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L'ultimo ballo di Colapesce e Dimartino: l'arrivederci (con orchestra) al Teatro Dal Verme di Milano - Live Report

Immagine del redattore: Sara CurioniSara Curioni

C’è un momento, nei concerti che coinvolgono un'orchestra, che da sempre trovo affascinante: quello iniziale, che vede i musicisti salire sul palco, prendere posto, imbracciare gli strumenti e – partendo da un "la" accennato dall’oboe – iniziare ad accordarsi. Quella che si genera in quell'istante è un’onda di suono confusa, quasi anarchica, che sembra contenere già dentro di sé tutta l’energia prorompente e la vitalità della creazione musicale: è, insomma, il segnale chiaro e incontrovertibile che la magia sta per iniziare.


Quindi, così com’è arrivata, l’onda di suono poco a poco si sgonfia e lascia spazio al silenzio e all’attesa, poi di nuovo interrotti dall’entrata in scena del direttore: ad accoglierlo, come in una coreografia rigorosa, gli orchestrali che si alzano in piedi e gli applausi del pubblico che echeggiano fragorosi per tutto il teatro. C’è in questo una ritualità precisa, una sorta di copione non scritto che va in scena su ogni palcoscenico e che ricopre di sacralità l’ambiente ancor prima che la musica inizi: così, quando nella serata del 17 gennaio il pubblico del Teatro dal Verme ha accolto tra gli applausi prima l’Orchestra La Corelli, accompagnata da Angelo Trabace al pianoforte, e poi il Maestro Davide Rossi, era già palpabile nell'atmosfera la preziosità dell'occasione.


In effetti, l’eccezionalità della circostanza era già stata dichiarata da Colapesce e Dimartino – che ora raggiungono i musicisti sul palco, accompagnati dall’entusiasmo del pubblico – al momento dell'annuncio del tour che ha fatto tappa anche a Taranto, Bari, Matera, Palermo e Carpi, oltre che nel teatro milanese:

“Come sapete, dopo quasi cinque anni vissuti fianco a fianco abbiamo deciso di prenderci una pausa. Non sappiamo quanto durerà, non sappiamo cosa succederà, ma sentiamo che sarà un arrivederci e per questo abbiamo deciso di fare le cose in grande […]. Saranno degli appuntamenti unici e irripetibili. Un gran ballo che non vediamo l’ora di fare con voi”.
"archi, ottoni e preoccupazioni"

L’avevano già anticipato, all’uscita di "Lux Eterna Beach" (pubblicato nel novembre 2023 per Dischi Numero Uno), che presto si sarebbero presi una – comprensibile – pausa per tornare a dedicarsi ai rispettivi percorsi solisti. Così succede che, mentre aspetto l’inizio del concerto e guardo il teatro affollarsi, continuo a tornare all'idea del cerchio che sta per chiudersi e penso che non potrebbe esserci immagine più appropriata: a maggior ragione se considero che nell’aprile 2020 sarei dovuta essere proprio al Dal Verme (se solo la pandemia non avesse sconvolto ogni piano tenendoci bloccati nelle nostre case) per il primo tour di un progetto a due di cui ancora non si conoscevano suono e direzione; e che cinque anni dopo mi sono trovata – per un’assurda coincidenza, seduta nello stesso posto 13, fila 2, segnato sul biglietto comprato anni prima e poi inutilizzato – ad assistere all’ultima festa di quella collaborazione che tanto ho amato.


Nel mezzo, cinque anni densissimi: la pubblicazione de "I mortali" nel 2020 (poi ampliato con il repack "I mortali²", l’anno successivo), due partecipazioni al Festival di Sanremo e l’esposizione al grande pubblico (prima con "Musica leggerissima" nel 2021, poi con "Splash" nel 2023), l’esordio cinematografico con "La primavera della mia vita" (uscito nel 2023 con la regia di Zavvo Nicolosi), il secondo disco di inediti "Lux eterna beach", svariati concerti su e giù per l’Italia e l’uscita dell’album live "Archi, ottoni e preoccupazioni. Colapesce e Dimartino dal vivo con l’orchestra" (che ha anticipato l’omonimo tour, ormai concluso).


Le luci in platea si abbassano, quando le poltroncine azzurre sono ormai del tutto occupate. Il "gran ballo" di Antonio e Lorenzo prende il via sulle note di "30.000 euro", contenuta nell’ultimo lavoro in studio dei due, che già nella versione incisa presentava un arrangiamento orchestrale; ascoltandola adesso, in teatro, si ha la sensazione che il suo spirito possa finalmente risuonare in modo compiuto, grazie alla pienezza degli archi che ne sottolineano sinuosamente ogni passaggio e conferiscono al suono una rotondità e lucentezza che solo gli strumenti dal vivo riescono a trasmettere.


