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Michael Venturini nel suo nuovo album “L’Amor Mio Non Muore” ci racconta le criticità della società attuale

Immagine del redattore: Iris ChindamoIris Chindamo

Michael Venturini è un cantautore fuori dagli schemi, influenzato da sonorità straniere ma con un mood e un sound tutto suo. Avevamo già avuto modo di intervistarlo qui in occasione del suo album di debutto "Popolare Fuori Moda", uscito nel 2023. Questa volta l’artista ritorna in una nuova versione, ancora più decisa e personale grazie alla registrazione analogica nella sala di incisione "L’Amor mio non muore" di Forlì, che ha dato titolo al disco e all’omonima canzone all’interno dello stesso; ma anche grazie alla pubblicazione indipendente e staccata dalle etichette musicali.


Nell’album Venturini prende le vesti di un cantastorie, raccontandoci la sua visione critica su alcuni aspetti della società e riflettendo su alcune piaghe che attanagliano le persone comuni e le ipocrisie di quelle che hanno il potere. Il sound, grazie alle tecniche di registrazione analogiche, ci ricorda gli anni ‘60/’70; ma le parole ci riportano immediatamente alla cruda realtà in maniera chiara ed esplicita.


 

A cosa o a chi ti riferisci con “L'Amore Mio Non Muore? 

"L’amore mio non muore" è il nome dello studio di registrazione a Forlì dove ho inciso tutti i pezzi dell’album. Il brano è nato da una melodia che avevo già in mente, mentre il testo l’ho scritto pensando alla mia fidanzata, anche se, non volevo uscisse una banale canzone d’amore con le solite rime baciate, quindi ho lavorato parecchio sul testo e poi ho capito, dopo diverse prove, che la frase “L’amor mio non muore” era perfettamente in linea con il testo e questo ha dato un senso generale a tutto il progetto…ho pensato fosse un segno. 


Rispetto al tuo primo album “Popolare Fuori Moda” mi è sembrato che in questo ti concentrassi ancora di più sulle parole, i sound sono meno rock’n roll anche se il tuo stile unico è rimasto, con una piacevole aggiunta di armoniche a bocca in diverse canzoni. Come hai concepito questo nuovo sound e com’è cambiato il tuo modo di scrivere nel tempo?

Hai ragione, in questo album sono stato ancora più attento ai testi e c'è stata una ricerca in questa direzione: ho voluto sia conservare lo stile del primo album, ovvero raccontare piccole storie con precisi significati come si nota dalla quinta all’ottava canzone; sia cambiare un po’ stile per quanto riguarda invece i primi quattro pezzi. I primi due brani sono secchi e diretti come due schiaffi in faccia, sono pesanti e non si nascondono; mentre la terza e la quarta traccia sono state scritte per addolcire un po’ la pillola riportando una scrittura più dolce e uno stile più strumentale. Queste tracce, in particolare, sono molto diverse tra loro ma avevo bisogno di un po’ di cambiamento, infatti ho anche tentato di ridurre al minimo il numero di parole usate, soprattutto nei pezzi più dolci, per lasciarne poche che fossero però precise, non scontate e non retoriche.

Dal punto di vista musicale invece, ho trovato il giusto sound registrando in studio. Purtroppo, non avendo uno studio personale, fino a quel momento ho potuto solo immaginare il suono che solamente una volta lì ha veramente preso forma. Il sound viene definito in base alla produzione che scegli e, se questa cambia, i tuoi lavori sicuramente non suoneranno mai tutti uguali. Con il tempo ho capito che questa cosa fosse ovvia perché il sound cambia anche in base alle persone con cui collabori: ognuna ti porta proposte e idee nuove e diverse e, finchè  il processo non si conclude, non si potrà conoscere il risultato finale… non si può e non si deve pretendere di avere il pieno controllo su tutto!


In “Guai” mi hanno colpito in particolare le frasi: "Quando vale solamente se vende" e “Capitalisti amanti che poi citano Gandhi, oltre a diverse critiche più o meno velate, a cosa o chi ti riferisci con queste espressioni?

In realtà si tratta di uno sfogo generale perchè mi sembra che di questi tempi ci sia una tendenza ricorrente in ogni settore: se qualcosa ha successo e vende allora è degno di attenzione, il resto invece lo si lascia in un angolo in disparte e ci si ride sopra. Questi sono gli anni della figura dell’imprenditore, oggi il modello e l’eroe da seguire nella società è il CEO di grosse aziende, molto spesso però ti rendi conto che sono figure che si portano dietro un sacco di ipocrisie, come ad esempio i fuffa guru che dicono frasi poetiche ma poi in realtà vogliono solo fatturare. 


Anche in “Discografico” la critica a questa figura del mondo della musica è chiara e palese, come mai ti sei concentrato proprio su questa categoria? Pensi siano tutti così o qualcuno si salva? Vuoi raccontarci com'è nata la tua esigenza di scrivere e parlare in questo modo di alcuni lati negativi del mondo musicale?

Ci tengo a precisare che è una critica al mondo della discografia e non a quello della musica. Il mercato discografico è composto da aziende che non guardano chi fa cosa, ma si interessano solo di dati e grafici per portare a casa i risultati e guadagnarci il più possibile.

La musica può essere invece qualsiasi cosa, come ad esempio andare a fare un viaggio in Africa e ritrovarsi in mezzo ad una tribù a suonare i tamburi.

