Quella a Livrea è stata un'intervista vecchia scuola, registrata in un bar di Roma durante un pomeriggio piovoso di maggio. Abbiamo parlato del traffico romano, di amicizia, ma soprattutto della sua musica, scandita a suon di rock anni '70, merito del padre, e grandi artiste del passato, come Ella Fitzgerald e Amy Winehouse. Il suo nuovo progetto si intitola "Il canto del villaggio", comprende 3 atti, e rappresenta il suo esordio discografico. In questo viaggio si parla di demoni, di insicurezze, tematiche che sono comuni alla maggior parte di noi. Cose di cui si dovrebbe parlare più apertamente, ma che ancora rimangono tabù. Sofia ci riesce grazie ad una voce strepitosa e una delicatezza genuina che riesce a trasportarci in un altro mondo, dove ci sono i membri del suo villaggio, pronti a farci riflettere ma anche ballare, accompagnati da una band pazzesca.
La sua collaborazione con il producer Nubula si conferma azzeccata, i due sono riusciti a creare un universo sonoro e visivo basato su un forte realismo magico, come già ci avevano abituati con "Latte versato", "Houdini" e l'ipnotica cover di "In alto mare". Proprio come suggerisce il nome, Livrea sa cambiare pelle e mostrare le varie sfaccettature della sua personalità, creando un miscuglio generi e percezioni, tutti espressi all'interno di questo lungo viaggio, "Il canto del villaggio".
Buona lettura!
Come mai la scelta del nome Livrea?
Livrea ha vari significati. Io ho preso spunto dal termine zoologico che indica il manto di alcuni animali, come il pavone per esempio. Una pelle che muta in base alla situazione, che si trasforma e si mimetizza. Mi piaceva il fatto che questo manto potesse trasformarmi e rendermi diversa, o mostrare varie sfaccettature della mia personalità. La cosa assurda è che il termine “Livrea” non l’avevo mai utilizzato, poi un giorno leggendolo da qualche parte, mi è subito piaciuto. Suonava bene, e l’ho scelto.
Com’è nata la passione per la musica?
Credo di aver sempre avuto questa “vocazione”. Mio papà era super appassionato di musica, ascoltava la musica rock anni ’70, quindi un po’ ho attinto da lì. In prima media, invece, ho cominciato a prendere lezioni di canto, ho conosciuto un'insegnante che mi ha seguito per molti anni, grazie a lei sono entrata in un coro Gospel, di cui faccio parte ancora oggi. Grazie a questi eventi mi sono appassionata alla musica gospel oltreoceano, e ad un certo punto ho capito che forse era la mia strada. Mi sono lasciata coinvolgere da tutto quello che ascoltavo, per poi riportarlo ad una fase odierna, contemporanea.
Parlaci di questo nuovo progetto: “Il canto del villaggio” e della scelta di renderlo una sorta di viaggio diviso in 3 tappe
Questo album nasce dall’esigenza di voler raccontare un viaggio che comprende non solo una partenza e una conclusione, ma anche delle fasi intermedie. La scelta di suddividere l’album in 3 atti è arrivata dopo, sia per una questione commerciale, sia perché già dall’inizio c’era l’idea di raccontare questo viaggio attraverso delle tappe, per poter far rimanere l’album in testa. Non mi piaceva l’idea di bruciare queste tappe pubblicando subito tutto il progetto. Insieme a Nubula, il mio produttore, e Francesco Mameli, che segue la parte di management, abbiamo optato per questa scelta. Questa tripartizione parla di quelli che sono i miei demoni, le mie paure, i miei timori, e di come cerco di affrontarli e risolverli.
In particolare, la prima tappa di questo viaggio ha visto la luce il 24 marzo, contiene al suo interno le tracce: “Ascoltami”, “Non ti brillano gli occhi”, “Visioni notturne” e “Katàbasis”. Cominciamo da Katàbasis, cosa vuol dire questo nome, e di cosa parla?
Katàbasis è letteralmente un viaggio negli inferi, un concetto presente in molti esempi di letteratura greca antica, ho preso spunto da lì. Ho voluto fare un parallelismo tra il significato di questo termine e la fine di un rapporto affettivo con una persona…
Il primo atto comincia con “Ascoltami”. La prima frase potrebbe riassumere l’intero EP: “Canto per liberarmi dai demoni”, quali sono questi demoni di cui parli, e a chi è riferito il titolo della canzone?
"Ascoltami" è un imperativo, mi piaceva il fatto che fosse una sorta di sberla, una frase diretta che vuole richiamare l’attenzione dell’ascoltatore e sbattergli in faccia quelle che sono le mie esigenze e perché sto costruendo questo percorso, che rappresenta l’inizio della mia discografia, quindi per me era importante trasmettere subito una motivazione forte.
