Tra gli artisti dell'attuale panorama musicale italiano, ci sono alcuni nomi, tra cui Brunori SAS, Calcutta, Coez, Cosmo, i Pinguini Tattici Nucleari e gli, oramai, ex Thegiornalisti, che prima di ottenere un meritato successo, hanno macinato ore su ore di esperienze, su piccoli palchi, locali semivuoti o bui scantinati.
Oggi per "Il Sabato del Vinile" vi parlerò dell'album di debutto di uno di questi artisti, un nome che prima di diventare noto al grande pubblico ha sia lavorato come turnista, fonico o polistrumentista per diversi artisti, che esordito discograficamente con il suo gruppo, pubblicando due lavori passati, però, relativamente in sordina. L'artista in questione è Francesco Motta e il disco di cui vi parlerò oggi è "La Fine Dei Vent'anni", primo album in studio di Motta, pubblicato il 18 marzo del 2016 dall'etichetta indipendente Woodworm Label.
Francesco Motta nacque a Pisa da una famiglia livornese e fin dall'adolescenza si appassionò alla musica e iniziò a suonare la chitarra e la batteria; nel 2006, insieme all'amico Simone Bettin, Motta formò i Criminal Jokers, gruppo busker con influenze derivanti dalla musica punk, poi, successivamente, fecero il loro ingresso nel gruppo sia la sorella del cantautore, Alice Motta, che Francesco Pellegrini, oggi membro degli Zen Circus e noto come Maestro Pellegrini, il quale portò il gruppo verso sonorità più elettroniche e new wave. Durante la loro carriera i Criminal Jokers pubblicarono solo due album, uno cantato interamente in inglese e prodotto da Andrea Appino, "This Was Supposed to Be the Future", risalente al 2010, e "Bestie", album cantato in italiano e uscito nel 2012 per l'etichetta indipendente 42 Records.
Nonostante la carriera con il suo gruppo, Motta, nello stesso periodo, andò in tour come turnista e polistrumentista con artisti del calibro di Nada, Zen Circus - per i quali fece il fonico durante la tournee di "Andate Tutti Affanculo" - Pan del Diavolo, Giorgio Canali e molti altri ancora. Nel 2013 il cantautore toscano decise di trasferirsi a Roma per studiare composizione al Centro Sperimentale di cinematografia dell'urbe, e iniziò a comporre anche diverse colonne sonore per film e documentari, intraprendendo così una carriera musicale cinematografica parallela che non ha ancora abbandonato, come si può sentire dalla bellissima colonna sonora realizzata per il film uscito nel 2021, "La terra dei figli".
Nel biennio 2015-16, ormai vicino alla soglia dei trent'anni, Motta decise che era giunto il momento di pubblicare il suo primo disco da solista; per il cantautore toscano quest'album doveva essere un nuovo inizio sia da un punto di vista personale, che musicale, infatti, abbandonò quasi del tutto le sonorità rock e new wave presenti nei lavori dei Criminal Jokers, per abbracciare sonorità più cantautorali ma influenzate sia da elementi rockeggianti, sia da elementi elettronici, che dalla sua esperienza come compositore di colonne sonore.
"Sarebbe bello finire così Lasciare tutto e godersi l'inganno Ogni volta La magia della noia Del tempo che passa la felicità" (da "Del Tempo Che Passa La Felicità")
Un aiuto fondamentale per la creazione di questo capolavoro venne dato a Motta da Riccardo Sinigallia, cantautore e produttore romano, già al lavoro con artisti come Niccolò Fabi, Max Gazzè, i Tiromancino, per i quali fu il co-produttore e co-firmatario di tutti i brani del loro disco della consacrazione "La descrizione di un attimo" del 2000, e Coez. Oltre ad essere il produttore di quest'album, Sinigallia fu anche il co-autore di alcuni brani come "Sei Bella Davvero" e "Roma Stasera", infatti, l'aiuto più importante che Sinigallia diede a Motta non riguardò l'aspetto musicale e sonoro, già quasi ben chiaro nella mente del cantautore toscano, ma l'aspetto testuale, perché grazie ai suoi consigli e alle sue indicazioni, Motta riuscì a trovare nelle sue canzoni le parole perfette per questa sua nuova carriera musicale cantautoriale. Ad esempio, come Motta stesso ha raccontato in un'intervista all'Internazionale, fu grazie ad un piccolo consiglio di Sinigallia che la prima strofa del brano "La Fine Dei Vent'anni" è diventata l'incipit perfetto di una delle canzoni più memorabili dell'intero repertorio del cantautore toscano; nelle intenzioni di Motta, infatti, questo meraviglioso brano doveva iniziare con "c'è un sole perfetto / ma io voglio la luna", che fu poi trasformato sotto consiglio di Sinigallia in "c'è un sole perfetto / ma lei vuole la luna", portando così alla scrittura di un incipit che fin dal primo ascolto riesce a far immedesimare ed emozionare l'ascoltatore.
