di Gabriele Dimarco.
La scena musicale italiana nel corso della sua storia ha spesso attraversato i confini arrivando anche in luoghi lontani come gli States, patria di numerosi generi che hanno dominato il XX° ed il XXI° secolo. Più recentemente è riuscito a conquistare l’oltreoceano un producer di Genova, Tommaso Colliva, membro fondatore dei Calibro35 e vincitore di numerosi riconoscimenti quali la Targa Tenco (Padania degli Afterhours), il Festival di Sanremo (Fai rumore di Diodato), David di Donatello e Nastro d’argento (entrambi per Che vita meravigliosa di Diodato). Dal palmares di premi conquistati da Colliva si capisce subito che si tratta di un vero e proprio top player della produzione.
Nel suo curriculum può vantare collaborazioni internazionali di un certo valore: Franz Ferdinand, Damon Albarn, Razorlight o i Muse. Proprio con questi ultimi ha iniziato a collaborare già dal 2006 e si è occupato della registrazione e non solo degli album HAARP, The Resistance, Black Holes and Revelations, The 2nd Law, Drones (col quale ha vinto un Grammy nel 2016) e Simulation Theory.
I Calibro35 nascono nel 2007 e pubblicano il loro primo album l’anno successivo. Nel corso della sua attività il gruppo ha collaborato con artisti di diverse parti del mondo e provenienti non solo dall’industria discografica ma anche da quella cinematografica. Sin dall’inizio girano il mondo andando a suonare in vari palcoscenici sparsi per il pianeta: dall’HitWeekFestival di Los Angeles al 100 club di Oxford Street passando dall’Eurosonic di Groninga. Possiamo definire i Calibro 35 un vero e proprio fenomeno mondiale che ha saputo conquistare gli amanti della musica live.
L’ultimo progetto dei Calibro35 è uscito l’11 giugno scorso e si intitola Post Momentum, sequel del progetto uscito a gennaio 2020, in cui il gruppo si immerge tra omaggi agli anni ’70 e riferimenti al futuro utopistico. Si tratta di un disco in cui il gruppo dà uno sguardo all’avvenire cercando comunque di portarsi appresso il passato, ciò si nota nelle sonorità ma anche nei titoli dei brani. Insomma con questo loro ultimo lavoro vogliono viaggiare verso una nuova meta percorrendo le stesse caratteristiche stilistiche che li hanno distinti nella loro musica. Abbiamo parlato di futuro, testi autogenerativi e serie tv direttamente con loro.
Ciao Calibro e benvenuti su IndieVision! Da qualche settimana è uscito “Post Momentum”, il vostro nuovo Ep, un lavoro pieno di riferimenti (musicali e non) al futuro, (penso ad esempio alla traccia “Being a Robot is Awesome”), ma anche al passato. Si percepisce infatti un richiamo al jazz anni ’60, e molti bassi e synth ricordano i decenni successivi. Da dove nasce questo equilibrio e questa voglia di unire diversi temi e generi in un disco?
Dopo un po’ di anni passati a ricercare e studiare come si riporta in vita un suono, non solo attraverso strumenti d’epoca ma proprio recuperando metodi e scrittura musicale in parte andati perduti, ci siamo detti “Beh e ora che ci possiamo fare con queste cose che abbiamo imparato? come possiamo usarle per fare musica ora, confrontandoci con la contemporaneità ma senza scadere nel clichet che obbliga tutti a usare 808 a caso?”
Continuando a parlare di “Being a Robot is Awesome”, ma anche di “Artificial Black Moon”, troviamo la figura di un umanoide dal nome Sophia. Scelta che volendo viaggiare con l’immaginazione ci rimanda all’universo dei Duft Punk, è un omaggio voluto o Sophie nasce da un mondo diverso?
Hai ragione ma non è un tributo voluto. Tecnicamente nasce dall’esigenza di portare dal vivo il brano “Black Moon” - che su momentum vedeva la partecipazione della rapper inglese MEI - mantenendo l’elemento voce cercando di integrarlo nel nostro set. Volevamo evitare le formule facili: voci in base o escamotàge simili e a Luca è venuta l’idea di utilizzare una voce…. artificiale. La cosa è non solo ottima come risultato ma anche concettualmente allineata con Momentum e Post Momentum: fare musica oggi in un mondo che si basa su tecnologia molto intrusiva cercando di non subirla ma di governarla.
Quando poi abbiamo messo in piedi i brani dell’EP è venuto naturale cercare di sviluppare il concetto e avere Sophie come vero e proprio featuring su “Being a Robot is Awesome”.
A tal proposito, fingendo sia un’intervista del futuro: secondo voi si potrà un giorno far registrare un intero progetto discografico ad un robot?
Perché no! I processi di musica e testo autogenerativi sono sicuramente uno dei lati più interessanti della creatività odierna. Forse più che un disco mi piacerebbe fare la soundtrack di un video game così!
Potremmo considerare questo nuovo lavoro in studio lo spin-off di “Momentum”, uscito nel 2020, ma anche il suo continuum. Era un progetto che avevate in mente di fare già dall’inizio o le idee sono uscite fuori successivamente? E cosa rende diverso “Post Momentum” dal suo predecessore?
