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Giallo: dalla frenesia di Milano alla libertà creativa nel nuovo singolo "Testa di casse" - Intervista

In un panorama musicale in continua evoluzione, Giallo, al secolo Giacomo Pisanello, si fa strada con il suo nuovo singolo "Testa di casse", un brano che incarna il grido di ribellione di chi vive nella frenesia metropolitana di Milano. La canzone, che unisce rock, dance e rap, è un mix esplosivo di sonorità che invita a fermarsi e riflettere, senza mai prendersi troppo sul serio.



“Oggi ho fatto pace con Milano tanto da farmela anche piacere, coi miei ritmi” dice Giallo, sottolineando come la frenesia della città possa essere accettata solo ritrovando la propria dimensione. Ed è proprio in questo caos che l'artista trova così la sua voce e il suo spazio, creando un sound che racconta storie di crescita, accettazione e libertà personale.


 

Ciao Giallo e benvenuto su IndieVision! Il tuo ultimo singolo "Testa di casse" sembra essere il grido di ribellione di chi vive e sopravvive nella frenesia di una città come Milano. Qual è stato il momento preciso in cui hai sentito il bisogno di fermarti e scrivere questo pezzo?

Ciao! Questo è stato il mio primo pezzo che ho scritto a Milano, un paio di mesi dopo essermi trasferito. Capire i miei ritmi e le mie necessità è stato sicuramente difficile qui, e all’inizio mi sentivo quasi in colpa a non essere sempre “sul pezzo” e a non correre abbastanza. Devo dire che a distanza di due anni le cose sono cambiate, oggi ho fatto pace con Milano tanto da volerci rimanere a vivere e da farmela anche piacere, coi miei ritmi, le mie persone accanto e tanta voglia di fare ma sempre propositivo.


L'ironia è un elemento importante in "Testa di casse", e sembra che inviti a non prendersi troppo sul serio. Quanto è importante per te, nella vita e nella musica, trovare un equilibrio tra impegno e leggerezza?

Adoro sdrammatizzare, esorcizzare il malessere ballandoci sopra, con improbabili giochi di parole annessi, ma sempre imparando qualcosa. Adoro le opere pop, che siano film, libri o canzoni, quando hanno più livelli di lettura, da quello più superficiale che arriva subito a tutti, a quello più profondo e impegnato, che arriva a quei pochi che hanno voglia di approfondire, di leggere tra le righe e di ascoltare tra un colpo di kick e l’altro.


Milano e Lecce sono due poli molto diversi: una città frenetica e una più legata alle tradizioni. Come convivono queste due anime nella tua musica e nel tuo modo di vivere l’arte?

Di Lecce adoro il rapporto che ho con la natura, con l’architettura, con quello che ho intorno ma solo a Milano paradossalmente mi sento socialmente accettato, mi sento libero al 100% di essere me stesso. Nella mia musica questa cosa traspare facilmente: in # FFB427, il mio primo album, scritto e prodotto a Lecce, affronto proprio la sensazione di sentirmi sbagliato, inadeguato, non abbastanza. Nel nuovo romanzo che ho iniziato a raccontare da gennaio, dall’uscita di Effetto Mentos in poi, c’è invece una crescita sociale, l’accettare me stesso e iniziare a rapportarmi genuinamente con chi mi circonda.


Hai già pubblicato diversi singoli quest'anno. C’è un filo conduttore che unisce queste tracce o ognuna di esse è una sorta di frammento isolato del tuo percorso artistico?

Il progetto Giallo coincide perfettamente con la narrazione della vita di Giacomo, che assume consapevolezze e si rapporta con chi ha intorno. Non può quindi non esserci un filo conduttore, che tra l’altro è ulteriormente rafforzato dalle sonorità: per quanto ami spaziare tanto nelle mie produzioni, in ogni periodo artistico ho delle influenze ben radicate che emergono chiaramente in quello che produco.


Hai un background musicale variegato, dal pianoforte al clarinetto fino al canto e alla produzione. Come queste diverse esperienze ti hanno plasmato come artista e quale strumento o aspetto della musica consideri più rappresentativo di te?

Suono praticamente da quando sono nato, avevo quattro anni quando ho messo per la prima volta le mani su un pianoforte. Tuttavia il momento in cui ho iniziato a capire che nella vita volevo fare musica è stato con la mia prima band, subito dopo le superiori, quando ho scritto le mie prime canzoni (ai tempi ancora in inglese) e sono andato in studio con gli altri a registrarle. Lì ho capito quanto mi piacesse e non potessi fare a meno di scrivere canzoni, produrle e suonarle.


Guardando al futuro, c'è un genere o una direzione musicale che vorresti esplorare e che non hai ancora avuto modo di approfondire?

Si, ho voglia di suonare ancora di più. Attualmente una buona parte delle mie produzioni sono suonate e registrate da me, altre sono prodotte e scritte al computer. Mi piacerebbe che ogni singola traccia di ogni singolo brano sia stata suonata da una persona, che sia io o un qualche altro musicista, che ogni singolo dettaglio di ogni brano abbia una sua vita e che sia riconducibile a un momento di creatività e condivisione che ho vissuto e che ho condiviso con qualcuno, perché mai come ora mi rendo conto di quanto il viaggio sia la cosa più importante.


Per salutarci, se potessi descrivere "Testa di casse" in tre parole, quali sarebbero?

Incassata, cassona, giallissima.




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