Io purtroppo in passato ho seguito troppo il mercato musicale, mentre oggi sono direzionato totalmente verso la musica e per niente verso il mercato musicale.

Questo pezzo è diretto ad una figura precisa che ho conosciuto tempo fa e che all’inizio mi sembrava a posto ma, alla fine, mi sono reso conto che la sua priorità era solamente quella di avere più varietà di generi possibile nella sua etichetta così da coprire fette di mercato più estese e vendere maggiormente. Purtroppo questa è una tendenza pericolosa perché molti che hanno talento non riescono ad aggiudicarsi posti in etichette importanti solamente perchè c’è qualcun’altro a ricoprire già una determinata fascia di mercato.


Com’è nato il mood dolce di “Sei vicina”?

In realtà non pensavo sarebbe uscita così dolce perché quando ho scritto questa canzone non sapevo ancora bene a cosa o a chi mi stessi riferendo in quel preciso momento.  Anche se sembra parlare di cose belle (e lo fa in realtà, se la inquadri da quella prospettiva), io quando la scrivevo pensavo a cose brutte come “morte sei vicina” nel senso di cessazione di un’agonia, di un dolore non più sopportabile; c’è qualcuno che è irrimediabilmente stanco di qualcosa e finalmente trova sollievo dal realizzare che quella situazione sta per terminare”; ecco perché è la quarta traccia dell’album che io divido in due sezioni: 1-4 prima parte; 5-8 seconda parte: il narratore, dopo essersi sfogato nelle prime due tracce, si redime abbracciando la comprensione (l’amor mio non muore della terza) e finalmente si libera dall’odio nell’ultima traccia della prima parte; con “La Terapia” può tranquillamente tornare a narrare le storie di altri perchè ha ritrovato l’equilibrio e, a giudicare dalla suora che diventa pornostar, e dal power trio che non si fila nessuno, direi anche la leggerezza! 


La “Triste Storia del Signor Abbondo” affronta un'altra piaga della società ovvero la questione lavorativa vista dal punto di vista di un imprenditore che prima raggiunge il successo e poi fallisce. Com’è nata questa storia? E a cosa ti riferisci in particolare con la parola "fine" che viene ripetuta diverse volte per tutta la durata del pezzo?

Sì la canzone parla perlopiù della questione lavorativa italiana. Il Signor Abbondo è un businessman che parte da un posto piccolo, poi scala il successo ma alla fine crolla tutto e lui ritorna con la coda nelle gambe nel suo paesino. La frase “Alla fine il Signor Abbondo si stufò di essere un numero e tornò ad essere un volto” si riferisce al fatto che quando fai successo non ti rendi conto di essere diventato un numero e torni ad essere un volto solamente quando sei circondato da una piccola realtà, come quella di paese, in cui tutti si sono incrociati almeno una volta nel corso della loro vita e, di conseguenza, riconoscono i volti di tutti.

Con la parola FINE mi riferisco al momento preciso in cui finisce la crescita dell’individuo ovvero quando qualcuno diventa talmente egocentrico e supponente che, pensando di sapere tutto, non va più avanti. Se prima Abbondo era mosso da curiosità, il suo ego poi lo porta a fallire, a perdere e ad essere sconfitto dal punto di vista umano. 


A cosa ti riferisci in particolare nel racconto “Io Mia Moglie E Lucia”?

Ho preso ispirazione dal periodo della pandemia in cui vivevo sopra il locale di un ragazzo che, a causa del Covid, ha dovuto chiudere perché non gli sono bastati i pochi ristori ricevuti per ricominciare.

L’obiettivo della canzone è quello di uscire dalla narrazione principale della pandemia sempre orientata verso gli ammalati o i complottisti e portare l’attenzione invece su quegli individui che hanno dovuto chiudere le loro attività. Queste persone, come racconto anche nella canzone, hanno perso tutto e non solo il lavoro, hanno perso soldi e magari anche la famiglia e la salute mentale per problemi derivati dalle difficoltà economiche e dallo sconforto. Un intero nucleo familiare è stato disgregato a causa di questo evento incontrollabile e catastrofico.


Hai qualche aneddoto interessante o particolare sulla composizione o sulla registrazione dell’album?

Beh ti posso dire ad esempio che la composizione è avvenuta in una capanna in mezzo alle campagne umbre; avevo dei vicini però e poiché non volevo farmi sentire quando provavo i pezzi, dopo aver completato i testi, prendevo la chitarra e con la macchina me ne andavo a provare in riva al fiume, liberissimo di urlare e stonare fin quando non trovavo la giusta tonalità. Per quanto riguarda la registrazione invece ci sono state tante cose molto interessanti: ad esempio registrare la chitarra di “Guai” collegata al Leslie, che è un altoparlante rotante solitamente utilizzato con l’organo hammond; oppure registrare, e per me era la prima volta, in analogico: la maggioranza dei dischi di oggi si registrano con il CLICK, scegliendo un BPM e aggiungendo uno strumento alla volta, noi invece abbiamo fatto come si faceva negli anni ‘60/’70 ovvero con tutti i musicisti in studio dal vivo.

Abbiamo registrato le take di basso, batteria e la mia chitarra e voce, aggiungendo in seguito alcuni overdub (suoni o strumenti inseriti successivamente). Alla fine ho ricantato le tracce vocali ma comunque le basi sono tutte suonate dal vivo senza click e questo lo si può notare più facilmente in cuffia sentendo alcune perdite di bpm. In questo modo il risultato è più caldo e dinamico e non freddo e statico.




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