodia del ritornello spetti il ruolo di dare maggior respiro alla narrazione, allargando l'inquadratura e planando dall'alto per osservare quello stesso oggetto da una prospettiva diversa. Così, per tutta la durata dell'album, quell'intreccio riuscitissimo di jazz, soul, hip-hop e R'n'B – cifra stilistica che da sempre caratterizza la produzione artistica del nostro – trova ancora una volta una formulazione compiuta ed equilibrata, che non suona mai come esibizione fine a se stessa di capacità ed eclettismo ma che, piuttosto, risuona come espressione spontanea e funzionale alla trasmissione di un messaggio.


Se musicalmente "Nuova forma" è caratterizzato da un suono compatto e robusto, modellato dalle produzioni curate dallo stesso artista (qua e là coadiuvato da Filippo Bubbico e Max Mella), coerenza e consistenza sono ravvisabili anche nell'impianto contenutistico del disco. I temi attraversati sono quelli da sempre cari all'autore: le relazioni, la musica vissuta con visceralità e passione, lo sguardo impegnato e disilluso sul sociale, il benessere psicologico. Il risultato è un album in cui le varie tematiche – quelle più personali, così come quelle politiche – continuamente si intersecano, grazie a testi sempre puntuali e accurati che tratteggiano un ritratto quanto mai sfaccettato del loro autore. A emergere spiccatamente, forse qui più che nei precedenti lavori, è una sensibilità particolare per le dinamiche interiori: frequente nel corso delle tracce è l'invito a riscoprire il proprio tempo, a rivalutare la calma come occasione di osservazione intima, a guardarsi senza giudizio, ad accogliere i cambiamenti esterni e accettare ciò che non si può modificare senza opporsi alla trasformazione.


Esempio perfetto è "Lacrime di felicità", dove Davide ha scelto di farsi accompagnare dal timbro soffuso e delicato della cantautrice Casadilego (vincitrice della quattordicesima edizione di X Factor): si tratta di uno degli episodi più intimi e romantici del disco, dove l'intreccio delle due voci ribadisce l'importanza di voler bene innanzitutto a se stessi e ricordare di ascoltarsi un po' di più.


"Ho fatto danni Quando ho dimenticato di amarmi Quando non ascolto più lo spirito, dirigo tutto il dolore sugli altri, Adesso dammi la forza di ricordarmi Di essere ancora felice Una voce mi dice: 'Non è troppo tardi'." (da "Lacrime di felicità”")


Un altro episodio emotivamente molto denso è "Fuorigioco", dove il tema dominante è quello dell'imparare ad accettare se stessi anche quando ci si sente fuoriluogo, incompresi e sottovalutati: le etichette e i pregiudizi affibbiati dagli altri smettono di essere rilevanti, quando si capisce come stare bene e si impara il modo di reagire ai pareri esterni. Ciò che si vuole trasmettere non è un'attitudine a piangersi addosso o ad abbandonarsi con remissività a ciò che succede, ma piuttosto un invito a disinnescare certe situazioni per riappacificarsi con se stessi. Ciò che accade, in questo e negli altri episodi, è un risultato totalmente sincero e privo di filtri, dove qualsiasi patina interposta tra l’interiorità dell’artista e le orecchie dell’ascoltatore si sgretola per rivelare il lato più intimo del cantautore.


Frequentissime sono anche le incursioni nei temi più sociali e politici, come di frequente succede nei lavori di Shorty. Anche nello scrivere di questi temi, però, l'artista mantiene un approccio personale e intimo, come se il sociale appartenesse all'interiorità dell'autore tanto quanto l'indagine dei suoi stati d'animo: l'interesse per questa o quella tematica non appare mai posticcio o retorico, ma – per chi conosca la sua consuetudine a prendere posizione e a combattere le battaglie in cui crede, ma anche per chi si avvicini alla musica di Davide per la prima volta – risulta onesto e credibile, perché sentito. Se sono numerosi i brani in cui emergono i riferimenti alla società, è "Essere uomo" l'episodio più politico dell'album: le strofe di Davide riflettono sulle immagini di distruzione che affollano la TV, sul ruolo sempre più marginale conferito all’educazione, sulla pressione della vita odierna che troppo spesso mette in secondo piano il benessere psicologico delle persone, sulla mascolinità tossica da decostruire e sugli stereotipi che chiudono le menti. Il timbro pieno della tromba, suonata (qui, come altrove) da Alessandro Presti, punteggia le rime appoggiandosi carezzevolmente sulla base, che nel finale continua a scorrere oltre la conclusione del testo: "mi piace lasciare andare il beat alla fine, perché ogni tanto è bello guardarsi allo specchio e dirsi: 'minchia, oggi sto bene'". Così, l'invito a prestare attenzione a ciò che accade dentro, tanto caro all'autore dell'album, trova qui la sua declinazione in chiave collettiva: fondamentale è trovare lo spazio per accogliere le emozioni ed esprimerle, non solo per stare meglio con sè stessi ma anche come rimedio all'imbruttimento generale che spesso sfocia in violenza; si può anche essere fragili, insomma, per rimanere umani.

