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Immagine del redattoreEnrica Barbieri

L'Emilia, la pittura e la musica elettronica: Exwyfe ci racconta il suo progetto artistico

EXWYFE è il nome d'arte scelto da Emanuele Ferretti, un artista a tutto tondo nato a Correggio (Reggio Emilia).

Nel 2019 è avvenuto l'incontro con l'etichetta Cane Nero Dischi, che gli ha permesso di pubblicare i suoi brani tra i quali "Skinny Dog", "Microphones" e il recente "Holidays". A breve verrà pubblicato il suo album "Butter", che nasce dalla collaborazione con il produttore Giacomo Carlone, che fa parte anche di altri progetti come Egokid e i Flamingo.

La cultura emiliana e luoghi come Reggio Emilia o Bologna hanno permesso a Emanuele di venire a contatto con un mondo artistico variegato, di scoprire la cultura LGBT e di studiare pittura all'accademia di Bologna.

La sua produzione viene definita come un progetto elettronico made in Italy; possiamo assicurarvi che i suoi pezzi ci hanno colpito sin dal primo ascolto e che conquisteranno anche voi.

In seguito, trovate la chiacchierata che abbiamo fatto con EXWYFE, nella quale abbiamo ripercorso le tappe più importanti della sua vita, le città che hanno segnato la sua formazione e la scoperta, infine, di quello che ci regala la sua musica.

  • Ciao Emanuele e benvenuto su IndieVision! Come domanda iniziale, ti domandiamo di presentarci il tuo progetto musicale EXWYFE. Che cosa vuol dire EXWYFE, visto che immagino che l’accostamento delle lettere non sia casuale? Come l’hai scelto come nome del tuo progetto insieme a Giacomo Carlome? Personalmente, lo leggo come ex wife, e vorrei capire come una ex moglie, una passata relazione possa inserirsi all’interno del vostro percorso.

Diciamo che spesso un nome non nasconde tutta questa grande storia da raccontare. EXWYFE si riferisce proprio all'idea di ex moglie e voleva essere ironico, queer, riferito a me. È nato da uno dei tanti brainstorming fatti con gli amici. Il suono mi piaceva, e poteva incarnare il concetto di un nuovo inizio, qualcosa che segnasse un cambio, un progetto indipendente, slegato da altri musicisti e “mariti” con cui avevo cercato di lavorare in passato (a parte Giacomo Carlone, che ha curato le produzioni e con cui lavoro da tempo). Il nome però, per il concetto che esprime ha anche un lato malinconico, che è un aspetto prepotente nella mia musica, derivato proprio dall' idea di ritrovarsi soli di colpo, con una nuova vita da capire e assemblare. La scelta di scriverlo in quel modo era per renderlo unico, identificativo, personale.

  • Il tuo percorso artistico si sviluppa principalmente in tre città cardine quali, in ordine, Reggio Emilia, Bologna e Milano. Ti chiedo di scegliere tre immagini significative di questi luoghi e di raccontarci quanto siano stati importanti per te, come persona e come artista.

Se penso a Reggio Emilia mi viene in mente un concerto a Cavriago, circa vent'anni fa. Quella sera si esibivano, forse per la prima volta, gli Offlaga Disco Pax ma anche la band in cui cantavo allora, i Mazzy Ay The Phone, che vedeva come componenti due degli attuali Gazebo Penguins. A Reggio seguivamo molto la scena indie del momento ed era un continuo girare per concerti: Julie's haircut, Yuppie Flu, Giardini di Mirò, One dimentional man, erano i vari che ci trovavamo a seguire negli show. L'energia che arrivava da quella scena era molto bella, tutto sembrava suonare diverso anche se i riferimenti erano spesso quelli della musica passata.

Di Bologna ricorderò sempre le feste di Carni scelte, date a cui non si poteva mancare e che richiamavano gente da tutta Italia. Quelle feste erano inni alla libertà d'espressione. C'erano performance, concerti electroclash, dj techno, e la location cambiava sempre pur rimanendo in centri sociali, vecchi magazzini o mattatoi occupati. Ai tempi si andava diffondendo MySpace e ci si conosceva tutti per interessi comuni, ci si incontrava in questi scenari, si scambiavano idee, si collaborava. La città per me significava l'emancipazione dalla provincia, una possibilità per mettermi finalmente in gioco ed essere quello che volevo. Ancora oggi i miei ricordi più belli sono legati a Bologna.

