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"La consapevolezza è la risposta alla paura": nel primo album di Assurditè c'è la voglia di ripartire dalle macerie - Intervista

L'avevamo lasciata con “Gipsy chic // ɔıɥɔ ʎsdıƃ”, un manuale su come perdersi nel suo immaginario, fatto da opposti che si attraggono. A distanza di un anno la ritroviamo con un nuovo progetto dove l'immagine prende la forma di una realtà apparentemente tranquilla e felice, ma solo per chi indossa le lenti sbagliate.


"Ah, lancio questa protesta ma mi vedete stare zitta e immobile sul bancone di questo bar Ma la gente com'è che fa a ascoltare le parole giovani dentro i centri di anzianità"

Dal 17 maggio è fuori su tutte le piattaforme digitali "DUMBA", il primo album di Assurditè, giovane cantautrice milanese che, insieme al super produttore Bravo, Bravissimo, continua a cantare quello che sente con estrema sincerità. Ci troviamo davanti ad un concept album, frutto di oltre un anno di lavoro in cui Chiara ha deciso di cambiare prospettiva, passando dal guardarsi dentro, al guardarsi intorno.


Ce lo siamo detti durante l'intervista, "DUMBA" è un album difficile, soprattutto per chi vuole far finta di non essere in una società dove per i giovani il futuro è un lontano miraggio, dove siamo troppo impegnati ad impreziosire la cornice, piuttosto che curare la sostanza.


A questo album è collegato un magazine che prende forma nel 2124, anno in cui Assurditè è una giornalista che tratta tematiche legate alla guerra, al riscaldamento globale e alla paura del futuro.


Attraverso la solita incisività vocale e una scrittura senza filtri, la giovane giornalista racconta i conflitti di una generazione immersa in un'abbondanza d'informazione, che però genera l'effetto di un assopimento generale.


All'interno di questo paradosso, però, Chiara ci tiene a ribadirlo: "Tra gli scarti della città, troverò la mia via". Una direzione che si può prendere solo parlando di quello che succede vicino e lontano da noi, invece di girarci dall'altra parte.

Cominciare a svegliarci ascoltando l'album e facendoci due domande, può essere un primo passo. Assurdo, vero? Anzi no, Assurditè.


Ciao Chiara, finalmente è uscito "DUMBA", il tuo primo album. Com'è nata l'idea?

L’idea è nata poco più di un anno fa, durante un periodo nel quale mi riusciva difficile scrivere di me in maniera personale come fatto per i due precedenti EP, ma solo del contesto sociale in cui si trova la nostra generazione. Cose che, secondo me necessitavano di un focus preciso. Nonostante questo, avevo già pronte da tempo alcune canzoni scritte prima di questo periodo, e che, secondo me erano perfette per il nuovo progetto, come per esempio “Donnaccia”. Probabilmente erano cose che avevo dentro da tanto tempo, ma solo in questo periodo ho trovato il coraggio di tirarle fuori.


“Corriamo senza futuro” è uno dei singoli estratti da “DUMBA”, di che cosa parla e come si inserisce questa signora settantenne all’interno del racconto?

La genesi di questo brano è molto strana, ero in doccia e canticchiavo questo ritornello “Corriamo senza futuro, nanana”. Ho subito pensato che fosse veramente potente. L’ho fatta ascoltare a Bravo, bravissimo ed abbiamo iniziato a lavorarci il giorno stesso! Questa canzone nasce dalla paura che ho ogni giorno per il futuro, non riguardo la carriera musicale di Assurditè, ma nei confronti del futuro della nostra generazione. Per quanto riguarda DUMBA, si tratta della protagonista di un cortometraggio che uscirà più avanti. All’interno di questo progetto io mi improvviso una giornalista del 2124 e l’articolo che ha dato inizio a tutto è proprio quello di “Corriamo senza futuro”. All’interno dell’articolo si parla di una caccia del tesoro che viene indetta a livello mondiale, nel quale il premio in palio è proprio il futuro! Allora tutti i giovani cominciano a correre come matti per trovarlo, ma alla fine viene vinto da questa signora di nome DUMBA. Io come giornalista vado a casa sua e la intervisto al riguardo…

Ma come dicevo, voglio prendermi del tempo per far uscire il cortometraggio con calma. Tra l’altro, c’è anche un magazine che accompagna l’uscita dell’album. In questo periodo corre tutto così veloce che sembra che, se non pubblichi ogni secondo allora muori. A me non interessa questa fretta, voglio che tutti possano godersi il progetto con i propri tempi. D’altronde anche la canzone stessa parla di questa frenesia nel correre per non rimanere indietro. La musica è arte e condivisione pura, perciò tutto questo non ha senso.