Dopo un inizio maestoso e raffinato, la scaletta procede muovendosi tra le tracce de "I mortali" e "Lux eterna beach", ripercorrendo la collaborazione dei due cantautori e riproponendone i frutti in una versione nuova. Anche i brani più noti e risentiti – penso ai sanremesi "Musica leggerissima" e "Splash", tra gli altri –, eseguiti in questa veste così particolare, si manifestano all’udito come freschi e inattesi. Gli arrangiamenti sono di gran pregio, sempre espressivi e coinvolgenti – la cosa non stupisce, dato che dell’orchestrazione si è occupato Davide Rossi (già al lavoro con Cesare Cremonini, Elisa, Coldplay, Depeche Mode) –, e riescono a far riecheggiare in modo inedito le canzoni, donando loro una brillantezza e una vividezza inconsuete.


La morbidezza dei violini, il pizzicato del contrabbasso, l’incedere delle percussioni, la solennità dei fiati, l’eleganza dell’arpa riescono di volta in volta a porre l’accento su singoli versi e motivi, rendendoli ancor più lucidi e intensi; l’armonia e la consistenza del tutti orchestrale danno vigore alle sfumature del cantato e ne intensificano il significato.



Se il terzetto composto da "Sesso e architettura", "L’ultimo giorno" e "Splash" anima e riscalda il pubblico, trascinandolo in un clima quasi da club, l’attacco de "Il prossimo semestre" apre ad un episodio squisitamente teatrale, favorendo le prime risate della serata. Gli habitué dei live di Colapesce e Dimartino ormai lo sanno bene: la canzone, riflessione ironicamente amara sul mestiere dello scrivere canzoni oggi, diventa in ogni data lo spunto per l’episodio – di volta in volta diverso – più esilarante del concerto. "Strofa, ritornello…adesso qua cosa ci mettiamo?" – chiede Antonio; "la strumentale no, poi si annoiano" – risponde Lorenzo – "teniamola lunga, è tutta SIAE". E intanto scherzano con pubblico e musicisti, non senza una punta di amarezza nel momento in cui Trabace intona al piano il tema di "Twin Peaks", offrendo l’occasione per un ricordo al regista David Lynch, scomparso soltanto poche ore prima.


L’ironia ritorna più volte durante il concerto, non solo negli scambi tra i due, ma anche quando a metà serata fa il suo ingresso sul palco un’urna contenente i biglietti scritti a mano degli spettatori che, durante l’attesa nel foyer del teatro, hanno accolto l’invito dei due a condividere le proprie preoccupazioni: Antonio e Lorenzo pescano qualche biglietto e, leggendone il contenuto ad alta voce, offrono i loro consigli per porre rimedio all’"ansia generale" diffusa tra il pubblico. Servono, questi intermezzi leggeri – anzi, leggerissimi –, a evitare che la solennità della venue renda la situazione troppo seria e ossequiosa, ma anche a smorzare la tensione e mantenere bilanciato l’equilibrio emozionale sapientemente costruito dai due.


Guardando l’altra faccia della medaglia non mancano, nel corso della serata, i momenti in cui la tensione emotiva raggiunge il suo culmine, investendo il teatro di una commozione che – lo si avverte distintamente – è condivisa dalla prima all’ultima fila. Il primo scossone emotivo si ha nella sezione iniziale del concerto, quando nel presentare "Nati per vivere" (rifacimento di "Born to live", originariamente scritta da Marianne Faithfull) Antonio e Lorenzo rivolgono un pensiero ad un collega scomparso da poche settimane: "vorremmo dedicare questa canzone a Paolo Benvegnù, crediamo che avrebbe apprezzato". E, dopo l’applauso denso e doloroso con cui il pubblico ricorda il cantautore, iniziano a cantare, rendendogli un omaggio delicato e lieve di cui si percepiscono il trasporto e la sincerità:

"I mostri bussano Ma l'amore li attraversa Nato per vivere e morire E per amarti ancora. Non farmi piangere E lascia stare, Prega per un bel finale Uno per me e uno per te E per quelli che ho incontrato E mi hanno accompagnato In cielo e in terra. E così sia Nati per morire, nessuna colpa Nati per amare, amare e basta."

