Come fosse un cantautore già navigato, Meda169 dimostra una certa propensione alla scrittura dei testi, riuscendo a creare un universo nostalgico e riflessivo, all'interno dei propri pezzi. E lo fa con sincerità, mostrando la voglia di emergere, ma allo stesso tempo, l'insicurezza propria di chi si sente sempre l'ultimo arrivato. Durante l'intervista abbiamo parlato anche di questo, perchè è difficile sentirsi sempre al massimo delle proprie possibilità, ed a volte ci sentiamo inadatti, quasi di troppo.
"Molte volte mi rendo conto di far schifo, di non essere all’altezza di quello che vivo, come fossi in difetto rispetto al mondo, che va avanti, mentre io rimango indietro".
Nonostante questi sentimenti arrivino spesso a bussare alla nostra porta, Nicola ci ricorda che spesso è ok anche "mascherare" le insicurezze, e cercare di far emergere chi siamo e quali obiettivi vogliamo raggiungere. Proprio come il giovane cantante pugliese, che durante una stagione estiva passata come cuoco, desiderava con tutto se stesso trasferirsi a Roma e studiare musica. Detto, fatto.
La partecipazione ad "Area Sanremo" e gli oltre 80.000 ascolti per "I respiri tuoi", suo singolo preferito, non sono una casualità per chi decide di combattere le insicurezze con attitudine e duro lavoro. E da neanche un mese è fuori con la sua "Alice", un dialogo "a cielo aperto" in cui c'è una citazione interessante che strizza l'occhio al suo gruppo preferito. E se tutti avete pensato che "Alice" sia una canzone dedicata ad un amore impossibile, andate a leggere l'intervista, rimarrete sorpresi!
Come nasce il tuo nome? E come mai hai inserito il numero 169?
Degli amici mi hanno proposto di chiamarmi con il nome della mia prima casa a Roma. Abitavo in Via Filippo Meda 169. Il significato di questo nome, rimanda ad un concetto di luogo sicuro, un posto dove sentirmi a casa. E poi, ovviamente, per dare un’identità al Nicola solista, visto che prima facevo parte di una cover band dei Green Day.
Come nasce la tua passione per la musica?
Come ti dicevo, inizialmente facevo parte di una cover band dei Green Day, per la necessità di sentirmi parte di un gruppo. Tra l’altro, suonavo la chitarra, non avevo ancora pensato di cantare. Poi, dopo la fine di questo periodo con la band, ho iniziato a scrivere per me stesso, e a cantare.
Qual è stato il momento esatto in cui hai capito che avresti voluto vivere di musica?
C’è stato un momento, soprattutto quando facevo il cuoco a Cattolica. In quel periodo avevo già la musica in testa, e mi dissi “Appena finisco di lavorare in questa stagione, voglio trasferirmi a Roma e studiare musica”. Era la fine dell’estate del 2018.
Qual è il brano a cui sei più legato?
Sicuramente “I respiri tuoi”, uno dei primi brani che ho scritto in cameretta. Lo considero il mio cavallo di battaglia. Questo brano l’ho scritto immaginandomi la storia di una fantomatica relazione con una ragazza, che in quel momento non c’era. Mi sono detto: “Se dovessi avere una relazione, vorrei fosse così!”
Di cosa parla “La stella polare”, e hai qualcuno che per te è proprio come una stella polare, con cui sai di poterti confidare?
Fortunatamente ho tante persone di cui posso fidarmi, che potrei chiamare in qualsiasi momento. Ma la prima persona che mi viene in mente è sicuramente mia madre. Sono sicuro che potrei chiamarla per qualsiasi motivo, a cominciare dal chiederle come si toglie una macchia da un pantalone. Non abbiamo un rapporto dove ci dimostriamo affetto in ogni secondo, ma ci vogliamo tanto bene, e abbiamo i nostri modi per sentirci vicini. Nonostante questo, “La stella polare” ha un significato più ampio. Sono convinto che, in qualsiasi cosa si faccia, bisogna avere sempre un punto di riferimento nella vita. Io, per esempio, nell’ambito musicale ho dei punti di riferimento a cui mi ispiro, allo stesso modo, credo che ognuno debba averne per le cose a cui tiene.
“La stella polare” è un singolo molto importante per te. Uscito nel 2019, ti ha permesso di arrivare in finale ad “Area Sanremo”. Che esperienza è stata?
Sanremo è una bellissima città, solo camminando si sente che lì è passata la vera musica, è un’atmosfera fantastica. Quell’esperienza mi ha permesso di conoscere tante persone e di crescere come artista.
In “La stella polare” dici: “A scuola, sai, facevo schifo. Ma andavo avanti anche per paura di restare indietro “. Provi ancora questa paura di rimanere indietro, e sei riuscito a capire il perché?
Molte volte mi rendo conto di far schifo, di non essere all’altezza di quello che vivo, come fossi in difetto rispetto al mondo, che va avanti, mentre io rimango indietro. Alcune volte, se non ho la prova di qualsiasi cosa, mi sento come un perdente. Poi, con il tempo ho imparato a nascondere queste mie insicurezze, perché da una parte, invece, ho voglia di emergere e di far conoscere la mia musica, ci tengo molto.
