Autotune, strumenti da orchestra, esotismi e tematiche sentimentali. No, non è una lista di cose opposte, ma tasselli complementari che compongono "Cobalto I", il primo EP di Cobalto, giovane artista romano molto interessante.
Christian è riuscito ad unire elementi apparentemente distanti tra loro, all'interno di un progetto che trasuda tutta la sua anima tormentata, fatta di rollercoaster emotivi che certe volte è difficile spiegare, quindi meglio farlo attraverso la musica. Il cantante classe '2000 parla dei disagi che riguardano tutti, come la fine di una storia d'amore e tutto il dolore che ne consegue. All'interno di brani come "LL" e "Sole nero" le emozioni che si susseguono sono tante, dal dolore alla rassegnazione, fino alla capacità di rialzarsi per tornare a prendere le situazioni con la giusta ironia che serve a smorzarle, ricordandoci che la vita non è poi cosi dura, se si sa vedere il bicchiere mezzo pieno.
"Passo di qui ma non guardarmi dentro è un venerdì ma come tanti svengo è tutto uguale ma non dormo fermo tu dici tranqui ma non ci riesco. è tutto uguale"
Il timbro pungente di Cobalto riesce a guidarci durante la fruizione di questo progetto denso di elementi, e la cosa che colpisce è di come il detto "il troppo stroppia" in questo caso sia sbagliato. Perchè la moltitudine di suoni che abbiamo in "Cobalto I" non confonde ma anzi chiarisce le idee su un concetto importante: la musica è una grande ancora di salvezza nei momenti più bui, sia per chi la fa, sia per chi l'ascolta.
Questo prima uscita discografica ha anche un altro segreto: Il lavoro corale. Grazie al lavoro sapiente del produttore Marco Tauritano e della voce di Nahaze, giovane cantante milanese che ne ha impreziosito alcuni brani, Christian è riuscito a rendere il tutto ancora più personale, inserendo anche un uso intelligente dell'autotune e degli esotismi necessari per la sua espressione artistica.
è il pianto di un bot, lo sento da un tot. Non vibro nel suono se resto nell'eco e lo sogno di notte. Ma rimani ancora un po', quante cose che non sai. Non vado più giù, ma so dove andrai.
Quindi sì, tutti questi tasselli, apparentemente distanti, possono convivere all'interno dello stesso progetto, se usati con la giusta attenzione. In "Cobalto I" ne avete la prova.
Il 17 gennaio è uscito il tuo primo EP, “Cobalto I”. Che emozioni hai provato?
Sono molto soddisfatto. È stato un lavoro intenso sotto molti punti di vista. Le canzoni nascono perché è successo qualcosa di molto emotivo, e quando passi dei periodi belli “intensi”, di solito si finisce con un nuovo lavoro in mano.
Di che cosa parla questo EP?
Questo progetto è nato partendo da “In Bilico”, il mio primo singolo. Mi trovavo in un periodo abbastanza stressante, in cui mi sentivo esattamente come il titolo del brano. “Cobalto I” parla di quei momenti, che spesso si alternavano tra up e down. Sono una persona che bada molto alle emozioni proprie e degli altri, questo primo lavoro è un po’ come se volesse dire “non sei solo, non sono solo”. Ho cercato di buttare un turbine di emozioni all’interno di questo progetto.
Il titolo dell’EP è per indicare che ci saranno altri EP che sono collegati a questo, o c’è un altro significato dietro?
Assolutamente, è come dici tu. Perciò, più avanti ci sarà un “Cobalto II”, che probabilmente analizzerà un altro periodo della mia vita, chissà.
All’interno di questo lavoro ci sono tante componenti differenti, come una voce femminile, quasi “angelica” che torna in tutte le canzoni. Poi ci sono queste basi lo-fi impreziosite da suoni di tromba improvvisi. Com’è stato il lavoro tecnico di questo EP?
Il lavoro tecnico che c’è stato è il frutto della collaborazione con Marco Taurisano, il mio produttore. Passiamo tantissimo tempo a lavorare alla parte musicale, cercando di mettere dentro sempre nuove idee. Secondo me da soli è difficile fare lavori così, è bello condividere questo percorso con persone che hanno la tua stessa visione. Invece Nahaze è l’artista milanese che ha prestato la sua voce all’interno del disco. Penso abbia una voce eterea, ha fatto un ottimo lavoro e ha impreziosito tantissimo “Cobalto I”.
Quali sono le reference del disco?
Ce ne sono state tantissime, alcune probabilmente le dimenticherò. Spaziano da Jack Harlow alla musica classica. Sul ritornello di “Sole nero” abbiamo inserito degli archi, oboe e quant’altro. In “LL”, invece, ci sono delle chitarre funk. All’interno di questo disco ci sono moltissime idee, abbiamo cercato però di inserirle in maniera organica.
