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"Lambda" è il primo Ep di YOF, un mondo sonoro dove la musica è energia e vibra di novità - Intervista

Paragonato al Tiziano Ferro degli esordi, Mattia è un giovane autore, produttore e cantante che fa ben sperare per il futuro del nu soul / R&B in Italia, dove gli artisti scarseggiano.

YOF, questo il suo nome d'arte, è nato a Guidonia (Roma), ha solo 21 anni ma già un curriculum di tutto rispetto: ha frequentato il Saint Louis College di Roma, ed anche il laboratorio di soul di una colonna dell'R&B made in Rome, come Ainè, e attualmente frequenta il CPM Institute di Milano.



Il giovane cantante romano si è fatto notare con la pubblicazione di "Apollo 12", singolo R&B super catchy che ci esorta a cantare a squarciagola in macchina. Non a caso gli è valso molte playlist editoriali, come la copertina in "Anima R&B". Dopo aver collaborato alla produzione dell'ultimo album di Ainè, il 22 novembre è arrivato anche il momento di YOF, con l'uscita del suo primo Ep "Lambda", nient'altro che "una parola che funge da anello di congiunzione tra un mondo sonoro dove la musica è energia che ti vibra dentro, e l’aspetto fisico della musica, cioè delle molecole che si spostano nell’aria". Si tratta di 5 tracce che racchiudono l'universo sonoro di un artista la cui unica prerogativa è fare "musica che vibra", che abbia quella quota di verità e faccia tosta necessaria a scuotere gli animi sopiti di chi purtroppo si è abituato alle produzioni copia e incolla del mercato discografico attuale.


Proprio per questo Mattia è un giovanissimo che scrive, canta e suona. Una rarità di questi tempi. Non paragonatelo a Tiziano Ferro, nè a nessun altro, lui è semplicemente YOF, un talento che vale la pena di scoprire.


 

Ciao Mattia benvenuto, come nasce la tua passione per la musica e come mai questo nome d’arte?

La passione per la musica è nata da sola in casa, soprattutto grazie a mia madre, che oltre ad aver studiato violino in conservatorio, sa mettere le mani su ogni strumento musicale, e mi ha trasmesso questa voglia di provare tutto. Devo molto anche a mio fratello Giorgio, che suona la batteria da tutta la vita, ed è un vero mostro. Avendo avuto vari strumenti in casa, ho capito che la chitarra era quello con cui mi sentivo più a mio agio, e non ho più smesso. Ho cominciato a cantare solo anni dopo. Per quanto riguarda il mio nome d’arte, non lo sa quasi nessuno, e voglio mantenere il segreto!


Quali sono le tue influenze musicali?

Da piccolo ascoltavo moltissimo rock, poi ho avuto il periodo metal. Ho ascoltato molte band come i Linkin Park e i Bring me the horizon. Poi, all’età di 17 anni ho scoperto una grande passione per la musica R&B, ed ho continuato su quella strada.


Ed è proprio l’R&B il genere musicale che stai sperimentando all’inizio della tua carriera. Hai intenzione di esplorare altri percorsi musicali in futuro?

Bella domanda, ti rispondo di sì, mi piace molto sperimentare. Ultimamente sono in fissa con i Deftones, amo quei suoni sporchi che utilizzano, di conseguenza mi piacerebbe provare un’influenza del genere. Prossimamente farò uscire delle produzioni meno convenzionali del solito. Anche l’idea di far uscire una canzone registrata interamente dentro una stanza, può dare quella chiave di lettura “diversa” che cerco. Sicuramente non sono il primo a cui viene in mente di portare produzioni diverse, forse ci stiamo stufando di sentire la voce super pulita all’interno delle canzoni. Si può cambiare.


Con “Apollo 12”, uno dei tuoi primi singoli, hai conquistato varie playlist editoriali, tra cui la copertina di “Anima R&B”. Che soddisfazione è stata per te?

È stato veramente figo. Anche se avrebbero potuto scegliere una foto migliore, avevo delle occhiaie tremende! Apparte gli scherzi, ne sono stato molto contento, anche se inizialmente non riuscivo a rendermi conto dell’importanza di un podio come questo. Tra l’altro, “Anima R&B” è una playlist che ascolto molto, quindi sono super contento. Oltre questi piccoli traguardi, la cosa più importante per me è creare una cerchia di affezionati alle mie canzoni, e soprattutto produrre sempre musica che vibra. Cercare di avere quel quid in più, che ti porta a differenziarti dagli altri.


“Apollo 12” fa parte di “Lambda”, il tuo primo EP uscito il 22 novembre scorso. Com’è nato il progetto e la scelta del nome?

