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FASK, Hotel Esistenza: "rispetto al nostro primo album la differenza è che ora sappiamo cosa significa fare musica" - Intervista

Con il loro settimo album, "Hotel Esistenza", i Fast Animals and Slow Kids (FASK) ci invitano a percorrere le stanze della loro esperienza musicale e personale degli ultimi tre anni. Pubblicato da Woodworm, il disco rappresenta una sintesi profonda della loro crescita come band e come persone. Dalla gioventù irruenta del primo album "Cavalli" al nuovo equilibrio e alla consapevolezza di oggi, i FASK portano avanti un percorso che esplora cambiamenti e nostalgie, abbracciando una nuova maturità e una nuova identità sonora che negli anni è diventata più pop e levigata.



Dal racconto della loro prima volta in studio alla consapevolezza di essere stati più volte fraintesi, nasce un album che porteranno live nel prossimo "Festa Tour 2024", e di cui ci hanno raccontato la genesi.


 

Hotel Esistenza è il vostro nuovo album, cosa raccontano per voi gli undici brani scelti in questo disco?

Raccontiamo sempre quello che viviamo e cerchiamo di essere il più possibile vicini alle cose che cantiamo. Questo, speriamo, ci permette di dare forza alle canzoni, perché quando risuonano forte in noi, speriamo che vengano percepite con la stessa intensità anche all'esterno. Gli ultimi tre anni della nostra vita li stiamo raccontando in undici canzoni. All’inizio avevamo scritto ben quarantadue brani, e ridurre a undici è stato un lavoro di sottrazione bello tosto.


"Hotel Esistenza" è un luogo di passaggio, con stanze che richiamano fasi e luoghi del vostro vissuto. Quali luoghi hanno influenzato questo disco?

In "Hotel Esistenza" l’immagine dell'hotel rappresenta un luogo di passaggio, con diverse "stanze" che ci ricordano le varie fasi e i luoghi che ci hanno segnato. La A14, ad esempio, evoca le estati in Riviera quando eravamo ragazzini, ma ora la vediamo anche d’inverno, con quel senso di nostalgia e solitudine. Oppure, per "Vita normale", il ricordo è legato a un momento freddo e silenzioso a Torino, e "Dimmi solo se" evoca i monti che ho visto in Patagonia. È così che partiamo dai luoghi per arrivare a pensieri nostri.


La crescita è un tema centrale nell’album, e per voi non è tanto legata all’età quanto alle esperienze vissute. In che modo le diverse fasi della vostra carriera, dai live con l’orchestra al tour europeo on the road, hanno influenzato il vostro modo di percepire e raccontarvi?

Un tema importante dell’album è la crescita, che affrontiamo tramite le canzoni e contemporaneamente le canzoni raccontano la nostra crescita. Negli ultimi progetti live, come quello con l’orchestra, abbiamo trovato stimoli nuovi. Da una parte, un’esperienza "da adulti"; dall’altra, il tour europeo ci ha riportato all'entusiasmo giovanile, un po' da ragazzini che prendono un furgone e vanno a spaccare tutto in giro per l’Europa. La crescita, per noi, non è questione di età ma di tappe personali, di come cambiamo nel tempo anche solo tra un anno e l’altro.


Parlando sempre di crescita, qual è secondo voi la più grande differenza tra il vostro primo album "Cavalli" e questo ultimo appena pubblicato?

Rispetto al nostro primo album, la differenza è che oggi sappiamo davvero cosa significa fare musica, conosciamo il nostro mestiere. Noi siamo arrivati per la prima volta in uno studio di registrazione senza sapere che cosa fosse uno studio. Avevamo zero esperienza, quell'occasione è arrivata per una serie di incastri e fortune. La prima differenza è che ora noi sappiamo fare i musicisti e sappiamo fare musica dal vivo. Possiamo essere umili in tante cose ma quando saliamo sul palco sappiamo cosa stiamo facendo. Anche perchè sennò dopo tanti anni significa che non hai proprio capito un cazzo, suonando da così tanto tempo. In più c'è anche la differenza dell'età. La gioventù ha un istinto unico e grezzo, ma oggi vediamo anche le carenze di quella spinta giovanile che voleva chiudere i pezzi alla svelta. In "Cavalli" ci sono robe matte, ci sono dei passaggi amelodici ed è tutto figlio di una giovinezza irruenta che ci piace tanto ma ci fa sentire alcune carenze che avevano quei brani. Oggi siamo molto più consapevoli e attenti a far maturare ogni brano, senza fretta di chiuderlo.


Qual è il segreto della vostra coesione e quali consigli dareste a chi vuole intraprendere un percorso musicale collettivo duraturo?

Suoniamo insieme da quando avevamo 12 anni, e abbiamo iniziato questo progetto con un approccio molto diverso rispetto alle altre band precedenti che avevamo. Fast Animals and Slow Kids è nata solo per divertirci e goderci la sala prove, senza l’ossessione di "sfondare". Se c’è un consiglio che possiamo dare, è proprio quello di trovare persone con cui si ha una connessione profonda, amici con cui essere trasparenti e con cui condividere anche i momenti difficili. Per noi è proprio un punto di forza, l'aver scelto le persone con cui ci troviamo meglio e non solo quelle più brave. Abbiamo caratteri e interessi molto complementari e c'è un forte equilibrio, questo salva la band in ogni situazione.


C'è un brano in particolare che ha anticipato l'album che si chiama "Festa" ed è particolare perché cela anche un livello di critica sociale. Da dove nasce questo brano?

Questo brano lo abbiamo scritto in una casa di montagna della famiglia di Aimone, giocando con un riff di chitarra dal quale è nato. "Festa" nasce da un’esperienza comune: quante volte ci si trova a una festa, magari senza voglia di starci, ma per dovere o perché ci si aspetta che ci siamo? Soprattutto nel nostro immaginario: il mondo della musica è fatto anche di apparenza, un mondo dove "esserci" è spesso più importante del contenuto stesso. A noi non piace molto questa cosa e la raccontiamo in "Festa" con ironia. Questa se vogliamo è un punto in comune con il nostro primo album "Cavalli". Una cosa di cui siamo rimasti scottati quando uscì il nostro primo album è che quell'album lì era molto ironico. La chiave ironica era stata fraintesa e ci sembrava farci passare come degli scemi in ambito musicale. Sia chiaro, siamo dei cazzoni, ma musicalmente parlando ci impegniamo molto. Quindi prima di ritornare ad essere ironici ci abbiamo messo un po' di tempo. Quindi forse ecco, non c'è così tanta distanza tra il primo e il settimo album pensandoci.



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