top of page

"Mappa di ogni corpo", l'album d'esordio di Tancredi Bin è "un processo contemplativo per indagare la verità sull'anima e sul corpo" - Intervista

Dopo essersi fatto un nome come batterista metal nella scena underground bolognese e non solo, lo scorso 18 ottobre Tancredi Bin ha pubblicato "Mappa di ogni corpo", il suo album d'esordio come solista. Con questo lavoro il cantautore si allontana dalle sue precedenti esperienze musicali, mostrando al pubblico e alla critica la sua profonda, filosofica identità artistica.


Anticipato dai singoli "All'apice", "Muta" e "Il pensiero come scoria" e dall'esibizione dal vivo del 25 maggio sul palco del Mi Ami, "Mappa di ogni corpo" è più che un semplice disco, è un viaggio composto da 11 tracce che indagano i fremiti e le palpitazioni che scuotono la nostra esistenza ed il nostro io.



In occasione di questa pubblicazione, ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Tancredi Bin e di parlare con lui della genesi di "Mappa di ogni corpo", della sua visione della musica e di alcune curiosità legate a qualche canzone di questo interessantissimo album d'esordio.


 

Ciao Tancredi, benvenuto su IndieVision, come stai? Come ti senti ora che è finalmente uscito "Mappa di ogni corpo", il tuo primo album da solista?

Ciao! Sto benone, direi decisamente felice! Ora che è uscito questo primo disco sento più che altro una serena curiosità riguardo a quale sarà la risposta. Non tanto a livello di numeri, quanto di sensazione provate da chi trova il tempo di ascoltarlo.


Più che un semplice album, questa tua opera prima è, cito testualmente: "un processo contemplativo per indagare la verità sull’anima e sul corpo" che "nasce dai limiti materiali che avevo e che ho ancora". Quali sono stati i principali "limiti materiali" che ti hanno spronato a realizzare questo disco?

Per limiti materiali si intende proprio i mezzi e le capacità che avevo a disposizione per lavorare a questi brani. Ho scritto davvero tanta musica negli anni, sempre pensando di non essere però in grado di realizzarla concretamente perché, fino a pochi anni fa, sapevo davvero suonare solo la batteria. Questo significava coinvolgere altre persone e, visto che ho sempre avuto le idee molto chiare, riuscire a convincerle a suonare e cantare esattamente quello che avevo in testa. Insomma, una cosa troppo dispersiva e faticosa. Così, più o meno nel 2018, ho deciso che se avessi voluto effettivamente fare qualcosa, avrei dovuto farlo prevalentemente da solo. Da allora è partito un lungo processo di crescita e di ricerca, anche angoscioso a dir la verità, perché gli anni passavano e non mi sentivo mai pronto. A un certo punto ho deciso che avrei semplicemente scritto un album le cui demo potessero essere precise abbastanza da rendere quella, che secondo me, era l’idea, ma interamente realizzabili da me nella mia stanza. Ho finito per lavorarci troppo a queste demo, e così il 99% di quelle tracce audio sono diventate il disco.


Più che un semplice disco "Mappa di ogni corpo", è il frutto di una tua visione filosofica in cui sostieni che "l'anima sia il corpo stesso, mentre il pensiero, che viene dopo, sia solo un prodotto di scarto, una secrezione quasi organica che segue le attività dell'anima". Volevo chiederti, com'è nata e da dov'è scaturita questa tua concezione dell'uguaglianza tra anima e corpo?

Le parole, durante la scrittura del disco, sono venute fuori in modo molto spontaneo. Inizialmente non c'era davvero la volontà di creare una narrativa testuale unica, ma soltanto un'organicità musicale. Quando avevo già scritto e registrato le demo di 5 o 6 dei brani però, mi sono accorto di star parlando di qualcosa. Ora, l'idea che anima e corpo coincidano, è una conclusione che si trae in "Il pensiero come scoria", che è verso la fine del disco, alla luce di quanto avviene nelle tracce precedenti. Questo nasce probabilmente dall'essermi reso conto di star parlando, nelle altre canzoni, di certe sensazioni pre-pensiero, che sono poi le sensazioni alla base del mistero. Però devo dire che questa idea di sovrapposizione di anima e corpo è soltanto una delle conclusioni che si traggono. Penso che il grosso del disco sia il processo di scoperta che si svolge lungo le tracce, il guardarsi da fuori e il riconoscersi in quanto "esistenti".


Da un punto di vista musicale, "Mappa di ogni corpo", è un disco organico dalle sfumature alternative rock, psichedeliche e lo-fi dove, sinceramente, ho sentito in alcuni pezzi anche un eco del periodo sperimentale del Franco Battiato degli anni '70. Quali dischi o artisti ascoltavi o ti hanno influenzato durante le sessioni di registrazione di questa tua opera prima?