I tuoi tratti distintivi sono il sapiente utilizzo dell’autotune, che impreziosice il lavoro, e il tuo flow molto fresco. E secondo me, la testimonianza di ciò ce l’abbiamo in “LL”. Com’è nato questo pezzo?
“LL” è nata in un momento di down felice. Andava talmente tutto a pezzi che l’ho presa a ridere. Di conseguenza ho immaginato questa ironia che ti avvolge e ti accompagna in tutte le situazioni negative che vivi. Quasi come fossi una compagna di viaggio che viene a ricordarti quanto le cose vanno male. Ma che ti esorta a farci una risata su. Il singolo ha uno stile molto elegante, ma rimane altrettanto ironico.
All’interno dell’ep ci sono molte parole in inglese che a mio parere hanno la capacità di rendere il tuo flow più potente e i testi più accurati. È una cosa che ti viene naturale, o hai cercato appositamente di inserire degli esotismi all’interno di questo lavoro?
È stata una cosa che è venuta molto naturale. Nella scrittura tendo molto a tenere a stretto contatto la melodia con le parole. Nel momento in cui decido di utilizzare una parola, sono molto attento alla sua parte fonetica. Deve suonare bene e adattarsi alla base. Le parole inglesi facilitano la vita sotto questo punto di vista. Perciò, in determinati punti il poter chiudere la parola in un certo modo, o dirla in un’altra lingua, risulta determinante nel mio lavoro e l’effetto che si ha è quello di un flow continuo.
“Sole nero” è forse la traccia più riflessiva ed intensa dell’album. almeno all’inizio, perché, dopo il primo ritornello, parte anche la base. A chi l’hai dedicata? Tra l’altro, anche qui apprezzo molto l’utilizzo che hai fatto dell’autotune, che migliora le barre.
Come dicevi anche tu prima, l’autotune è uno strumento importante, ma è pur sempre uno strumento. Perciò, va utilizzato come un plus, e non per coprire delle mancanze. In “Sole Nero” la scelta di inserirlo è stata molto azzeccata a mio parere, perché crea uno stacco con l’inizio, solamente piano e voce, rispetto al secondo pezzo, in cui entra il beat vero e proprio. “Sole Nero” è una storia all’interno della storia, perché subisce un’evoluzione durante l’ascolto. È come fossero due visioni diverse del decifrare la stessa storia. Nella prima parte abbiamo un’analisi più riflessiva e “autolesionista”, dandosi tutta la colpa di cosa sta succedendo. Mentre nella seconda parte c’è aggressività verso la situazione. Smetto di darmi addosso e capisco che è il momento di reagire, di prendere la vita di petto. Questa seconda parte per me è come un moto rivoluzionario.
Sei la dimostrazione che il rap e i suoni più “classici” possono convivere alla grande. Come dicevamo anche all’inizio, all’interno di questo primo EP abbiamo violini, archi, oboe, c’è veramente di tutto. Sono suoni che pensi di voler utilizzare anche in futuro, che in qualche modo ti contraddistinguono?
Io parto dal presupposto che la musica è talmente varia che non ci si può soffermare solo su un genere. Ritengo che la mia musica sia meramente quello che sono io. Perciò in futuro non escludo di cambiare stile, sicuramente ci saranno delle evoluzioni. Le produzioni e i pezzi seguiranno le mie esperienze di vita e i miei cambiamenti. Sono una persona aperta a tutto, di conseguenza quando trovo qualcosa che mi piaccia, cerco di prenderla e farla mia.
In “Higher”, il brano che chiude l’EP, dici “Baby no, tu che puoi non farmi male”. La tematica dell’amore, unita in qualche modo alla sofferenza, ritorna sempre nei tuoi testi. Quando stai male per una storia che finisce, o che non sta andando come vorresti, come reagisci di solito?
Come ti dicevo, sono una persona molto ironica ma anche molto emotiva. Non è semplice, ma ho i miei modi e ho imparato a gestirli. Certe volte va meglio, certe volte va peggio. Di solito quando mi trovo in una situazione del genere, all’inizio reagisco con tanto dolore. Poi subentra l’ironia volta a smorzare la situazione. Dopodichè, parte il moto rivoluzionario di cui parlavamo, cerco di capire se mi trovo davanti ad una situazione che è meglio chiudere, e vado dritto per la mia strada.
Se tu avessi avuto la possibilità di inserire in questo EP un featuring con un qualsiasi artista, chi avresti scelto?
Se devo sognare in grande, ti dico Drake su “In bilico”. Oppure “Giorgia” che canta il ritornello di “Sole Nero”. Sarebbe fantastico.
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