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Come Roma ha fatto perdere la testa a tutto il mondo, compreso quello musicale - Sunday Vision

In tanti negli anni hanno provato a dipingerti, Roma, con dei pennelli o con le parole, ma non c'è quadro o canzone che tenga, se già di per sé sei poesia, di quelle che leggi di notte e ti scende una lacrima, bella e ineffabile da sempre. Quanto sei bella Roma quann’è sera canterebbe Venditti, con estrema facilità, ma sei anche Mille lacrime d'oro in un mare de piombo, come ti direbbe Mannarino. La verità è che vai vissuta, non dipinta. Non esiste una canzone giusta per descriverti, ognuno lo fa a modo suo, vai raccontata nei vicoli passeggiando di notte, mano nella mano con qualcuno, tra le luci e i panni stesi, tra le porte rotte e fiori appesi.


Nascere a Roma significa crescere in una città più vecchia di te di 2773 anni, l’unica con due natali e la Sora Lella. Non posso dire di amare completamente questa città, perché tante volte ci siamo un po’ odiate, e ancora oggi ogni tanto litighiamo, ma una cosa è certa: se c’è una cosa bella al mondo, è proprio Roma. Già poetica dal nome, “amore all'incontrario, è così che tu te chiami per davvero” negli anni questa città ha sempre ispirato poeti, cantanti e artisti. Tantissime le canzoni e i versi che parlano della città eterna, ognuna a suo modo. Dagli artisti più classici e conosciuti della tradizione agli ultimi cantautori emergenti, in molti si sono cimentati nel descrivere alcune sfumature di questa emblematica città.


“Se 'n pittore te volesse pittura', butta tutti li pennelli e sta a guarda'” (Lando Fiorini - Ciumachella de Trastevere)

Una playlist di canzoni dedicate a Roma sarebbe potenzialmente infinita. Partiamo col citare i più classici, iniziando con colui che è considerato uno tra i re della canzone romana: Lando Fiorini. Attore e cantante di Trastevere, uno dei quartieri più storici della città dove fonderà anche un teatro. La carriera artistica e musicale di Lando Fiorini ruota quasi del tutto intorno alla città di Roma, da singoli come “La società dei magnaccioni” al “Barcarolo Romano” passando per “Ciumachella de Trastevere”, che gli regalò fama internazionale e arrivando alla famosissima “Roma nun fa la stupida stasera”. Queste canzoni in sottofondo, una passeggiata sul Tevere, tra un topo e il riflesso di San Pietro nell'acqua, in una serata romana, e la magia è fatta.


Passiamo poi per Antonello Venditti, che con i suoi occhialetti tondi, nella sue canzoni ha omaggiato Roma come fosse una vecchia amica o un grande amore. Aggiungiamo quindi “Grazie Roma”, “Non è la cocaina”, “Nata sotto il segno dei pesci” e “C’è un cuore che batte nel cuore” anche se ce ne sarebbero tantissime altre.


"Innamorarsi ancora è solo questa la novità Innamorarsi ancora è straordinario come questa città" (Antonello Venditti - Non è la cocaina)

Non solo cantanti nati a Roma, la raccontano in versi anche artisti che se ne sono innamorati col tempo. Tra questi Dean Martin e la sua celebre “On an evening in Roma” (“Down each avenue or via, street or strada/ you can see 'em disappearing two by two…On an evening in Roma”), e la famosissima “Arrivederci Roma” di Renato Rascel, che per gli amanti della città che vivono fuori Roma è un must.


“Per le strade di Roma / Ci sono facce nuove /E lingue da imparare/ Vino da bere subito / E pane da non buttare/ E musica che arriva da chissà dove” (Francesco De Gregori - Per le strade di Roma)

Così De Gregori in "Per le strade di Roma" ci regala una sublime sintesi della città, quella vissuta negli angoli e nel tramonto sui palazzi, non solo a San Pietro o al Colosseo. Si ricrea davvero un'atmosfera tale che sembra quasi di rivivere tutti i luoghi citati nella canzone.