A chi ti ispiri nella tua musica?
Devo dire che i miei genitori non mi hanno fatto ascoltare tantissima musica da piccolo, quindi non posso dirti che sono cresciuto con un determinato artista grazie a mia madre ecc. Ho cercato di scoprire la bella musica da solo, e mi sono innamorato di Fabrizio De Andrè, e in generale del cantautorato italiano.
Il tuo primo EP si chiama “Scanzonato, Romantico, Pop”, che è stato frutto di un Crowdfunding, ci parli di questo progetto?
Avevo dei brani pronti, scritti durante il Lockdown. Conoscevo già Andrea, il mio attuale produttore, e avevo idea dei costi di produzione di un album. Solo che non avevo molti soldi, perciò ho pensato di iscrivermi ad un sito che dava la possibilità di fare un album attraverso un crowdfunding. Fortunatamente c’è stata una bella partecipazione, sia da familiari e amici, sia da persone che non conoscevo. E con quei soldi sono riuscito a produrre l’album e a pubblicizzarlo!
Il singolo più forte di questo EP, con più di 80.000 ascolti, è sicuramente “I respiri Tuoi”, che tra l’altro è anche il tuo singolo preferito. Di cosa parla?
Come ti dicevo, è il brano al quale sono più legato soprattutto perché quando lo canto dal vivo riesco a creare un collegamento tra me e il pubblico. Ed è un collegamento che nasce anche con chi non conosce la canzone, attraverso il battito delle mani, il ritornello facile da imparare sul momento. Tutti questi ingredienti lo rendono un pezzo molto coinvolgente. “I respiri tuoi” la canto sempre per ultima, perché credo che la canzone che una persona si ricordi dopo un concerto, a livello di intensità, sia sempre l’ultima. Paradossalmente, puoi permetterti di andare sottotono durante tutto il concerto, ma se l’ultima canzone la fai bene, comunque in molti ricorderanno quell’emozione.
Il tuo ultimo singolo è “Alice”, è uscito venerdì 26 maggio, ed è molto personale. Chi è per te Alice?
“Alice” l’ho scritta durante il secondo Lockdown, mentre ero sul terrazzo di casa mia, in Puglia. Nessuno sa questa cosa, ma “Alice” è nata grazie alla reference di un’anime giapponese, “Attack on titan”. La frase in cui dico che Alice non ha mai visto il mare, mi è venuta in mente pensando proprio a quell’anime, dove c’è una scena in cui un personaggio, Armin, dice di non aver mai visto il mare. Ho aggiunto questo collegamento perché “Attack on titan” è il mio anime preferito. Tra l’altro, questo brano non è collegato ad una ragazza, ma è molto autobiografico. “Alice” rappresenta me stesso, ma anche qualsiasi altra persona che l’ascolta. Alice può essere chiunque di noi.
Questo è uno dei singoli in cui emerge maggiormente la tua parte cantautoriale, sembra quasi un pezzo fatto dai grandi cantautori del passato, riadattato al 2023. Ti sei ispirato anche a quel mondo lì, o è venuto spontaneo?
No, non l’ho scritta pensando a De Andrè. È successo tutto in maniera casuale, una sera ero sul terrazzo della mia casa in Puglia, stavo guardando il cielo, e da lì è nata l’idea. Volevo raccontare una storia, e spero di esserci riuscito.
All’interno di questo singolo hai inserito una citazione a “Irene”, uno dei singoli più famosi dei Pinguini Tattici Nucleari: “Ma promettimi, che quando ti sentirai sconfitta, andrai in soffitta ad ascoltare i vinili che ho barattato per te”. Com’è nata l’idea? Cosa ti piace della scrittura di Riccardo Zanotti, in cui magari ti ritrovi anche tu?
Mi piace pensare ad “Alice” come una continuazione di “Irene”. I Pinguini Tattici Nucleari sono tra i miei artisti preferiti. Amo il modo di scrivere di Riccardo, che riesce ad inserire tanti riferimenti nei suoi testi, non risultando mai forzato. Fa tutto in maniera naturale, ed è fonte di grande ispirazione per me. Ho ascoltato questa canzone nel 2015, fu una delle prime canzoni inserita nelle Playlist di Spotify, in un momento in cui questa piattaforma stava nascendo. Da lì, ho voluto inserire questo riferimento.
Nuovi progetti?
Per adesso sto scrivendo, ma non so ancora cosa uscirà. Vediamo come andrà. Il mio sogno è far uscire un album completo, con qualche featuring magari, stavolta senza crowdfunding!
Dove potremo venirti ad ascoltare quest'estate?
Il 30 luglio suonerò al Tag, un locale di Trastevere, in apertura a LePrimo, due ragazze che fanno parte del mio stesso ufficio stampa, "Storie nel mondo". E poi usciranno altre date, ma per adesso non spoileriamo.
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