Devo dire che non ci sono stati particolari dischi o artisti di riferimento. In generale, apprezzo molto quanto un'opera, non soltanto musicale, è poco derivativa di una o più specifiche estetiche. Ascolto una buona quantità di musica, anche molto diversa, e penso che un po' tutto venga assorbito. Per dare un'idea di ciò, rispondendo in parte anche alla domanda, devo dire che per un lungo periodo, sia precedente che in parte sovrapposto alla scrittura del disco, ho ascoltato molto due cose davvero diverse: i Kayo Dot, e in generale la musica di Toby Driver, e gli ultimi 5, sottovalutatissimi dischi di Battisti (i cosiddetti "Bianchi"). I testi di Pasquale Panella di questi 5 dischi, posso dirlo con certezza, hanno cambiato molto il mio modo di pensare ai testi (e non solo).



Per quello che riguarda i testi, essi sono legati alla quotidianità più tangibile e, in molte occasioni, ti sei ispirato ad avvenimenti tratti dalla tua storia personale ma, rivisti e analizzati, da un'angolazione nuova. Volevo chiederti, qual è stata la scintilla che ti ha spinto ad analizzare gli avvenimenti del tuo passato da un'angolazione nuova?

I testi evidentemente sono usciti in questo modo per combaciare bene con le atmosfere dei brani. In questo senso, più che a specifici eventi, credo di essermi concentrato su determinate sensazioni che ho provato nella mia vita. Il filo rosso tra queste sensazioni credo fosse l'aura di mistero che le circondava e la volontà di riviverle ed esplorarle, meditarci sopra.


I singoli che hanno anticipato l'uscita di "Mappa di ogni corpo" sono stati: "All'apice", "Muta" e "Il pensiero come scoria". Come mai hai scelto di pubblicare come singoli questi tre brani? Se dovessi descriverli usando solo tre parole, quali sarebbero?

"All'apice" e "Il pensiero come scoria" sono forse gli unici due brani la cui struttura si avvicina alla "canzone". Sono due brani che stanno bene in piedi da soli anche fuori dal contesto del disco, pur mantenendone molti degli elementi caratteristici. "Muta" è decisamente più particolare come brano e penso fosse giusto, in almeno uno dei singoli, presentare il lato più sperimentale del disco.

Allora, se dovessi descriverli usando una parola per ogni brano ti direi, "All'apice" è Verticale, "Muta" è Tattile, "Il pensiero come scoria" è Fluida. Mentre, se dovessi utilizzare tre parole per descriverli tutti e tre, ti direi: Contemplativi, Articolati, Luminosi.


In alcuni brani, come "Nei polmoni", "La mia testa è un buco nero" e "Tutto in oro", le parole lasciano spazio alla musica, portando così alla creazione di brani strumentali caratterizzati da atmosfere che lasciano senza parole. Per la tua poetica e la tua idea di musica, quant'è importante lasciar parlare, nelle canzoni, solo gli strumenti?

La voce è uno strumento, e uno anche molto potente, il migliore a capacità di catalizzare l'attenzione. Il rapporto tra voce e musica è totalmente un gioco di spazi, di come gestire l'ampiezza dell'inquadratura e di dove indirizzare l'attenzione dell'ascoltatore. Spesso, in questo disco, la voce non è protagonista perché viene data molta importanza al far vagare l'attenzione attraverso i diversi paesaggi sonori strumentali, per permettere di esplorare. Ogni tanto la voce torna e vuole essere ascoltata, quindi parla da vicino.


Il mio pezzo preferito dell'intero disco è "In profonda contemplazione", penultimo brano del disco. Volevo chiederti, com'è nata questa canzone?

Sono molto contento che ti piaccia! Non è immediatissimo, ma è sicuramente tra i miei preferiti. L'album è stato scritto fin da subito concependolo come opera unica; quindi, le diverse canzoni venivano scritte molto contestualmente alla loro posizione nel disco e "In profonda contemplazione" è stata scritta per essere essenzialmente il brano che lo chiude ("Tutto in oro" è un po' un outro dell'outro). In questo senso, sapevo che sarebbe stato un brano abbastanza lungo e ho deciso di concedergli tutto il tempo di cui aveva bisogno. Ho lavorato a lungo su quello che io considero l'intro, ma che in realtà occupa metà della canzone, cercando di costruire un paesaggio sonoro che contemporaneamente richiamasse e invitasse alla contemplazione. La naturale evoluzione di questo passaggio era di lasciare l'ascoltatore a tu per tu con la voce per le ultime frasi del disco.


Dopo averti visto calcare il palco del Mi Ami Festival 2024, avremo l’occasione di poterti veder suonare dal vivo "Mappa di ogni corpo"?

Sicuramente! Credo soprattutto con l'anno nuovo.


Grazie dell'intervista e soprattutto dell'attenzione!



Comentarios


bottom of page