Dopo De Gregori, ci facciamo coinvolgere da Claudio Villa con “Roma sei sempre tu”, “Carrozzella romana” e “Piazza di Spagna”, per poi passar al geniale Nino Manfredi, una delle personalità artistiche più amate dello scorso secolo, nato in provincia di Frosinone, che dedicò svariate canzoni alla città eterna. Tra queste una rielaborazione di “Tanto pe' cantà”, celebre brano composto agli inizi degli anni '30, che Manfredi portò a Sanremo nel 1970, regalandoci la sua versione più celebre. Le canzoni a volte hanno il semplice e nobile scopo di far stare bene, è questo il succo di quel brano e della sua ironica introduzione. "Non è gnente de straordinario, è robba der paese nostro, che se po' cantà pure senza voce" e a noi ce piace così, aggiungerei.


Se parliamo di Roma però non possiamo non citare uno dei simboli più famosi, in Italia e nel mondo, della romanità: Alberto Sordi, per i romani Albertone. Quest’estate, in una calda mattinata di agosto, in macchina sulla strada che collega Roma al mare, quasi per caso mi sono ritrovata ad ascoltare un bellissimo racconto sulla vita di Alberto Sordi, un po’ come fossimo sul set di Vacanze Romane, ma a bordo di una Twingo del ’98. Nel podcast, che vi consiglio caldamente di ascoltare, Sordi si racconta attraverso i suoi sketch radiofonici, dagli studi di Via Asiago 10, dove per tempo ha condotto un suo programma. Ecco perché il Sunday Vision di oggi è dedicato alla città del cupolone e al celebre marchese del grillo.

Sordi nasce il 15 giugno del 1920 a Roma, in Via San Cosimato, quartiere di Trastevere, nel cuore di Roma. Ognuno dei ventidue rioni - le zone in cui per tradizione è idealmente diviso il centro storico - secondo la leggenda ha un simbolo, uno stemma identificativo. Per rione Monti sono i tre colli, Campo Marzio ha la mezzaluna, rione Pigna ha una pigna (non ci battete a fantasia), Campitelli ha un drago e Trastevere un leone. Ma da qualche decennio, ad affiancare il leone c'è proprio Albertone, simbolo di unione di tutta Roma, un po' la nostra regina Elisabetta.

“Roma non è una città come le altre. È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi.” (Alberto Sordi)

Così il marchese parlava della sua città natale, il luogo dove quasi per magia si intrecciavano le storie e i personaggi dei suoi film. Sordi raccontava Roma ma anche l’Italia intera, nel periodo della ricostruzione, dal fascismo al nuovo millennio, e nessuno come lui riusciva a rappresentare con così tanto realismo e sentimentalismo i luoghi e le persone del tempo. Portava sullo schermo e in radio storie vere in cui le persone potevano facilmente rivedersi. Non tutti sanno che il suo amore verso la città lo portò a diventare anche, nel giorno del suo ottantesimo compleanno, sindaco di Roma per un giorno, che (come tanti prima e dopo di lui) a mezzogiorno era già stanco di sindacare, e se ne tornò a casa per il suo immancabile rigatone (io me te magno) al sugo. Ma il legame tra Albertone e Roma non si celebra solo nei film, come nelle sue pellicole più celebri ‘Un americano a Roma’ o ‘’Il marchese del grillo”, ma anche nella musica.

"E dato sì che sei così preziosa, stasera io te vojo di' 'na cosa..."

Non una canzone su Roma, ma di certo romana e diventata simbolo della tradizione, “E va e va” di Alberto Sordi, scritta da Claudio Mattone e Franco Migliacci, omaggia una delle espressioni idiomatiche più tipiche romane diventate di uso popolare anche nel resto d’Italia, in molte delle sue varianti. Per questo motivo svetterebbe al primo posto della nostra immaginaria playlist romana.

"Te c'hanno mai mannato a quel paese, sapessi quanta gente che ce sta Er primo cittadino è amico mio, tu dije che te c'ho mannato io" (Alberto Sordi - E và e và)

Chi non è mai stato mandato a quel paese almeno una volta nella vita? Mandare qualcuno a quel paese è tra le frasi/sfoghi più famosi e utilizzati da sempre, quasi fosse una benedizione. Sordi, partendo da un'introduzione che definirei quasi romantica, ricama intorno a quest’espressione con estrema leggerezza utilizzando “quel paese” come parafrasi dell’aldilà e della morte, perché, come lui stesso dichiarava: “Si può ridere su quasi tutto. La nostra realtà è tragica solo per un quarto: il resto è comico.” Ed ecco quindi un brano leggero, ironico e spassoso in cui si cela la bella filosofia, molto romana, del prendere la vita con la leggerezza che a volte merita. Albertone stesso portò la canzone anche sul "nostalgico palco dell'Ariston".



