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Cremonini, il significato del nuovo album "Alaska Baby" - Recensione

di Michela Ginestri e Nicola Lorusso


Con "Alaska Baby", Cesare Cremonini ci invita in un viaggio personale e musicale che va ben oltre la semplice geografia. Dalla sua Bologna fino alle distese glaciali dell'Alaska, passando attraverso l’America e le influenze dei grandi del pop internazionale, l’album racconta un percorso di rinascita artistica e umana. È il diario di un uomo che sceglie di togliersi la maschera, esplorare i propri confini e, nel farlo, ridefinire la sua identità musicale.


Ma "Alaska Baby" non è solo musica: è un manifesto di autenticità e vulnerabilità, una celebrazione del coraggio di mettersi in gioco e riscoprirsi. Nel cuore del progetto, un tema potente e caro all'autore: l'amore e la sua rinascita, che funge ancora una volta da filo conduttore, impreziosito anche da collaborazioni prestigiose tra cui Elisa e Mike Garson.


Rispetto al precedente disco "La Ragazza del Futuro", siamo davanti ad un amore più maturo e proprio per questo anche intrinsecamente più fragile. È un amore che porta con sé il peso delle paure: la paura di sbagliare, di buttarsi e di permettersi la felicità. Un amore che affanna e spaventa, ma che in fondo si percepisce di meritare. Davanti a questa complessità Cremonini non cede all'autosabotaggio ma sceglie il coraggio di rinascere e di abbracciare queste paure:


«Nulla ci spaventa e rende vulnerabili quanto la felicità. Io sono partito per andare a cercarla e sono tornato con un album pieno di luce. Per questo il tema più importante di “ALASKA BABY” è quello della rinascita. Tutte le canzoni sono legate a questo filo. L’inquietudine, la redenzione, l’estasi, tutto passa attraverso il coraggio di amare, qualcosa che inevitabilmente sentiamo di meritare ma che ci affanna e spaventa. Siamo tutti bisognosi di questo, di trovare il coraggio di rinascere attraverso l’amore»

Cesare Cremonini, Alaska Baby
Cesare Cremonini, Alaska Baby

Questo disco, cesellato con cura nei Mille Galassie Studios di Bologna e nei British Grove Studios di Londra, rappresenta un’evoluzione che porta Cremonini fuori dai confini del già noto, verso nuovi orizzonti artistici. Le aspettative verso i nuovi album di Cremonini sono sempre molto alte, ma questa volta, forse ancor più che nel precedente album, possiamo dire che "Alaska Baby" le supera di gran lunga. Traccia dopo traccia abbiamo scavato nel significato delle canzoni che lo compongono, provando a darne una nostra interpretazione.


 

Alaska Baby

Bastano i primi due minuti di questo album per farci capire che si fa sul serio, tra un basso che detta prepotente la linea e schitarrate coi synth che ci portano a fantasticare in botta psichedelica, l'anima dell'Alaska non è mai stata così focosa, viva e vicina. "Me ne voglio andare e perdermi nel mondo", si parte.


Ora che non ho più te

Il primo ed unico singolo che ha anticipato l'album si muove con la cassa dritta alla The Weeknd in un mare di nostalgia nobilitata, un crescendo di tensione ed energia come un'operazione a cuore aperto per tentare di spiegarci che vuol dire ritornare con la memoria ad un tempo passato, in tutti i sensi, a qualcuno che non ci appartiene più, a qualcosa di pericolosamente vicino ai nostri pensieri e lontano dal resto del nostro corpo. Un brano vivo e che ci fa familiarizzare con l'autorevolezza e l'energia che questo album terrà dal primo all'ultimo secondo.


