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Immagine del redattoreEnrica Barbieri

Da Siracusa all'incontro con Erlend Øye, Marco Castello e il suo racconto delle cose semplici

Marco Castello, cantautore e polistrumentista siracusano, è il nuovo talento di 42 Records. Ha pubblicato martedì 15 settembre il suo terzo brano "Cicciona", un titolo evocativo e forte che però non c'entra quasi nulla con l'essenza del brano, che una racconta storia d'amore complessa. Questo brano arriva dopo la pubblicazione di altri due singoli: l'anti-tormentone estivo "Torpi" (scopriremo in seguito cosa vorrà dire) e "Porsi", il brano che ci porta indietro ai tempi della scuola e degli incontri avuti tra i banchi.

Ma Marco non ha solo un progetto da solista, infatti suona la chitarra con Erlend Øye dei Kings of Convenience nel suo progetto La Comitiva.

Il suo disco, che verrà pubblicato questo autunno, è composto da canzoni dove i generi e le influenze musicali vengono mescolate, un disco che suona in qualche modo sia italiano ma anche internazionale, visto che è stato realizzato a Berlino e prodotto da Marcin Öz che con Erlend condivide l'esperienza The Whitest Boy Alive.

Marco Castello sta realizzando un breve tour in giro per l'Italia dove presenta il suo progetto artistico al pubblico: giovedì 10 settembre è salito sul palco dell'Idroscalo per l'ultima data di Cuori Impavidi e invece sabato 19 settembre sarà a Roma per Spring Attitude Waves.


Con le mani nella marmellata neghiamo l’evidenza per non sentirci giudicati ma siamo tacitamente consapevoli che la carne debole sia il miglior pretesto per un’esistenza di piaceri. - sottolinea Marco Castello a proposito del singolo "Cicciona"- Chi gode conosce l’estasi di una bellezza segreta che vale piú dei canoni di giusto e sbagliato, mangia che è buono.


Vi lasciamo così alla nostra chiacchierata con Marco Castello!

Ciao Marco! Come stai? Com’è stato suonare alla data di Cuori Impavidi a Milano?

Ciao Enrica, grazie per questa intervista, io sto molto bene! La data a Cuori Impavidi è stata molto bella, mi sono divertito tanto, anche perché era la prima data dal vivo. Abbiamo ricevuto tanti complimenti dalle persone che ci hanno ascoltato.


Come ti presenteresti ad un pubblico che non ti conosce?

Questa non è una cosa semplice da fare (ride nrd.). Comunque ci provo. Sono Marco Castello. Ho 27 anni. Suono praticamente da sempre, ho iniziato ad avere le prime band al liceo, quando ancora abitavo a Siracusa. Dopo il liceo mi sono trasferito a Milano per studiare tromba jazz al Conservatorio in Civica. Dopo la laurea, però, non ero molto convinto del mio percorso, di suonare quello strumento in chiave jazz.

Allora ho iniziato a lavorare in un bar a casa mia e casualmente sono venuto a conoscenza di Erlend Øye e mi sono ritrovato a suonare con lui in giro per il mondo con La Comitiva. Lui ha ascoltato alcuni brani che avevo scritto un po' così per gioco e alla fine mi ha proposto di registrarli e produrli. E ora siamo qui, abbiamo registrato un album due anni fa a Berlino e dopo varie vicessitudini e ricerche di etichette, sono sbarcato in 42 Records.


Ti sei diplomato in tromba jazz, sei polistrumentista. Ti ricordi il momento in cui hai preso in mano il primo strumento musicale? Quando hai capito che volevi far diventare questo il tuo lavoro?

Allora, che volessi far diventare questo il mio lavoro devo ammettere che non l'ho ancora capito, in realtà. Mi sono reso conto di voler fare questo nella vita quando ho svolto altri lavori nella vita, e ho capito che poter lavorare suonando è una fortuna enorme.

Mi ricordo benissimo il primo strumento che ho toccato con mano. Mio padre era batterista e a casa avevamo tantissimi strumenti, sia mia madre che i miei fratelli suonavano la chitarra. Da piccolo. circa nel 1998, mi ricordo che battevo sui bonghetti di mio papà e che mia sorella mi insegnava a tenere il ritmo a capire il tempo. Mia madre invece sosteneva che io cantassi già prima di iniziare a parlare, chissà.


