No, non è l’ennesimo articolo dove si parla dell’amplissimo consenso popolare guadagnato da “Musica leggerissima” in seguito alla partecipazione del duo siciliano a Sanremo 2021: ormai è fatto noto. I due cantautori sono ora sulla bocca di tutti e vengono invitati in varie trasmissioni televisive, al punto che qualcuno inizia già a roteare gli occhi al cielo quando attaccano i primi secondi del pezzo. Come per tutti i tormentoni, del resto: anche se, in realtà, bisogna precisare che “Musica Leggerissima” è una canzone dai molteplici significati, di cui spesso viene ascoltato solo il ritornello. Un po’ come era successo a “Fuori dal tunnel” di Caparezza. Dimartino, nel bellissimo podcast in 5 episodi che racconta la loro esperienza sanremese (che potete ascoltare qui) chiude l’ultima puntata parlando di come un ragazzino fosse riuscito a comprendere a fondo il testo del brano presentato nella città dei fiori: un’espressione di stima per chi “scava”, andando oltre la “musichetta orecchiabile”, cercando di afferrare l’essenza profonda di ciò che viene cantato.
Di tormentoni, infatti, Colapesce e Dimartino non ne hanno mai scritti. Il loro percorso artistico, ormai decennale per entrambi, è molto di più di un ritornello catchy e di un balletto divertente (roba che potevamo sistemarci all’Eurovision). Alle spalle hanno svariati anni di gavetta, che, se non li hanno portati agli onori delle cronache, hanno permesso loro di guadagnarsi una fetta di pubblico affezionato, seppur di nicchia. La loro musica non è facilissima, e soprattutto non è da classifica; spesso, i loro testi obbligano a guardare alle cose in modo diverso, anche se ci si vorrebbe voltare dall’altra parte. Il loro è un cantautorato gentile, fatto di riflessioni disincantate sulla società, narrazioni oniriche di mare e storie d’amore, la malinconia di queste e dell’esistenza; e una certa predilezione per scenari “da fine del mondo”, che emergono benissimo in “I Mortali”, ma che percorrono tutta la loro discografia. La scrittura di entrambi è fortemente poetica ed immaginifica, i loro dischi sono miniere d’oro di sensazioni, impressioni, fotogrammi di vita vissuta o immaginata, talvolta con quel pizzico di surrealismo che non fa mai male. Per comprenderli a fondo, bisogna mettere le cuffie, chiudere gli occhi e ascoltare con attenzione: vi si aprirà un mondo.
Il 19 marzo è uscito “I Mortali²”, che contiene due dischi: il primo vede la tracklist de “I Mortali”, uscito l’anno scorso (e che abbiamo recensito qui) arricchita di “Musica leggerissima” e della title track “I mortali”; il secondo, che si apre con la cover di “Born to live” di Marianne Faithfull e si chiude con quella di “Povera Patria” di Franco Battiato, contiene 6 canzoni scelte dalla loro discografia da solisti, riarrangiate e ricantate in duetto: “Copperfield”, “Non siamo gli alberi”, “Totale”, “I calendari”; e da soli: Colapesce ha cantato “Amore Sociale” di Dimartino, e, viceversa, Dimartino ha cantato “Decadenza e panna” di Colapesce.
Escludendo “I Mortali”, Colapesce ha all’attivo 3 album, mentre Dimartino ben 5 (e un EP); entrambi, poi, hanno collaborato a svariati progetti insieme a numerosi artisti. Posto che vi consiglio di ascoltare le canzoni appena menzionate (che sono un po’ i “classiconi” dei due) anche nelle versioni originali, questo repack mi porge il destro per andare a scavare nella discografia dei due cantautori per cercare di proporre una selezione completa delle loro canzoni, per rendersi conto di quanta poesia e quanta bellezza risieda nella loro musica. (Disclaimer: la scelta in certi casi è stata davvero ardua.)
Partiamo da Colapesce: vi consiglierei praticamente ogni traccia contenuta in “Un meraviglioso declino” (suo album di debutto, con cui ha anche vinto la Targa Tenco nel 2012 come Miglior opera prima), ma per dovere di sintesi scelgo “Restiamo in casa”, “Anche oggi si dorme domani” e “Talassa” (le ultime due contenute nella versione deluxe). Si tratta di un disco meraviglioso, acustico e raccolto nelle atmosfere, poeticissimo nei testi. Un vero gioiello da ascoltare e riascoltare, per coglierne tutte le sfumature.
“Egomostro” (2015) inizia già a muoversi in una direzione connotata da sfumature elettroniche: ecco la title track, “Egomostro”, con quel riff di chitarra continuo ed egocentrico, e un testo a metà tra l’ironia e l’amarezza.
Di “Infedele” (2017), a cui ha collaborato anche Iosonouncane (e si sente), “Pantalica” è sperimentale e disorientante nei suoni, surreale e ancestrale nel testo.
Ah, e per quanto riguarda i side projects, se volete farvi due risate, c’è “Aiuta un danese”.
Passando a Dimartino, va detto che la sua produzione è veramente ampia. Da “Sarebbe bello non lasciarsi mai ma abbandonarsi ogni tanto è utile” (2012), “Maledetto autunno” è probabilmente una delle più suggestive, intrisa di malinconia e caratterizzata da un commovente giro di pianoforte.
“Scompariranno i falchi dai paesi” dall’EP “Non vengo più mamma” (2013) non è davvero una canzone, quanto una descrizione recitata di un quadro distopico con grande forza espressiva.
Poi, da “Un Paese ci vuole” (2015), disco ispirato al romanzo “La luna e i falò” di Cesare Pavese, ricordiamo “Come una guerra la primavera”, in cui troviamo una riflessione “globale” sulla vita.
Un cambio di ritmo deciso in “Afrodite” (2019) ci ha regalato canzoni solari e di fibra come “Cuoreintero” e dolci e sussurrate come “Feste comandate”.
Questo piccolo compendio di canzoni (di cui non ho voluto parlare troppo, per incuriosire senza fornire troppi dettagli) vuole essere un incoraggiamento a non fermarsi alla hit sanremese e andare oltre, per scoprire un mondo nuovo. Buon ascolto.
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