Come avete lavorato a questo album, a livello di sound, tu e Bravo, Bravissimo? Rispetto ad un EP dove forse la sperimentazione era più centrale, come in Gipsy Chic.

Gipsy Chic rimane per me un bellissimo EP, soprattutto a livello di sound. Ma credo che il sound di DUMBA sia molto più sincero. Durante la produzione dell’album ce ne siamo veramente sbattuti di tutto, all’interno di esso c’è molta coerenza, nonostante i brani possano sembrare scollegati tra loro. Per esempio, in New Delhi abbiamo questa Drum and bass molto veloce, e poi subito dopo c’è una canzone più lenta come “Bella storia”. Tutto ciò è voluto, siamo stati molto sinceri e siamo stati i primi a lasciarci trasportare. Il sound in questo disco è molto naturale e sincero, e penso che si senta.


Come nasce la copertina dell’album? Con queste mani giganti che ti coprono gli occhi…

DUMBA ha anche una rilettura inglese, derivando da “Dumbass”, cioè “Stupido”. Questo perché, secondo me l’album può essere un ottimo spunto per iniziare ad aprire gli occhi e dare importanza a tante cose a cui magari non facciamo caso durante la nostra vita. Perciò, lo slogan del progetto è “Don’t be a Dumba”, cioè “Non fare il DUMBA, apri lo sguardo e guarda quello che c’è intorno a te”.


Mi parli meglio di questa nuova religione “Spiritosa”, e da quanto la professi?

“Spiritosa”, insieme a “Donnaccia”, è una di quelle canzoni che ho scritto molto prima di pensare di scrivere un concept album. Si tratta di una religione che professo da sempre!! Parla di come dovremmo sentirci tutti più liberi e senza dogmi, cercando di riconoscere rispetto e amore reciproco tra di noi. Nel ritornello dico “Nel nome della madre, della figlia e della Spiritosa”, dove esce fuori tutto il retaggio culturale che ci ha portato ad avere la società che abbiamo oggi. Perché non esiste una madre, una figlia e una spiritosa? Al di là della religione, il pezzo è collegato anche al cercare di vedere le cose dal lato opposto. Come sarebbe stata la nostra società se ci fosse stata parità?

 

Recentemente sei stata in India per partecipare ad un festival, ed all’interno dell’album c’è una canzone chiamata “New Delhi”. Coincidenze?

Assolutamente no! L’esperienza indiana è stata molto hard ma anche molto punk! Siamo andati e abbiamo vissuto tutto al 100% all’interno di una situazione completamente diversa dalla nostra. Eravamo su una sorta di palco sospeso da fili, ed è stato bello suonare davanti a persone che non avevano idea di cosa tu stessi dicendo, ma che comunque partecipava attivamente e ballava ad ogni nota. A prescindere da questo, l’impatto con il luogo è stato forte, ci sono state situazione che mi hanno fatto rivalutare qualsiasi cosa nella mia vita. In India vedi un po’ di tutto, tanto che poi ti chiedi “Ma che cazzo stai combinando?”.

“New Delhi” l’ho scritta dopo essere tornata da quest’esperienza, che è stata molto forte. Durante la fine della canzone dico “Spirito cosa combini che voli leggero su questa città, oltre le frontiere non esisti più, ma le mie paure ritornano a casa serene”. Mi chiedo: che cosa ho fatto per ritornare a casa serena? Perciò la canzone vuole essere anche una riflessione sull’arroganza occidentale e sul fatto di dare spesso delle cose per scontate, ma che in realtà non lo sono per niente.


In “Bella storia” si parla dell’ultimo matrimonio sulla Terra, quello tra Giovanna e Piero. Da dove è nata l’ispirazione per scrivere questa canzone?