Aurore boreali (feat Elisa)

Per la prima collaborazione musicale di sempre Cremonini chiama in causa l'unica, altissima e iconica Elisa: che abbiamo fatto di bene in una scorsa vita per meritarcela? L'arpa che ci porta in punta di piedi la sua voce è qualcosa che non ci stancherà mai. Un pezzo che mutua dalle aurore citate nel titolo una luce e una vitalità abbaglianti, cinque minuti di sogno lucido ad occhi aperti, una cura della parola che rende inarrivabile la poetica che questi due pilastri del cantautorato italiano sono in grado di far vibrare nell'aria. Amore, insicurezza e connessione profonda, da qui iniziamo a vedere il tema della rinascita. Cremonini canta della difficoltà di esprimere la propria interiorità: "Paura di non essere all'altezza, bravo a fingere sicurezza". Elisa porta una prospettiva più riparatrice e rassicurante: "Dovremmo fare cose normali, tornare a stringerci le mani / Dirci quello che abbiamo dentro e non rimpiangere il domani". Nel finale, il respiro dell'altro diventa un elemento salvifico: "Il tuo respiro brucia ogni respiro" e insieme ci suggeriscono che l'amore, nonostante il buio, rimane una forza vitale che trasforma e guarisce. Probabilmente la traccia che meglio incarna lo spirito di "Alaska Baby", un capolavoro di eleganza e di speranza, un vero bacio eterno.


Ragazze facili

Un ossimoro dai contorni piuttosto ironici compone lo scheletro di questo brano che si muove sinuoso tra cori e variazioni di ritmo per raccontare del fascino di quelle persone apparentemente semplici e belle nella loro semplicità, che ci fanno però dannare per la loro enorme complessità interiore. Poche parole e troppe seghe mentali, farsi prendere dall'afasia di fronte a personalità così complesse e stratificate che ci attraggono terribilmente come un eclissi proibita. Un brano che ci porta a spasso in una di quelle passeggiate tra i boschi in cui ci ritroviamo a ridere da soli, a far bilanci di vita, a litigare col vento e a dar ragione alle foglie. Climax del brano nello spietato "io quando ridi ci credo", che funge da summa di tutte le contraddizioni che accomunano le storie fugaci. "Sono riuscito a farti perdere il treno" che invece mi ricorda un po' la strategia di Dann Rail per conquistare Jun in quel capolavoro moderno che è "Castelli di rabbia" di Baricco e un po', come dal lato speculare della storia, Pavese che attende la sua ballerina Pucci, che magari un treno l'ha perso davvero, sotto la pioggia.


Dark room (feat. Mike Garson)

Incastrato in un Groove degli Arctic Monkeys e coccolato dal piano di Mike Garson (pianista di Bowie, Smashing Pumpkins e altre leggende), "Dark Room" è una digressione rockeggiante su temi familiari a Cesare, di corteggiamenti impossibili e rischiosi, di atmosfere alla Hopper. Un viaggio surreale in un luogo che rappresenta tanto uno spazio fisico quanto una dimensione interiore.


San Luca (feat. Luca Carboni)

Per la seconda collaborazione Cesare si affida a Luca Carboni per un pezzo immediato, un'ode alla solitudine e alla ricerca della felicità, malgrado tutto e malgrado tutti. Un tandem di voci che funziona: riusciamo ad immaginarli, a vederli mentre corrono affiancati fino al santuario di San Luca, persi nei loro pensieri, con lo sguardo fisso verso un orizzonte da domenica pomeriggio che non offre certezze ma solide speranze. Un brano delicato e a cuore aperto, un invito a cercarsi dentro i miracoli che troppo spesso deleghiamo al prossimo.