“Lambda” è una parola che funge da anello di congiunzione tra un mondo sonoro dove la musica è energia che ti vibra dentro, e l’aspetto fisico della musica, cioè delle molecole che si spostano nell’aria. Il fatto che io sto parlando, e che tu senti la mia voce, è perché un diaframma si sta comprimendo e sta traducendo quel segnale elettrico in un’onda sonora. Non c’è niente di magico in questo. Perciò, il concetto stesso di “Lambda” è anche quello di consapevolizzarsi da questo punto di vista, capendo che la musica, in realtà, funziona come una macchina. Noi la recepiamo in un determinato modo e ci sentiamo tristi o felici ascoltando differenti produzioni. Ma tutto questo è una nostra costruzione arbitraria, perché la musica non si lascia “categorizzare” da queste definizioni, che siamo solo noi a dare.


Parliamo di “MIA”, in cui canti di una relazione complessa, lasciando la leggerezza di “Apollo 12”. Ma tu come sei in una relazione? Tendi ad idealizzare troppo, o preferisci rimanere con i piedi per terra?

“MIA” parla della relazione più difficile che ho avuto. All’interno della canzone parlo dell’ossessione che ho per questa ragazza, cercandola quasi come fosse una preda. Parla di come ero fatto quando la corteggiavo. Volevo a tutti i costi fosse la mia fidanzata e si affidasse completamente a me, così che io potessi risolvere tutti i suoi problemi. Poi con il tempo ho capito che era sbagliato addossarmi tutta la sofferenza di un’altra persona. La cosa brutta era che in quel periodo quel tipo di relazione mi andava bene.

 

All’interno di questo album c’è un vero e proprio universo sonoro, merito del tuo saper suonare molti strumenti diversi. Come nasce questo flusso creativo?

Per questo album, ma in generale per tutte le mie produzioni, vado molto a vibes. Cerco di lasciarmi trasportare dall’istinto. Spesso poi cerco di aggiungere ad una produzione, qualcosa di totalmente estraneo, che non c’entri nulla con la direzione verso cui sto andando. Molto spesso ascolto una produzione completa e penso “è molto figo, ma come ci sono arrivato a questo punto?” E credo che sia proprio quello il bello. Poi ovviamente sono pieno di paranoie, e spesso penso “Ma cosa sto facendo?”. Ma penso che anche questo faccia parte del gioco.


Tra gli addetti ai lavori si parla molto di te, addirittura tempo fa ho letto un articolo dove ti paragonavano al Tiziano Ferro degli esordi. Percepisci delle aspettative su di te? Senti un po’ di pressione e se sì, come la vivi?

Me la vivo abbastanza bene sapendo che l’ansia è una sensazione dettata dal corpo. Ogni tanto mi capita di pensarci ma cerco sempre di rimanere nel mio, e continuare a lavorare per fare la mia musica. Oggi la musica non è più qualcosa che si può fare in maniera “tranquilla”, purtroppo. C’è tanta aspettativa su ogni artista, e la musica ultimamente viene intesa come un prodotto da vendere, quasi fossimo al supermercato. Pensa che culo devi farti per scrivere una buona canzone, in un contesto del genere. Perciò, quando provano a spararti nel multiverso paragonandoti a mostri sacri come Tiziano Ferro, è importante che tu ti ricordi che no, non lo sei.


Ti ho visto aprire il concerto di Ainè a Roma, tra l’altro hai contribuito alla produzione del suo ultimo album, immagino che per te lui sia un esempio da seguire…

Ainè è come un fratello per me. Lo ascolto da quando sono piccolino, è veramente un grande artista. Poi, quando sono andato a studiare al Saint Louis College di Roma, una sera durante una jam session, lui mi ha notato e invitato al suo laboratorio di soul. Gli sono piaciuto anche durante quelle lezioni, poi si è interessato alla mia musica e abbiamo cominciato a collaborare insieme a varie cose. Abbiamo scritto varie demo insieme, e da lì è arrivata anche la collaborazione al suo ultimo album.


“Casa” è il singolo che conclude l’EP. Com’è nata l’idea del videoclip?

È nata grazie a Massimo Scarabaggio, che mi è stato consigliato dal ragazzo che mi accompagna alle sequenze, durante i concerti. Questo pezzo parla di casa, sia in senso fisico che metaforico. È un ambiente che può farti sentire al sicuro ma anche impazzire, e quando impazzisci dentro un posto che dovrebbe essere la tua zona di comfort, poi che si fa? E grazie a Massimo ho provato a rendere questo concetto all’interno del videoclip del singolo. Casa per me è un laboratorio musicale, è il posto in cui sto bene con i miei amici. Ma allo stesso tempo è importante uscire fuori dalla propria comfort zone, perché ci aiuta a crescere.


Il 22 novembre è uscito l’EP, e il 23 l’hai presentato durante la Milano Music Week, com’è andata?

È stato bellissimo, abbiamo organizzato una grande serata dove ci siamo divertiti a suonare davanti a tante persone interessate al progetto. Abbiamo fatto tutto all’ultimo, come nostro solito. La sera precedente l’evento eravamo ancora a sistemare i ledwall!


Prossime date? Dove potremo venirti a vedere?

Sicuramente organizzeremo qualcosa a Milano nel prossimo periodo. Poi arriverà il momento di girare un po’ per l’Italia, non vedo l’ora!



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