Oltre a Sinigallia, in quest'opera prima di Motta suonarono anche altri artisti molto importanti come la leggenda Giorgio Canali, il batterista dei Bud Spencer Blues Explosion, Cesare Petulicchio e il cantante dei Pan del Diavolo, Alessandro Aloisi. Questo disco, fin da subito, ottenne un ottimo successo sia di pubblico, che di critica e portò Motta a ricevere diversi riconoscimenti prestigiosi, come la Targa Tenco 2016 alla Miglior opera prima e il Premio MEI, Meeting Etichette Indipendenti, 2016, come miglior artista indipendente italiano. La copertina di questo lavoro presenta una fotografia in bianco e nero, realizzata da Claudia Pajewski, del volto di Motta, come se l'artista volesse far capire fin dalla cover che in questo lavoro avrebbe cantato direttamente e senza alcun filtro le sue fragilità, le sue idee e le sue esperienze personali e di vita.
Lato A
Il disco si apre con la prima perla di questo album "Del Tempo Che Passa La Felicità", brano caratterizzato, come anche altri pezzi di Motta, da un incessante ritmo in crescendo che esplode prima di ogni ritornello. Questo è uno dei primi brani che Motta scrisse per quest'album e perciò rappresenta al meglio quel momento di passaggio nel percorso musicale di Motta, da un prima, la sua carriera con i Criminal Jokers, ad un dopo, la sua nuova strada come solista; analizzando il testo, questa canzone sembra che parli di come Motta non si sia abbandonato alla magia della noia, ossia non si sia accontentato, ma si sia rimboccato le maniche, abbia svuotato quei cassetti pieni di versi, per realizzare nuove canzoni in cui esprimere un nuovo sé, più maturo e meno arrabbiato rispetto a quello dei Criminal Jokers. Una curiosità, la chitarra venne registrata nel 2013 in un trullo a Noci, nel barese, però, mentre Motta stava registrando, la sua ragazza dell'epoca stava lavando i piatti, e quindi, in sottofondo, si sente un rumore di piatti, il quale non venne tolto da Motta.
La seconda traccia di questa facciata è la title track, nonché capolavoro, "La Fine Dei Vent'anni", la canzone simbolo di questo lavoro e della nuova maturità di Motta, scritta dal cantautore mentre si trovava nella casa dei suoi genitori a Livorno. Questo brano racconta e descrive, tramite l'utilizzo di continue metafore, sia un rapporto d'amicizia, che uno dei periodo più difficili ed importanti che ogni individuo attraverserà nel corso della sua vita, ossia quella fase di passaggio tra l'adolescenza e l'età adulta, qui simboleggiata dai trent'anni, in cui nonostante si abbia ancora un'incredibile voglia di vivere, spesso si rinuncia ad essa perché si vuole vivere tranquilli e si è stanchi di combattere per tutto o tutti. Durante questo momento di passaggio, ogni persona capisce e si rende conto di non essere più un adolescente, ma di essere cresciuta, di essere maturata e di aver oramai intrapreso un percorso dal quale difficilmente potrà tornare indietro, un percorso che potrebbe, ahimè spesso, essere completamente diverso rispetto a ciò che ci si immaginava quando si era adolescenti e immaturi.