Di Milano faccio fatica a mettere a fuoco una sola immagine, forse perché ne ho troppe. Sono qui da dodici anni e in parte mi sento innamorato di questa città che mi ha sorpreso e ribaltato completamente. È stata per me il luogo del rigore, delle dinamiche spietate, del cinismo, ma anche quello in cui sono maturato e ho ritrovato lo stimolo per concretizzare la mia musica, concependola con molta più consapevolezza. Questo scenario urbano, con i suoi contrasti continui, è lo stimolo su cui mi trovo lavorare costantemente.

  • Le due città emiliane le associo automaticamente a Tondelli e alle sue descrizioni senza tempo, così crude e vere. C’è qualche riferimento letterario e artistico che descrive al meglio il tuo agire e il tuo lavoro?

Tondelli era del mio stesso paese, Correggio. Sono molto affezionato ad alcuni dei suoi libri. Non ho mai letto nessuno descrivere così bene il disagio e gli entusiasmi della vita di provincia. Sicuramente il suo punto di vista mi ha aiutato a cogliere alcuni aspetti della realtà in cui sono cresciuto, situazioni che sono variate nei decenni, ma solo nell'aspetto, non di certo nel contenuto. Per quanto mi riguarda però, non ho mai avuto un vero e proprio riferimento artistico o letterario. Credo che ognuno di noi sia la somma di tante piccole derivazioni, idee colte e reinventate a piacimento, poi ammassate nella forma di una persona. Mi piace mescolare spunti diversissimi andando a cercare il risultato più attuale. L'unica vera sorgente di ogni ispirazione, sia nello scrivere, che nel creare in generale, resta comunque la musica. È solo ascoltando che si creano veri e propri film di immagini nella mia testa. Da lì nasce tutto.

  • Il tuo sound viene definito come un "electro made in Italy". Partendo da tre parole chiave a tua scelta, mi spiegheresti il significato di questa affermazione? Cosa significa fare musica elettronica in Italia al giorno d’oggi? Quali sono i punti di forza e quali quelli di debolezza?

ELETTRONICO, SYNTH, CANTATO sono le tre parole che descrivono perfettamente la mia musica. Tutte vogliono semplicemente rimandare a un modo di comporre che prevede software e un certo tipo di strumentazione, ma dove il cantato fa di tutto per mantenere il concetto di canzone, con strofe, ritornelli, middle 8, un po' alla vecchia maniera. Se mi si chiede di definire il genere di EXWYFE risulta difficile racchiudere tutto in una sola definizione. Sono varie le influenze, dall'hip hop, alla techno, al synth pop, e quasi esclusivamente di origine straniera.

Io sono un esordiente, e il mio progetto è partito proprio all'inizio di quello che ricorderemo sempre come il lockdown. Il più assurdo momento storico degli ultimi decenni. Non so ancora cosa voglia dire essere un musicista in Italia. Non ne ho avuto modo. Sicuramente partire da zero è complicato. So solo che oggi nel nostro paese si tende a dare attenzione più che altro a chi canta in italiano, cosa che per ora non ho scelto di fare. Credo sia un periodo. Ci sono centinaia di progetti made in Italy, e io raramente riesco ad associarmi per un'idea di suono a qualcuno di questi. Forse l'unico che potrei citare è P L Z, un nuovo progetto di amici con produzioni simili alle mie. Questa forma di isolamento può essere una debolezza, perché non aiuta restare soli a portare avanti una presa di posizione. Per me però è anche un punto di forza, se si conta sull'unicità e si spera di fare colpo su chi è alla ricerca di qualcosa di diverso.





  • Come si lega questa arte all’altra arte della musica elettronica?