"Qui non c'è perdono se perdi l'amore, no, non c'è perdono Non c'é né per te né per loro Per ogni cattivo che hai preso per buono Puoi perdere tutto ma senza l'amore Puoi perdere l'essere uomo, l'essere uomo" (da "Essere uomo")

Tra gli elementi fondanti del disco rientrano, senza dubbio, anche le collaborazioni. "Nuova forma" è un lavoro intimo e personale, interamente autoprodotto e con le voci registrate da Davide con una strumentazione quanto mai minimale e ridotta; eppure, in questo suo nuovo capitolo musicale l'artista palermitano ha voluto circondarsi di molte altre figure, al punto che il risultato finale appare come un mosaico composito e ricchissimo. In ben quattro tracce figurano dei featuring, e a questi si aggiungono i preziosi contributi apportati dai musicisti che Davide ha voluto accanto a sé per completare e arricchire questo o quel brano. Ma come si concilia un lavoro tanto affollato con il contenuto personalissimo che emerge dai brani? Semplice: gli artisti che Davide ha deciso di coinvolgere sono tutti amici e collaboratori di lunga data, la gran parte dei quali ha già avuto a che fare con Davide in più di un'occasione. Una rarità, in un momento in cui la formula della hit di successo suggerirebbe di ricorrere solo a featuring copia e incolla, alla ricerca dei nomi più in voga del momento per aumentare il numero di stream.


Se la collaborazione con Casadilego nasce da un "incontro tra anime affini", il lato B del disco si apre con la presenza di due "fratelli": in "Sabato", la presenza di Ainé e Serena Brancale – voci ben note, per chi frequenti il mondo dell’R’n’B italiano – dà vita ad un episodio giocoso e dinamico, che risuona come una serata passata a scherzare al tavolino di un bar insieme alle persone di sempre. La genesi del brano risale ad un momento di stop, quello della pandemia, eppure è reso vivace e caloroso proprio dalla vicinanza con gli amici: "le cose succedono perché si celebra lo stare insieme e ci sono cose di cui liberarsi, cose da raccontarsi. Quando si è nella stessa stanza con una persona cara, riesci a vedere te stesso da un’altra prospettiva e anche l’altro può guardarti da un altro punto di vista".


La stessa naturalezza è alla base di "Bla bla bla", dove Daniele Silvestri presta voce e penna regalando a "Nuova forma" l’ennesima partecipazione importante; Davide si sente quasi "in soggezione" a parlarne, nonostante le frequenti incursioni dei due nei dischi dell’uno o dell’altro. Il pezzo nasce da un beat, inizialmente scritto per altri ma poi rifiutato, e da un ritornello nato jammandoci su: "mi sembrava un pezzo 'alla Silvestri', quindi ho mandato l'embrione a Daniele, che il giorno dopo mi ha risposto dicendomi: 'ho scritto la prima strofa'". Il pezzo che ne esce è una riposta arguta e trascinante alle chiacchiere vuote che affollano i social e le bocche di molti, troppo spesso "ammalati d'io" e incapaci di concentrarsi su ciò che è davvero importante.

"Ci sono cose che semplicemente non posso sentire Senza avere una reazione tipo allergia Chi mi conosce lo sa bene e mi permette di fuggire Se il discorso mi ammanetta tipo polizia Ci sono giri di parole che ti giuro fanno male Sono fumo, distrazione e pura ipocrisia Le cuffiette che ora indosso sono il modo in cui proteggo L’incolumità degli altri, non la mia." (da "Bla bla bla")

Chiude il disco "Sei cuori", presa di posizione cantata a due voci: "questo è il pezzo più rock che io abbia fatto, e quindi ho pensato di coinvolgere la mia preferita tra le voci rock in Italia: quella di Giò Sada". Non è un caso che, per la sua canzone–manifesto, Shorty abbia scelto di collaborare con chi come lui ha vissuto l’esperienza del talent (il cantante barese è stato vincitore di X Factor nell'anno in cui Davide si è classificato secondo) ed è riuscito a uscirne senza rimanere ingabbiato in un percorso prefissato, ma tracciando la propria strada da sé. Il brano parla, appunto, dell’essere coerenti e onesti con se stessi a tutti i costi: vale la pena perseguire la propria visione e non assimilarsi a ciò che il mercato richiede perché "funziona", anche qualora ci fossero soltanto sei cuori – o pochi di più – in grado di comprenderlo.


"Fanculo le vendite, i numeri e tutte le vostre canzonette identiche Senti che il suono che porto perfora le teste e le menti Come un proiettile. Nelle fiamme l'ho visto, non sono più solo Ho voglia di uscire per dirti chi sono Ora che mi conosco non riesco a fermarmi Non voglio la luna, soltanto lasciarvi Tutta quanta la mia verità in un palco sperduto Davanti a sei cuori che cercano il mare tra le mie parole." (da "Sei cuori")

Tornando alla saletta di Via Tucidide, durante quel primo ascolto alla vigilia dell'uscita: mentre Davide racconta le dieci canzoni che sta per consegnare al pubblico, dietro di lui campeggiano – tra le altre – due copie in vinile di "Getz/Gilberto" (Stan Getz e João Gilberto, 1964) e di "Abbey Road" (The Beatles, 1969): pietre miliari, senza tempo, che dopo decenni ancora riescono a risuonare indispensabili ed attuali per il pubblico di ogni generazione. E ci riescono perché sono state realizzate senza strizzare l’occhio all’algoritmo delle piattaforme, agli editor delle playlist, alle formule di successo replicate senza sosta. A vederle lì, mentre ascolto questo disco che sta venendo alla luce, penso a come – con le dovute proporzioni e senza voler fare inutili paragoni – "Nuova forma" condivida con la grande musica che sopravvive al tempo l’anima che zampilla da ogni nota, la ricerca di un suono autentico e la sincerità densa e personale dei testi. Il resto lo diranno gli anni; io, per il momento, premo replay.



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