"C'è un sole perfetto Ma lei vuole la luna Di alzarmi non ho voglia Oggi non combatto con nessuno" (da "La Fine Dei Vent'anni")
Il terzo brano di questo lato è "Prima O Poi Ci Passerà", uno dei brani, secondo lo stesso Motta, più riusciti dell'intero disco e che io considero una vera e propria gemma quasi nascosta. Questo brano, caratterizzato da una batteria vicina a quella delle marce militari e da un giro di basso incalzante, parla di quel senso di paura di invecchiare che si prova quando si è giovani, una sensazione che, prima o poi, ognuno proverà nel corso della propria vita, ma che, come dice Motta, prima o poi passerà; infatti, anche mentre si invecchia si può comunque vivere una vita meravigliosa e fantastica, poiché, alla fine, l'importante è non farsi frenare dalle proprie stanchezze, dalle difficoltà o dai propri timori, ma cercare di vivere fino in fondo la propria vita.
"La luna che ci insegue In fondo alla salita Costruiamoci una casa Prima o poi ci passerà" (da "Prima O Poi CI Passerà")
La penultima traccia di questa facciata è "Sei Bella Davvero", canzone d'amore scritta a quattro mani da Motta e Sinigallia e dedicato ad un transessuale. In questo brano, che sembra raccontare un dialogo tra un transgender e un'altra persona, viene evidenziato sia il coraggio del trans, il quale non si nasconde, sceglie di seguire la propria natura e non ha paura di mostrarsi per ciò che è, che il romanticismo dell'altra persona con cui sta parlando, la quale squarcia il velo dei pregiudizi della società e riesce a vedere la vera bellezza del trans, una bellezza sottolineata ed enfatizzata dal davvero che la rende più vera, naturale e sincera.
L'ultimo brano di questo lato è la psichedelica, rockeggiante, caotica e magnifica "Roma Stasera", brano dedicato a Roma, a tutti i suoi mille pregi e difetti. Questa canzone, la prima scritta da Motta con Sinigallia, da un punto di vista sonoro fu influenzata sia dal lavoro di Motta come produttore di colonne sonore, infatti il giro di chitarra è molto simile a quello presente in una delle musiche che il cantautore toscano realizzò per il film "Dollhouse" del 2014, che dalla musica africana, in particolar modo da quella del gruppo maliano dei Tinariwen, il quale folgorò Motta dopo che li ebbe visti dal vivo. La bellezza di questo brano si coglie soprattutto durante le sue esibizioni dal vivo, poiché nel corso di esse Motta si scatena ai tamburi e allunga il pezzo anche di diversi minuti, ma ciò non pesa, perché lo fa con un carisma e una forza così trascinanti da ipnotizzare lo spettatore.
Lato B
La prima traccia di questo lato è "Mio Padre Era Un Comunista", il brano più intimo dell'intero brano in cui Motta mette a nudo le sue fragilità mostrando tutto l'amore e l'affetto che prova per la sua famiglia. Questo è un pezzo particolare perché spesso i musicisti, quando parlano della propria famiglia, ne parlano sempre con toni conflittuali, di amore e odio, mentre in questo caso il cantautore toscano ci fa capire, evocando i suoi ricordi d'infanzia, quanto sia stata importante nella sua vita la presenza della sua famiglia e l'amore che ha ricevuto da essa.
"Dice che l'amicizia e la rivolta Sono vere Solo per chi ha paura E rimane" (da "Mio Padre Era Un Comunista")
Questa facciata prosegue con "Prenditi Quello Che Vuoi", il brano più particolare del disco, poiché in esso viene a galla tutta l'influenza che i Tinariwen e la cultura musicale africana, hanno avuto su Motta. Oltre che da un punto di vista sonoro, quest'influenza si sente anche nel testo, il quale è composto da un'unica frase ripetuta in maniera assidua, come se fosse un mantra dal forte valore spirituale, nel quale, ogni ascoltatore può captare, capire o cogliere significati diversi a seconda della propria esperienza personale ed emotività.