Diciamo che quindi la tua famiglia ti ha permesso di esplorare questo mondo. Quindi c'è uno strumento in particolare che preferisci suonare, che ti trasmette più emozioni?

Sicuramente la tromba, è l'unico strumento che ho imparato a suonare studiando; è uno strumento che amo ma è anche quello che mi fa sentire più a disagio quando lo suono, per questo mi sono un po' allontanato da quel percorso. Invece, la chitarra è lo strumento che mi permette di essere più autonomo perchè posso anche cantare, anche se non sono in grado di fare qualcosa di minimamente solistico. Mentre la batteria mi fa viaggiare, mi trasmette un piacere di benessere assoluto.


Siracusa è la tua città di origine, un luogo che io ho vissuto come turista e che ho amato. Quanto è stata importante questa città per la persona che sei adesso? Com'è cambiata la tua percezione di vita quando hai vissuto a Milano?

Milano è una città che funziona, che ti offre tante opportunità di vita e di lavoro. Ho conosciuto tanti musicisti, visto tanti luoghi e mi sono reso conto di tanti aspetti della vita. Nella mia testa però c'era l'idea di portare la mia esperienza a casa, a Siracusa, perchè è il luogo dove vorrei stare, provando a renderla migliore. Siracusa è stata segnante, è una città che ha una storia incredibile che dovrebbe valorizzare maggiormente. La cosa assurda però è che l'opportunità di lavoro l'ho trovata a casa mia, grazie all'incontro con Erlend, che ha deciso di trasferirsi qui.

“Cicciona” è l'ultimo brano che hai pubblicato. Ci racconti com’è nato? Come mai hai scelto un titolo che può apparire forte?

Il brano è nato in motorino, mentre stavo andando al mare e canticchiavo queste parole mentre guidavo. Io di solito non presto mai attenzione al titolo, per me non rappresenta un fattore importante, ma piuttosto qualcosa di superfluo, di esterno al pezzo. In questo caso ho colto l'occasione della provocazione, in questo periodo dove si discute sul body Shaming. Penso che reprimere qualcosa, in questo caso il termine cicciona, ne aumenti il potenziale aggressivo, violento e offensivo; ritengo che sia giusto ascoltare quello che dico visto che non voglio offendere nessuno. Inoltre, è importante percepire in questo caso il fatto che il tema del brano sia l'amore, il fregarsene dei giudizi altrui, di godersi la vita.

Non mi sono posto il problema di utilizzare questo titolo visto anche il fatto che la maggior parte della scena musicale mondiale non faccia altro che parlare di droga e di tanti altri problemi. In questo caso possiamo dire che cicciona sia un appellativo amoroso, visto che anche io sono il primo a cadere nelle tentazioni, che non riesce a controllarsi. Penso che questa debolezza possa essere soprattutto un'opportunità per provare a godersi la vita, per pensare a noi stessi.


Ascoltando la canzone, mi sono rimaste in testa alcune frasi che mi sono annotata

“A una vita che ti mangiava con gli occhi” cosa volevi dire con questa frase?

A una vita in realtà è un dialettismo, vuol dire Da una vita. E il ti mangiava con gli occhi, insomma sappiamo che indica l'amore a prima vista.


“Che è troppo stretto per te questo posto”, canti in Torpi. Cosa significa questo titolo? Qual è il luogo o i luoghi dove ti senti più a tuo agio, sia personalmente che artisticamente?

La parola torpi significa tamarri, zarri e che usiamo solo a Siracusa. Anche qui non si tratta di una questione di discriminazione ma del fatto che invece tutti siamo un po' tamarri in realtà e che questo è un atto anche di amore esagerato che sfocia in bizzarrie.

In generale, mi piace stare in posti dove accadono cose che apprezzo, come può essere a casa mia con i miei amici, dove mi sento parte di qualcosa, in un luogo dove posso dare un contributo. Una grande città, dove ognuno è alienato, dove la vita singola è annullata non è un posto dove mi sentirei bene.