Fin da bambino ero diviso tra due passioni molto evidenti: il disegno e la musica. In adolescenza sono esploso in una vera e propria forma di eclettismo. Scrivevo, frequentavo corsi di teatro, avevo la mia prima band, e nel frattempo mi appassionavo alla pittura prima che diventasse un'esperienza di studio. Dopo l'accademia di Bologna però ho subito un vero e proprio rigetto per quel tipo di disciplina. Solo recentemente ho ritrovato il bisogno di creare ancora. Pensa che tutto è ripartito dopo un sogno. Ho sognato di guardare dei miei disegni, ed erano tutti ritratti di personaggi assurdi, diversi tra loro, cose che non avevo mai neanche immaginato prima di allora, ma che sentivo mie, le riconoscevo come tali. La mia pagina BEAUTYSUCKSORKILLS è pensata come se fosse una specie di casting di personaggi, tutti con una personalità evidente, variegati, ma con un unico legame, l'idea che la bellezza canonica sia sopravvalutata, che sia molto più speciale cercare il difetto, l'errore, l'assurdità e sfoggiarlo come un vanto, il manifesto di un' identità. Musica e disegno in me hanno spesso denominatori in comune, che sono parte di un mio linguaggio: l'amore per il cupo, per i riferimenti alle mode attuali e per il voler avvicinare l'idea di piacevole a ciò che è antiestetico.


  • Come si inserisce invece il tuo lavoro all’interno del tuo mondo? Possiamo dire che in qualche modo Emanuele cerca di conciliarsi con il suo alter ego EXWYFE?

Il lavoro è sempre il compromesso alla base della vita che si cerca di avere. Vivere d'arte è un privilegio che in pochi hanno, ma dare sfogo ad un impulso creativo aiuta a trovare un altro aspetto al tuo convivere con la realtà. Se immagino un mondo ideale, vorrei che fosse sempre vacanza. Pensa a quanto tempo si potrebbe avere per approfondire ogni forma di espressione, con la mente lucida e rilassata si riscoprirebbero anche i veri sentimenti.

  • Holidays è l’ultimo brano che hai pubblicato. Ci racconti dei tuoi tre brani che hai pubblicato fino ad ora per il progetto EXWYFE?

“Skinny dog”, il primo singolo, è una canzone che gioca molto su ritmiche e synth. Ha un ritornello estremamente pop pur rimanendo un brano, a mio avviso, ricercato. Voleva essere un omaggio alla nuova cultura pop americana, qualcosa che suonasse street ma molto orecchiabile, un po' come il primo The weeknd.

“Microphones” è un pezzo da club, con un cantato molto scuro, più simile a certi riferimenti nord europei che alla musica di oltreoceano. È forse il brano che più si avvicina al mondo techno che tanto sto ascoltando in questo ultimo periodo. Volevamo un brano che avesse dinamiche forti, mantenendo un aspetto molto intimo e notturno.

Mi piace definire “Holidays” come il mio brano da bordo piscina. È il pezzo più solare di quelli che saranno nel disco, e sicuramente uno dei brani più ironici che ho concepito, sempre mantenendo una vena malinconica. Vuole avere un andamento molto accattivante, anche questo di matrice electro pop, un po' alla Hot Chip.

  • I tuoi brani raccontano di relazioni vissute a distanza, del voler desiderare una vita in vacanza, di sentimenti come il pregiudizio e l’indifferenza. Ci sarebbero tre film o tre opere d’arte che associ per similitudine ai tuoi brani?

Posso provare ad associarli per gioco, immaginandoli come parte di una colonna sonora in qualche produzione famosa. “Skinny dog” potrebbe stare nel mood di una serie come “Euphoria”, che a mio avviso trovo una delle più belle viste negli ultimi anni. “Microphones” sarebbe perfetto per una scena da locale alla “Strange days” di Kathryn Bigelow, anche se i film di quel periodo avevano un immaginario più rock. “Holidays” invece lo metterei in una bella scena di “Skam Italia”, perchè è impossibile non affezionarsi a quella serie. Quel pezzo poi parla proprio di una mia storia passata tra Milano e Roma, quindi mi viene facile associarlo a quel contesto.

  • Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo disco “Butter” che uscirà prossimamente. Puoi preannunciarmi qualcosa con tre parole?

Questo disco è concepito come costantemente vario e pieno di direzioni, che prese singolarmente, come dimostrano i tre singoli, possono sembrare davvero tanto diverse, ma messe sotto la stessa cupola convivono in modo perfetto, a livello di suono e di carattere. Sarà un disco che oscillerà costantemente tra tensioni notturne e prese di coscienza sotto la luce riflessa dai palazzi. Un album che guarda Milano e sente la nostalgia degli scenari di New York.



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