"Prenditi quello che vuoi Prenditi quello che vuoi Prenditi quello che vuoi Poi lo dimenticherai (da "Prenditi Quello Che Vuoi")
Il terzo brano di questo lato è "Se Continuiamo A Correre", pezzo in cui Motta duetta con il cantante dei Pan del Diavolo, Alessandro Aloisi. Da un punto di vista sonoro questa canzone, cantata con un timbro di voce molto aggressivo da entrambi gli interpreti, sembra quasi una continuazione di "Roma Stasera", anche se non c'è un vero collante testuale tra i due pezzi, se non quello di una sorta di mantra sonoro che pervade l'atmosfera di ambedue le canzoni e che fa venire una voglia matta di scatenarsi in un ballo sfrenato.
"Gli occhi sono sale Che riportano al presente Quello che ho sbagliato Non è servito a niente" (da "Se Continuiamo A Correre")
La penultima canzone di questo facciata è "Una Maternità", brano dalle sonorità cupe e malinconiche, ma che presenta un testo pervaso da un fortissimo senso di speranza. Questo pezzo parla di tutti quei fondamentali cambiamenti di prospettiva, in tal caso immedesimati nell'attesa della nascita di un figlio, emozione non ancora sperimentata da Motta; la maternità è uno degli eventi che ha la capacità di cambiare completamente la vita e la visione di ogni persona, ma, allo stesso tempo, essa ha anche la forza di trasmettere un fortissimo senso di speranza e nuova linfa vitale sia alla madre, che al padre in attesa, perché, come già visto nel primo brano del lato B, i legami familiari segnano la profondo la vita sia dei figli, che dei genitori.
"Distruggere tutto Per il gusto di farlo Cambiare finestra, cambiare nemici Per un nuovo risveglio" (da "Una Maternità")
La traccia conclusiva del lato B e quindi del disco è la stupenda "Abbiamo Vinto Un'Altra Guerra", brano dominato da un suono sporco di chitarra, in cui Motta parla di una relazione che nonostante tutti i problemi sia interni, che esterni, cioè indipendenti dai due interpreti, riesce ad andare avanti e a durare nel tempo. Questa canzone a me ha colpito soprattutto per le due strofe "fragile è una colpa / è una ferita aperta", perché nella malata società moderna l'essere fragili o avere delle fragilità, soprattutto se si è uomini, è visto come una colpa, un non essere capace di affrontare certe situazioni; questa visione che, ahimè, ha anche influenzato il mio modo di comportarmi, è del tutto sbagliata, in realtà, l'essere fragili non dovrebbe essere visto come una colpa, perché le fragilità che ognuno di noi prova, derivano da momenti o ferite personali che fanno parte del proprio cammino e quindi, invece di reprimerle e nasconderle, dovremmo, a volte, avere il coraggio di dare sfogo a queste fragilità, insicurezze sia per sentirsi meglio con noi stessi, che per mostrarci agli altri per come siamo realmente.
"Ti ricordi quelle mani Che poi finivano sul letto E quando i denti si stringevano Tu mi dicevi: "Abbiamo perso"?" (da "Abbiamo Vinto Un'Altra Guerra")
"La Fine Dei Vent'anni" è stato pubblicato sia in formato vinilico, che in cd, nel marzo del 2016 e la prima edizione in vinile, quella in mio possesso, è un'edizione limitata in vinile bianco di 500 copie numerate a mano, sulla quale non è presente nessun riferimento all'etichetta Sugar, la quale iniziò ad apparire, insieme alla Woodworm Label, solo nelle ristampe successive. In seguito, per via del successo riscontrato e dell'elevata richiesta da parte del pubblico, il disco è stato ristampato in vinile sia in formato nero, limitato e numerato, che in formato bianco marmorizzato o cristallo trasparente, limitato e numerato; recentemente, nel 2021, in occasione dell'uscita del terzo disco di Motta, "Semplice" e del quinto anniversario di questo disco, il vinile della "La Fine Dei Vent'Anni" è stato ristampato in un'edizione nera e non limitata.
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