Per quanto riguarda il processo di scrittura e di arrangiamento, come gestite il lavoro in studio tu e Nubula? Ognuno ha un compito specifico, oppure vi date una mano a vicenda?
Abbiamo la fortuna di avere al nostro fianco i membri della band, che sono dei musicisti bravissimi, e che amano follemente il progetto, supportandoci continuamente in studio. Per il resto, solitamente io scrivo qualcosa al pianoforte, lo mando a Nubula, che ci fa qualche arrangiamento sopra. Poi ci troviamo in studio, continuiamo a costruirlo insieme, e fortunatamente Nubula è molto preciso e maniacale, proprio come me. Ha un mondo sonoro che è molto ricercato, siamo influenzati dagli stessi ascolti, per esempio, una cosa che facciamo tanto è ascoltare musica insieme, ci troviamo a casa di Francesca e facciamo delle serate ad ascoltare i vinili. Siamo influenzati da molte cose, e avendo a disposizione una band, persone che suonano diversi strumenti, riusciamo a comporre dei brani con molte parti diverse di tastiere, sax ecc.
La copertina è molto particolare: ti ritrae insieme ad altre persone e siete vestiti come membri di un villaggio, com’è nata l’idea?
All’interno della copertina ci sono vari personaggi, compresa me, ed ogni personaggio rappresenta un pezzo. Per esempio, io sono “Ascoltami”, e così via. Questa cosa l’ho pensata io, poi mi sono fatta aiutare da Sin Glam, il mio makeup artist, e da Angela Tollini, che insieme a me cura tutto l’aspetto creativo e visuale. Sin Glam è “Angeli Notturni”, mentre Angela è “Corpi Astrali”. Ho preso spunto da molti riferimenti fotografici e artistici, che si concentrano all’interno di un paesaggio surreale.
Continuando a parlare di ispirazione: chi lo è stato per la tua musica? Quali sono gli artisti con cui sei cresciuta?
Io ho iniziato a scrivere ascoltando Levante, credo che sia stata lei a farmi dire “perché non provare a scrivere?”. Anche lei dà molta importanza all’aspetto visivo, dà un senso a quello che fa, ed è proprio quello che preme anche me: dare un senso ed un perché, non lasciare nulla al caso. Andando un po’ indietro, invece, Ornella Vanoni, e poi Pino Daniele, colui che ha portato la Black music in Italia, un riferimento che non può mancare. Per quanto riguarda l’estero, penso alle grandi cantanti Jazz, come Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Lauryn Hill, Amy Winehouse. E poi, tra tutte, la regina Björk, soprattutto perché riesce a costruire un mondo, a portarti da un’altra parte. Mi ha ispirato a voler creare qualcosa di assolutamente astratto.
Il secondo atto è uscito il 28 aprile, e comprende “Corpi astrali”, “Interludio” e “Tracce amare”. In particolare “Tracce amare” è molto interessante, ha cambi di ritmo, l’unione di molti suoni diversi, soprattutto l'assolo di sax che parte nelle battute finali, è molto travolgente. Com’è nata questa canzone?
Questa è una canzone che non vedo l’ora di suonare live, è una traccia particolare perché all’inizio non ci piaceva, ce l’avevamo pronta ma è rimasta nel drive per un po’ di tempo, perché non riuscivamo a collocarla da nessuna parte. Riascoltandola, ci sembrava un po’ piatta, così l’abbiamo stravolta, cambiando l’arrangiamento, e poi abbiamo inserito la parte finale di sax.
Nella tua musica si percepisce un’attenzione al suono quasi maniacale, c’è ricercatezza e precisione. Alcuni suoni sembrano quasi "tribali", elemento importante di ogni villaggio che si rispetti. Come siete arrivati a questa evoluzione di suono?
Stando tanto in studio, ad ascoltare, a provare, soprattutto suonando in preparazione delle date live. Nonostante abbiamo fatto poche esibizioni dal vivo, ci sentiamo assolutamente pronti a farvi ascoltare l’evoluzione di questo progetto.
Nel tuo EP ti esponi parecchio, non hai paura di mostrare le tue fragilità, volevo chiederti quanto fosse terapeutica questa cosa per te, e quanto è difficile farlo, considerando la società di cui facciamo parte, in cui non ci è concesso farci vedere in difficoltà.
Secondo me è più difficile esporsi al di fuori della musica e uscire dal proprio ambito. Io non faccio così fatica a scrivere la mia musica, perché è un’esigenza, uno sfogo, se non lo facessi probabilmente starei male. Ma mi rendo conto che anche parlarne al di fuori è un dovere, per poter normalizzare certe tematiche. Amo la scrittura vera, senza fronzoli, come quella di Levante o Brunori Sas, adesso forse la mia scrittura è ancora un po’ fuggevole, ma con il tempo spero di poter migliorare sempre di più. Fortunatamente mi sento una spugna, cerco di prendere spunto da tutte le persone che incontro.