Un’alba rosa

Uno dei brani più riusciti ed evocativi dell'album, il perfetto equilibrio tra i vari talenti di Cremonini: il cantastorie, il poeta, il suonatore. Tra gli assoli sognanti di una strumentale epica che culla i versi come dei figli amati, i colori dell'alba più bella che abbiate mai visto vi si materializzano davanti e scacciano qualsiasi pensiero superfluo lasciando solo un tappeto di sabbia che vi impiastriccia i capelli mentre distesi vi godete lo spettacolo che il sole, a volte, è in grado di portare in scena. Ogni verso è intriso di poesia e gioca con l’idea delle parole come esseri vivi, capaci di esprimere emozioni, creare connessioni, sentimenti e svelare desideri nascosti. L’immagine iniziale, "Alle parole piace stare nude sul letto sotto alle coperte", crea un’atmosfera intima e sensuale, suggerendo che il linguaggio, nella sua forma più pura, può essere uno strumento utile di amore e verità. Il tema della delicatezza emerge nei versi che parlano di "entrare in punta di piedi nei tuoi pensieri, per non disturbare l'immensa bellezza dei tuoi desideri". Un grande rispetto per la sfera personale dell’altro, un desiderio di proteggere quella dimensione personale dove si custodiscono sogni e aspirazioni. È un modo per dire che l’amore autentico sa essere gentile e discreto. L'alba rosa diventa quindi simbolo della connessione che si crea quando si sceglie di comunicare nel modo giusto e rispettoso, portando una luce lì dove prima c'era il buio della disconnessione emotiva.


Streaming

La seconda parte dell'album introduce tra le righe una ventata agrodolce. "Sei una poesia nello streaming" fa pensare a come oggi possiamo fruire in streaming di quasi qualsiasi forma di intrattenimento, tranne che delle poesie. Vi ci vedete a fissare la tv o un altro schermo e fare binge-reading di poesie? Probabilmente no, ed è un peccato. Da qui la potenza che assume l'immagine della poesia nello streaming, che racconta di come a volte certe persone vivono e ci conquistano proprio col loro fascino analogico e inarrivabile di chi riesce a stare sopra il mare di distrazioni digitali che ci circonda. Beati loro.


Limoni

Un'albero di limoni in fiore sa raccontare storie di leggerezza e di primavere inoltrate, di cotte fulminanti e di aspre delusioni. Il tono della canzone è leggero e pieno di energia, ma sotto la superficie si avverte una tenerezza profonda. "Limoni" suona così, leggera e spensierata, per ricordarci che Cremonini non è solo malinconia e overthinking ma sa anche non prendersi sul serio quando serve.


Il mio cuore è già tuo (feat. Meduza)

Un ritornellone a cura di Meduza e un tappeto da pseudo EDM frammisto a delle influenze del pop a là Coldplay ci portano un pezzo ampio e molto radio friendly, che già vediamo girare in loop nelle radio italiane e cantare ad un semaforo il cui rosso dura troppo a lungo.

L’immagine centrale è quella di un amore che travolge e che fa perdere il controllo: “Il mio cuore è già tuo, di sicuro”, è una dichiarazione d’amore totale, istintiva e coinvolgente. Inutile dirlo, il nostro cuore è già sintonizzato su questo pezzo al primo ascolto.


Una poesia

Quasi al termine del percorso arriva "Una poesia", un pezzo che sembra recuperato da bozze dimenticate di Maggese: una chitarra e qualche arco spensierato ci deliziano con una vera e propria poesia dalle rime baciate, semplice e piacevole. Un brano che celebra la forza delle piccole cose, come una poesia scritta con le mani, capace di rompere le barriere e creare una connessione profonda. “Anima mia, ti prego donami le tue mani”, un invito alla fiducia e alla vicinanza. L'album volge al termine e manca ormai solo un brano, e che brano.


Acrobati

Una degna conclusione di un album denso e ripido, che raggiunge profondità inedite e altezze sognanti. Acrobati ci sentiamo noi ascoltandola, "sospesi senza scarpe ai piedi", mentre realizziamo quanto ancora abbia il nostro Cesare nazionale da raccontarci e da farci vivere con la sua musica. Acrobati per l'altalena di emozioni che è in grado di farci provare con qualche accordo suonato a modo, qualche verso lasciato a mezz'aria come solo Oscar Wilde saprebbe fare.


Un album che è un microcosmo di vita che galleggia tra realismo e romanticismo, tra le stelle e le lacrime. Brani dalla lunghezza ormai desueta, ponderati ed equilibrati nella loro varietà e stravaganza, come se ne vedono sempre meno. Grazie ancora Cesare, ti dobbiamo un altro capitolo di vita a cui fare da soundtrack.



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