Post Momentum nasce all’esigenza di riprendere in mano il percorso di Momentum, un percorso bruscamente interrotto causa pandemia ma che sentivamo di non aver ancora sviluppato a pieno e volevamo farlo prima di dedicarci a cose nuove. Non a caso contiene versioni di due brani - “Stan lee” e “Black moon” - nate proprio dal live di Momentum che ci obbligò a confrontarci con l’atavico problema “come facciamo live quello che abbiamo realizzato in studio?” ma anche dei brani - come “Being a Robot” - che hanno proprio avuto le riflessioni di Momentum come base di partenza.
Negli anni i Calibro hanno realizzato diverse canzoni anche per l’industria cinematografica, se questo Ep fosse la colonna sonora di qualche film o serie tv, di che genere sarebbe?
Mi piacerebbe molto “Post Momentum” potesse essere la colonna sonora di un qualcosa di reale, crudo, inaspettato ma altrettanto veritiero come un documentario di Adam Curtis.
Spesso avete lavorato con diversi artisti rap negli ultimi due dischi e tra un lavoro in studio e l’altro, siete stati campionati da Dr. Dre (in “One Shot One Kill”) e da Jay-Z (in “Picasso Baby”). Cosa vi piace di questo genere? C’è qualche altra collaborazione che vi piacerebbe realizzare? All’interno di calibro abbiamo background musicali MOLTO differenti che ci portano ad avere visioni e gusti diametralmente opposti quindi mi è difficile darti una risposta “di gruppo”. Quello che è certo è che Calibro col rap centra eccome perché molte delle musiche a cui ci siamo ispirati noi sono state campionate per realizzare un numero enorme di beat hip hop nel corso degli anni. Penso a compositori del passato come David Axelrod, Galt Mc Dermont, Umiliani o Morricone ma anche a entità artistiche contemporanee come tutta la scena che ruota attornoa Daptone, agli Hiatus Kaiyote o Adrian Younge. Come detto poco sopra però la nostra intenzione non è mai stata “facciamo un pezzo con UN rapper a caso perché ora va di moda” ma le cose son sempre nate dalla curiosità di investigare linguaggi comunicativi nuovi - ad esempio fare musica basata più sul groove che sui temi come in Momentum - o da incontri con persone a noi affini come la versione di “Stan Lee” con Ensi e Ghemon.
Passando un attimo alla carriera di Tommaso da produttore “extra” Calibro35, sappiamo che negli anni hai collaborato con numerosi artisti italiani ed internazionali, vincendo il Festival di Sanremo con Diodato lo scorso anno, il David di Donatello e il Nastro D’Argento per “Che vita meravigliosa” come miglior canzone originale, la Targa Tenco con gli Afterhours nel 2012, fino ad arrivare a vincere un Grammy nel 2016 per l’album “Drones” dei Muse. Innanzitutto come hai vissuto quella vittoria? Com’è nata la collaborazione con i Muse e cosa ti ha colpito di più nel lavorare con loro? Tutt’oggi, dopo più di vent’anni passati ogni giorno in studio senza significative pause, sono stupito da quanto adoro il mio lavoro. Il percorso con Antonio, così come quello coi Muse e con tantissimi altri artisti nasce dal cercare sempre di realizzare al meglio le idee che hanno in testa. Dal capirne i motivi, capire cosa si vuole comunicare, individuare un piano, quali possono essere gli intoppi e i problemi e trovare soluzioni. Si cerca di fare le cose al meglio e poi - quando si fan le cose per bene - succede che le cose funzionano: si riesce a comunicare con un pubblico che ha voglia di ascoltare e di farsi emozionare da quello che facciamo. A volte arrivano pure i riconoscimenti “ufficiali” come Sanremo o i Grammy e fanno molto felici ma il vero “risultato” per me è sempre la magia che occorre quando un artista riesce a comunicare con un pubblico bypassando la logica, i trend e le mode.
Dopo un anno e mezzo di pandemia gli artisti possono tornare nuovamente a suonare su un palco, voi suonerete in tutta Italia, tra le varie date abbiamo Prato il 12 luglio, Bergamo il 16 luglio, Siracusa il 30 luglio o ancora Arezzo il 5 agosto. Qual è la cosa di un tour che vi è mancata di più? Che tipo di live dobbiamo aspettarci venendo ad ascoltarvi? Fare musica si esplica in molti modi: hai le idee, le coltivi e le cresci in studio per poi portarle in giro per il mondo cercando di arrivare il più possibile alle orecchie delle persone. Il percorso di “Momentum” fu bruscamente interrotto dalla pandemia - 15 date in Italia e altrettante in Europa annullate da un giorno all'altro - e ora vogliamo riprendere in mano il discorso, portare in giro quel lato di noi e farlo sentire a tutti.
Per chiudere, oltre a ringraziarvi per il tempo dedicatoci, voglio ricordare ai nostri lettori che il prossimo anno festeggerete ben 15 anni di carriera e quindi vi chiedo: avete già qualcosa in mente per celebrare quest’anniversario?
In verità no e mi fa molta impressione anche solo pensarci. Quando ne abbiamo compiuti dieci abbiamo fatto un disco che mi piace moltissimo ancora ora come “Decade”, spero saremo in grado di replicare con qualcosa di altrettanto bello!
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