Giungendo alla fine della nostra playlist, essendo nata negli anni '90, non posso non citare anche qualche brano più recente su Roma. Perchè la tradizione di raccontare questa città in musica non è solo appartenente al passato, anzi. Roma è un po' come l'amore, tutti ne parlano ma nessuno riesce a farlo davvero bene. Tuttavia c'è chi riesce a trasmettere tanto di lei. "Quando io sono solo con te..." : leggenda narra che basta solo il primo verso e mezza Roma ha già iniziato a cantarla. Più romano di Mannarino c'è solo Mannarino e sfido chiunque a non conoscere "Me so mbriacato" a memoria. Qualche estate fa in un bar in spiaggia, di notte, partì nella radio in sottofondo questa canzone: in neanche 10 secondi la stavano già cantando tutti, neanche fossimo stati in un bar di Caracas e avessimo casualmente trovato conterranei tra soli venezuelani dopo anni lontani da casa. Noi romani siamo un po' così, ci piace fa caciara, e ci riesce anche bene.

Altra canzone di Mannarino che trovo molto legata a Roma, oltre che la stessa "Roma" di "Apriti cielo", è il "Bar della rabbia", forse tra le mie preferite del cantautore. Una bellissima ballata in romanesco che vi regalerà una nuova prospettiva sulla vita, con una delle frasi che più mi porto dentro da sempre:

"La cosa più sfortunata e pericolosa che mè capitata nella vita è la vita, che una vorta che nasci, giri, conosci, intrallazzi, ma dalla vita vivo nunne esci" (Mannarino - Bar della rabbia)

Insieme a Mannarino potrei anche aggiungere Niccolò Fabi e la sua incantevole "Lasciarci un giorno a Roma" per dare un tocco di malinconia in più. Altrimenti sarei più tentata di citare tutta la Lovegang, che concentra sin dalle sue origini l'essenza di Roma, visto che è nata da un'amicizia iniziata sulla scalinata del Tamburino a Trastevere. "Pellaria" di Carl Brave e Franco126, ma forse l'intero album "Polaroid 2.0", contiene un'alta dose di romanità che non stanca mai. Così come entrambi i dischi da solisti dei due: "Notti brave" di Carl Brave e "Stanza Singola" di Franco 126, che, di ispirazione più romantica, sfoggia tutto il suo accento e amore per la città. Dalle birrette al celebre bar San Callisto, passando per Parco Gondar, Regina Coeli e i bagni al fontanone fino ad arrivare a Villa Pamphili e la posta di Sonia (celebre programma per bambini in onda solo nel Lazio in cui la cara Sonia cantava ogni sera la buonanotte raccontando una storia, l'infanzia di tutti i nati negli anni novanta a Roma - ciao Sonia, ci manchi).


Restando sul rap e per non "scendere a patti coi coatti", risultano degni rappresentanti di romanità anche i Colle der Fomento con la loro "Il cielo su Roma", nella quale raccontano la Roma dei romani e di chi se ne innamora, ma anche il rap ermetico di Rancore (tra tutte spicca forse "Tufello", zona popolare storica protagonista di molti film come Ladri di Biciclette) che in un'intervista definisce Roma come il centro del rap moderno: "Roma sta ai miei brani come Springfield ai Simpson. [...] In centro c'è la storia, in periferia il presente. E' una città hip hop. Per questo è fulcro del rap. Lo ha cambiato in diversi periodi e chi lo ama non può non conoscerla."


Tornando al cantautorato aggiungerei in playlist anche "Roma Stasera" di Motta, che tra una lacrima e l'altra descrive un lato più intimo e disilluso della città.

"Ho piene le tasche di tempi spezzati, di sogni bruciati da questa città" (Motta - Roma stasera)

Infine, non volendo chiudere in maniera troppo smielata con Baglioni, preferirei farlo con i Baustelle e la loro "Cinecittà" che parla ironicamente di un particolare provino negli omonimi famosi studi cinematografici.


Compiendo questo ipotetico viaggio mentale nella musica della romanità ho capito una cosa: nonostante le numerose canzoni legate a questa eterna ed incantevole città, tutte insieme, però, restituiscono forse solo un quarto della magia e dell'emozione del ricevere core a core un bacio in uno dei vicoletti sperduti di cui tanto si canta nel centro di Roma. Perciò vogliate scusarmi, ma ne ho uno da ritirare proprio ora.

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