Per “Bella storia” ho cercato di immaginare la storia d’amore più bella che esiste. Ho pensato subito ai miei nonni, ed ho deciso di dedicargliela. Per quanto riguarda l’articolo connesso alla canzone, cerco di fare un’osservazione su quello che stiamo vivendo in questi ultimi anni. C’è chi è più bigotto e crede che esista soltanto un unico tipo d’amore, e se non esiste quello allora sei un pazzo, un maniaco sessuale o una prostituta. E poi c’è chi ama più sé stesso che gli altri. Sono tutte sfaccettature no? E io mi immagino come possa essere tutto questo tra 300 anni, dove ci sarà un solo matrimonio sulla Terra, e tutto il resto sarà sperimentazione e condivisione. Immaginare una cosa del genere mi fa sorridere, perché fa passare per sfigati loro che hanno questo ultimo matrimonio. Quando “Bella storia” è uscito come singolo, mi è stato chiesto se vedessi l’amore puro solo come una relazione monogama. Invece, in realtà per me è il contrario, io vedo amore ovunque. Questa coppia, rimasta sposata dopo 300 anni, è come se fosse un’eccezione! Perciò, come ti dicevo la parte dell’articolo è slegata dai miei nonni, che ho cercato di celebrare attraverso il testo di questa canzone.


Parliamo di “Centri di anzianità”, che mi ha colpito per la differenza tra il messaggio forte che vuole lanciare, ed il ritmo molto rilassato del sound, quasi come fosse una pubblicità. Dov’è che stiamo sbagliando, secondo te noi giovani, e cosa potremmo fare per far sentire di più la nostra voce?

Io ci vedo come una generazione senza futuro. Non lo faccio in modo cinico, nel senso che vedo anche una speranza. In parte dobbiamo incolparci di questo? Sinceramente non lo so. Ci sono tanti giovani che, per fortuna, ogni giorno combattono per cambiare le cose. Ci sono questi “Centri di potere” che sono forse troppo all’antica. Quindi quello che possiamo fare è prendere coraggio e, perché no, scendere in piazza. E poi dovremmo parlarne di più tra di noi, di quello che pensiamo di questi anni divisi tra guerre e crisi politiche. Ci sono tante cose di cui parlare e da affrontare, ma sembra sempre che il benessere lasci tutti un po’ storditi. Siamo una generazione che da una parte viene bombardata di informazioni, ma è proprio questa abbondanza di input che ci fa vivere le cose nel modo opposto, ovvero in piena indifferenza. Bisogna prendersi tempo per vivere le cose con più calma ed osservare quello che ci circonda.


Alla fine del magazine, c’è un articolo dove si parla di Paulo Volpe, questo astrologo che predice la data di morte utilizzando la posizione delle stelle. Se esistesse veramente questo personaggio, gli chiederesti mai una cosa del genere?

Sì, e se mi dicesse che è tra un po’ di tempo, allora continuerei a vivere normalmente. Ma se mi dicesse che è tra una settimana, probabilmente mi ritrovereste nuda sull’Himalaya a fare le capriole! Ovviamente voglio fare tutto prima di morire! Se veramente esistesse questa persona, vorrei saperlo subito.

 

L’ultima traccia dell’album è “Cimici”, decisamente il mio pezzo preferito. Com’è nata l’idea delle cimici come animali domestici, contrapposta alle “cimici” messe per spiare?

“Cimici” l’ho scritta a Parigi durante il periodo delle “Bed bugs” che stava colpendo la città. Fortunatamente io non le ho beccate, ma mi sono comunque lasciata ispirare, ed ho iniziato a scrivere la canzone lì. Poi l’ho terminata quando c’è stato l’attentato di Hamas durante il rave. Infatti, alla fine della canzone dico “Facciamo pace, ma fuori c’è la guerra”. Ed è importante sapere cosa succede all’infuori di noi. L’accostamento tra le cimici che ci spiano e le cimici da letto, nasce dal mio pensare che a volte l’amore sia qualcosa di proibito. Quindi nella canzone ripeto che vorrei un letto bianco senza cimici dove nessuno ci possa spiare.


In “DUMBA” affronti tanti argomenti, alcuni più leggeri, altri più impegnativi. Come si fa a mantenere il giusto equilibrio tra consapevolezza del mondo attuale e leggerezza nel vivere la propria vita?

Secondo me la consapevolezza porta già a questo equilibrio. Se sei consapevole di quello che ti circonda, sei anche speranzoso e sai che le cose potranno evolversi nel futuro. Nel momento in cui non vivi in modo passivo riesci a vedere le cose dal giusto punto di vista. Per quanto questo album sia polemico e cinico, io all’interno ci vedo anche un botto di speranza in quello che dico. In “Finto cielo” si arriva ad una presa di coscienza in questo senso, dove dico “Tra gli scarti della città, troverò la mia via”. La consapevolezza è la risposta migliore per ogni paura.



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