So che fai la barista di notte, quanto è dura conciliare la musica con il lavoro?
Fortunatamente il lavoro da barista non mi occupa così tanto tempo, e ho dei genitori che supportano questa mia ossessione per la musica. E poi, il mio datore di lavoro è molto fan del progetto Livrea!
Hai mai pensato di trasferirti in una città che offra più possibilità a livello musicale? Come per esempio Milano, Bologna ecc.
Abito a San Vito di Cerea, nella Pianura Padana più profonda, un posto che mi ha ispirato tantissimo, dove c’è tanto verde. Sono sempre stata abituata allo spazio, ai luoghi molto ariosi. Da una parte sono stata molto ispirata, dall’altra sento che mi sta molto stretta, la città mi piace molto, soprattutto il fatto di poter essere un puntino al suo interno. Non amo il voler conoscere tutto di tutti, cosa che solitamente accade in un posto piccolo. Per esempio, i clienti che vengono al bar dove lavoro probabilmente non conoscono il mio progetto. Non mi interessa espormi in quel modo, preferisco essere trovata. Sicuramente quello di trasferirmi sarà un passo che dovrò fare a breve. Tornando al discorso di prima, sono una spugna con tutto quello che mi circonda, perciò, sento l’esigenza di dovermi spostare per poter scrivere qualcosa di nuovo. Sarebbe bello poter scrivere un album in ogni posto dove vado. “Il canto del villaggio” rappresenta tutto quello che ho vissuto nel posto dove sono nata, compresa casa di mia nonna, la mia infanzia, l’aria aperta.
Sappiamo che tra un po’ uscirà il terzo atto dell’EP, puoi darci qualche anticipazione?
Il terzo atto uscirà all’inizio di giugno, conterrà 4 tracce, mentre i primi due hanno 4 e 3 tracce, per un totale di 11 canzoni. E pensandoci bene, 4-3-4 è una delle strade principali che passa attraverso il posto in cui abito, si chiama proprio 4-3-4!
In questo terzo atto ci sarà qualche featuring? E come mai la scelta di non inserirne nei precedenti due atti?
Non è stata una scelta ponderata, semplicemente è successo. a livello musicale, nel terzo atto ci saranno altri due produttori che si intersecheranno con il lavoro di Nubula. Essendo un lavoro molto autobiografico, per quanto riguarda la scrittura ho preferito tenere la penna solo per me. Ma non escludo nulla in futuro, proprio ultimamente ho scoperto che scrivere insieme a qualcun altro è un qualcosa di unico, che dà vita a rapporti indissolubili. Per esempio, a settembre 2022, ho partecipato ad un workshop di scrittura in uno studio alle Officina Sonora del Bigallo. Il team di Believe ha selezionato 9 cantautrici, tra cui me. Ho conosciuto artiste bravissime come Assurditè e Beatrice Dellacasa. Abbiamo condiviso un’esperienza molto forte che credo ricorderemo per sempre.
Ti piacerebbe scrivere per qualcuno?
Sì, molto. Non mi è ancora capitato, ma mi piace l’idea di poter immaginare di essere qualcun altro. Al momento, quando scrivo le mie cose, le penso sempre in prima persona. Ma credo anche che quello che vivo io lo vivano molte altre persone, perciò, potrei pensare cose che penserebbero altre persone. E poi sarei molto curiosa di sentire come altri artisti interpretano le mie parole.
Prossime date live? Dove potremo venire ad ascoltarti?
Il 22 giugno suonerò a Roma, a Largo Venue, nell’ambito di “Maschiaccie”, un festival tutto al femminile, saranno presenti altre giovani cantautrici. Sarà un evento molto importante, soprattutto perché finalmente si sta facendo luce su quelle che sono le problematiche della presenza di artiste o lavoratrici all’interno dell’industria musicale. Partecipare a questo tipo di eventi mi rende molto orgogliosa.
Se tu avessi la possibilità di aprire il concerto di un grande artista all’Arena di Verona, chi vorresti che fosse?
Ti direi Levante, soprattutto perché andrò a sentirla proprio all’Arena, e passerò tutto il tempo a guardarla e pensare “cavolo, anch’io voglio suonare all’Arena!”. Poi, mi sarebbe piaciuto aprire un concerto di Amy Winehouse, ho sofferto molto per la sua perdita. È stata una compagna per me nel corso degli anni, una grande fonte d’ispirazione.
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