Il rock italiano contemporaneo esiste, ce lo dimostrano i torinesi BRX!T che, tutt'altro che falsi e cortesi, rielaborano le sonorità anni '90, in particolare il garage. Il loro album d'esordio, "Vivere di nascosto", fa un quadro generale, crudo e vero delle condizioni precarie delle nuove generazioni che, pur rimanendo nell'ombra, hanno la necessità di alcuni portavoce che raccontino le loro esperienze e le loro sensazioni. Con uno sguardo verso l'interno e un'occhiata verso l'ambiente circostante, tra introspezione e critica, i BRX!T riescono ad intrecciare le loro vite con quelle di chi ascolta i loro brani trasmettendo un senso di collettività estremamente raro.
Ma come ci si sente a fare rock e ad affrontare questi temi in Italia nel 2023? Ce lo racconta direttamente la band che domenica 9 Luglio si esibirà allo spazio211 in occasione del Rockish Festival insieme a tantissimi altri gruppi, tra cui i Punkreas!
Benvenuti su IndieVision! Come si concilia la vita da musicisti con il “Vivere di nascosto”? Suonare è un modo per uscire da questo stato d’animo o è più un modo per raccontarlo?
Ciao, grazie per l’intervista!
Suonare per noi è decisamente un modo per raccontare e manifestare il nostro vero “io”, la valvola di sfogo di ogni stato d’animo da condividere con chiunque voglia ascoltare.
Immaginate Batman o spider-man ma senza i soldi del primo o le grandi responsabilità del secondo, conciliare la vita di chi di giorno fa l’insegnante, l’operaio o l’impiegato e di notte si chiude nel proprio covo a fare musica per se stesso e per gli altri è a modo suo un supereroe e spesso, purtroppo, tendiamo a dare troppo per scontato il suo lavoro e a bistrattarlo.
Com’è essere una rock band in Italia nel 2023? Si trova ancora un pubblico che non “Salta l’intro”?
Essere una rock band in Italia nel 2023 vuol dire essere pronti a scendere a molti compromessi, anche se sicuramente meno rispetto al passato. Come appunto raccontiamo in “Salta l’intro” siamo ormai la generazione del Mordi e Fuggi e, che ci piaccia o no, è ormai parte della nostra natura. Noi stessi tendiamo spesso all’usa e getta immediato, al divorarci una serie su Netflix in un giorno finendo per dimenticarla il giorno successivo, o al consumare un album appena uscito in 4-5 giorni per poi non ascoltarlo più. Eppure ci sono dei momenti in cui prendersi del tempo e distaccarsi dal mondo esterno diventa virale: ascoltarsi un vinile con la luce spenta, leggersi un libro o fumarsi una sigaretta coi propri amici mentre si parla del più e del meno. Queste sono realtà che esistono ancora, anche se magari meno numerose rispetto alla ormai sempre più ordinaria frenesia perenne.
Esiste una vostra “Genova artistica” (riferimento a “Zena”): un periodo storico, un luogo in cui il vostro album troverebbe il suo habitat ideale?
Secondo noi questo periodo storico è perfetto per il nostro album. “Vivere di Nascosto” racconta infatti molto dei nostri giorni e distaccarlo da questa realtà vuol dire fargli perdere molto della sua identità. Poi certo, se ci piacesse il “ti piace vincere facile” allora chiaramente sarebbe stato bello fare uscire quest’album negli anni Novanta, ossia quel periodo di ribellione giovanile in cui gli outsiders hanno dettato le regole del mercato e gruppi come i Nirvana hanno cambiato la storia della musica.
Riflettendoci, però, oggi non siamo così tanto lontani da quegli ideali ed è veramente figo poter essere se stessi ed essere accettati.
“Quella vita non l’ho fatta, la racconti tu “; decontestualizzo un attimo questo verso di “Azulejos” per approfondire la componente generazionale che attraversa alcuni dei vostri testi: pensate che nel panorama artistico attuale ci sia una corretta narrazione di quelle che sono le condizioni della vostra generazione?
Come appunto dicevamo prima, la nostra generazione è la generazione dell’accettazione di sé stessi e, per via di ciò, lo spettro delle personalità si è di gran lunga allargato rispetto al passato, sarebbe quindi difficile eleggere un “portavoce della generazione” come fu per Kurt Cobain trent’anni fa. Per l’appunto, però, essendoci tante voci a cui dar voce, è più facile trovare più personalità di spicco; non uno ma bensì più paladini generazionali che raccontano più realtà.
È purtroppo però vero che manca un po’ quell’aria fresca che si respirava anche solo fino a qualche anno fa e ormai gli artisti giovani tendono ad essere meno rilevanti (parlando di numeri) se paragonati ai mostri sacri del passato, anche se questa è una verità già parzialmente smentita dal fenomeno Måneskin e che speriamo venga smentita ulteriormente in futuro.
Chi è quel “tu” che non è “riuscito a sottostare a tutto questo” in “Resta qui”? È un brano che appare autobiografico, ma sembra raccontare una condizione generale
Proprio l'altro giorno un ragazzo che ha ascoltato la canzone resta qui ci ha chiesto se la storia d'amore di uno dei quattro fosse finita e se la dolce metà fosse scappata dopo un evento. Nulla di tutto questo. Resta qui parla della vita di molte persone che sono costrette a cambiare casa e cambiare luogo di vita per eventi imposti "più grossi e importanti di loro". C'è chi si arrampica sulla montagna più vicina e guarda dall'alto la fine di una storia, c'è chi invece sceglie di scappare e dimenticarsi tutto, senza mai voltarsi indietro
Per salutarci vi chiedo dove e quando potremo sentire “Vivere di nascosto” dal vivo?
Potrete sentire “Vivere di Nascosto” il 29 luglio a Belluno per Reset Festival e da questo autunno in avanti in giro per l’Italia! Per rimanere aggiornati potete seguirci sulle nostre pagine social (@Brxit_). Grazie ancora per l’intervista
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