Come mai la scuola è entrata come tema nel tuo primo brano “Porsi”?

Ovviamente non immaginavo tutto quello che sarebbe successo a scuola in questo periodo (ride, nrd.). Semplicemente con "Porsi" volevo raccontare come da piccoli comprendiamo il nostro posto ma ci rendiamo anche conto delle situazioni che affrontano i grandi e che magari vediamo in televisione. Inoltre parlo anche delle paranoie che ci facciamo per delle stupidaggini. L'approccio ambivalente, quel mood di vita, di esaltazione e di sconforto penso mi sia comunque rimasto nel tempo. Ho ripensato, in questa canzone, a tutti gli aneddoti, i piccoli dettagli, come il modo di vestirsi, la musica che ascoltavamo, l'ambizione di voler diventare qualcuno, che avevo quando suonavo la batteria alle scuole medie.

Questo è stato anche un esercizio di ironia, di racconto di qualcosa di passato.


Che rapporto avevi con la scuola, sin da piccolo fino ad arrivare in Civica?

Mi piaceva l'ambiente scolastico, tutto ciò che ruotava attorno ai banchi, mi piaceva conoscere persone, confrontarmi con loro visto che comunque al liceo sono stato anche rappresentante di istituto. Mi piaceva essere una sorta di riferimento, anche se ora non penso che sarei in grado di fare lo stesso.

Poi, invece, dal punto di vista del rendimento è stata una tortura. Penso che aver fatto la maturità sia stato uno dei momenti più liberatori e infatti non capisco come la gente possa rimpiangere quei tempi, visto che non tornerei mai indietro. Ancora mi capita di sognare professori che mi giudicano, ogni volta che devo fare qualcosa di importante e sono preoccupato. Devo dire che sono rimasto molto segnato da questa esperienza.

Invece, l'esperienza in Civica devo dire che è stata un'esperienza positiva visto che era comunque dettata da una mia scelta personale.


“Un giorno sarò il re dei posti in fondo”. Che significato assume questa frase nel contesto?

Nell'autobus, quando si partiva, le persone più fighe e cool occupavano i posti in fondo ed era il luogo dove succedevano le cose più divertenti. Il punto di vista che descrivo è di qualcuno che guarda da lontano queste persone e prova una sorta di invidia nei loro confronti e in un futuro vorrebbe esser il re di questo luogo.


Possiamo dire che in qualche modo stai portando avanti due percorsi, come riesci a conciliare il tutto?

Con Erlend e la Comitiva oramai siamo fratelli, si è creata una situazione bellissima, però a livello strettamente musicale non è propriamente il mio. Io ho appena cominciato a suonare, quindi non ho avuto problemi ad organizzarmi con loro visto che siamo momentaneamente fermi. Avremmo dovuto fare moltissime date quest'estate ma è stato tutto bloccato.

Abbiamo parlato spesso di cercare di organizzarci per far sì che le cose possano coesistere senza ostacolarci a vicenda. Su questo aspetto sono molto fiducioso, sicuro che potrò benissimo continuare a fare entrambe le cose.


Cosa dobbiamo invece aspettarci dal disco? Ci puoi anticipare qualcosa?

Ci consiglieresti degli artisti che possano essere in linea con il tuo percorso artistico?

Nel disco ci saranno pezzi molto diversi tra di loro. La mia prerogativa è che le canzoni possano essere ritmate e vivaci, che facciano muovere le persone oppure creare della musica che possa permettere all'ascoltatore di viaggiare e di rilassarsi. Inoltre, un terzo aspetto sarebbe quello di raccontare delle storie attraverso le mie canzoni; questo è un aspetto nuovo per me, perché solo negli ultimi due anni mi sono ritrovato a scrivere in italiano.

Il disco sarà un contenitore un po' strano, non saprei categorizzarlo perchè ho copiato e rubato un sacco di influenze da Mac DeMarco, Mild High Club, i Beatles, Lucio Battisti, Lucio Dalla e tanti altri.

Insomma, cerco di scrivere nella maniera in cui parlo, trovare la poesia, la bellezza nelle cose semplici.



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