Il secondo momento di grande commozione arriva più tardi, in apertura al segmento conclusivo del concerto: dopo essere scesi dal palco – "è una farsa, poi ritorniamo" rassicura uno dei due – gli artisti rientrano tra gli applausi. Davide Rossi scende dal palchetto da Direttore e imbraccia il violino, per poi avvicinarsi allo Steinway & Sons nero magistralmente suonato da Angelo Trabace: insieme intonano le prime note di "Povera patria", che Franco Battiato aveva pubblicato nel 1991 e che ancora continua a risuonare tristemente attuale (è questo, il potere delle canzoni dei maestri che sanno cogliere tutte le sfumature del reale e guidarci attraverso esse). Questa versione del brano, con cui già i nostri avevano emozionato eseguendola nel 2021 sul palco dell’Ariston, riecheggia potente e, almeno per qualche minuto, riesce a congelare il tempo.


Il ricordo dei grandi prosegue anche con "I marinai", penultimo brano in scaletta: scritto da Ivan Graziani e rimasto inedito per molti anni, è stato poi affidato ai due cantautori siciliani che l’hanno completato aggiungendo all’embrione esistente le loro voci e un ritornello che apre i polmoni: il risultato è denso, poetico, in grado di travalicare il tempo e lo spazio. Per l’occasione, i due decidono di lasciar perdere amplificatori e microfoni e di suonare in mezzo al pubblico ("se questa cosa non riesce prendetevela con Dimartino, è un’idea sua", specifica Colapesce prima di staccare il jack dallo strumento): e così camminano su e giù per le scalinate del teatro, soffermandosi brevemente davanti a tutti i settori come a ringraziare ogni singolo spettatore venuto ad ascoltarli.


Mentre osservo la scena mi viene da sorridere, perché nella mia testa quell’immagine ne rievoca istantaneamente un’altra, datata all’agosto 2011 e immortalata in un video che i fan di più vecchia data ricorderanno: quello che vede i due – ancora lontani dall’idea di una collaborazione e dal successo che sarebbe arrivato dieci anni dopo – cimentarsi in un mash-up di "Grazie dei fiori bis" e "Ma la notte no", mentre camminano tra i vicoli di Mazara del Vallo, in piena notte, dopo aver condiviso il palco per la prima volta.



Quando tornano sul palco, l’orchestra riprende a suonare e i due ringraziano la propria gente, ora completamente in piedi per applaudirli, mentre le regalano l’ultimo giro di danza. L’impressione, nell’osservare il calore con cui il pubblico del Dal Verme li saluta, è che gli spettatori non vogliano solo complimentarsi per il bel concerto appena visto ma che, piuttosto, stiano condividendo la gioia e l’importanza di un momento cardine nel percorso dei due artisti. Nella standing ovation di fine serata c’è la celebrazione di un percorso coltivato con pazienza e impegno, che ha portato due carriere – ciascuna con la propria individualità – a riunirsi in un binomio perfetto, raggiungendo finalmente il riconoscimento meritato; ma anche la gratitudine per un progetto che ci ha ricordato che un pop d’autore raffinato ed originale può esistere, e che anche le hit da classifica possono essere colme di versi arguti e tematiche intelligenti.


Più volte si ha l’impressione, nel corso della serata, che l’intento primario di Lorenzo e Antonio sia godersi ogni istante del viaggio che sta per concludersi, festeggiando con gioia l’amicizia e la sintonia perfetta che hanno fatto da premessa e guida al sodalizio artistico che per cinque anni li ha visti condividere sessioni di scrittura, palchi, giornate in studio, successi e soddisfazioni: così, per i più romantici (categoria alla quale chi sta scrivendo evidentemente appartiene) il "restiamo insieme finché dura" del ritornello di "Sesso e architettura" e il bivio davanti a cui si ritrovano i due ragazzi de "L’ultimo giorno" non possono che far pensare a quell’arrivederci che i due amici si stanno dicendo sopra al palco. Per la stessa ragione, impossibile sarebbe non commuoversi sulle note di "Majorana", nell'istante in cui i due si allontanano dai microfoni per suonare, l’uno di fronte all’altro, gli arpeggi di uno dei loro pezzi più belli; ancora una volta rivelando – proprio come in quel video del 2011 – l’intimità e la naturalezza di un’intesa e di un rapporto artistico che, semplicemente, erano destinati ad essere.


Grazie, quindi, Antonio e Lorenzo: è stato molto bello. Continuerà ad esserlo.


"Ed era una serata strana L'estate ci sembrava più lontana Siamo scomparsi troppo presto Due lettere nell'universo."


SCALETTA:

30.000 euro

Sesso e architettura

L’ultimo giorno

Splash

Il prossimo semestre

Nati per vivere / Born to Live

La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo

Rosa e Olindo

Cose da pazzi

Musica leggerissima

Innamorarsi perdutamente non è mai un affare

Majorana


Povera patria

Ragazzo di destra

I marinai

Sesso e architettura (strumentale)

Splash

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