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Appino: un'operazione culturale di nome "HUMANIZE" - Recensione

Mi ricordo quando Elio definiva le sue comparsate a “Parla Con Me”, ospite di Serena Dandini, delle “operazioni culturali”. Ad Elio e le Storie Tese devo tanto, mi piace pensare che anche quei medley un po’ spruzzati di satira, un po’ di trash, ma comunque suonati (sì, suonati in tv, incredibile ma vero!), abbiano contribuito a farmi essere questo tipo di ascoltatore. Il programma della Dandini è stato cancellato dai canali pubblici nell’estate 2011 con i voti di 5 consiglieri di centro-destra, in uno dei tanti ribaltoni della Rai, un po’ come quello che stiamo vivendo oggi. Ironia della sorte, è il 31 dicembre, sto iniziando a scrivere questo articolo (Così tardi? Sì: “HUMANIZE” è un disco tosto, ci arriviamo dopo. Un po’ di mia inconcludenza e un po’ di necessari ascolti intensi, complice l’assenza di preascolti inviatimi, hanno portato il sottoscritto a cominciare solo ora a mettere nero su bianco queste parole, in quella che invece che essere l’ultima recensione del 2023, sarà la prima del 2024), ed è un dato proprio di questi giorni uno storico sorpasso dei rivali di Mediaset ai danni della TV che, ormai, “Di tutto, di tutti”, ha solo lo slogan. 



In sintesi, nuotiamo in un marasma nel quale si ha sempre meno il coraggio di stracciare i canoni di quello che facciamo, di fare televisione in modo diverso, di fare recensioni lunghe e non copincolla dei comunicati stampa e di fare i dischi più lunghi dei soliti 40 minuti, di non accontentarsi di quello che ha funzionato e piace al tuo pubblico.


Ci ha provato finalmente Andrea Appino, leader e penna degli Zen Circus, con i quali, soprattutto negli ultimi 2, esagerando 3, lavori mi ha dato proprio l’impressione opposta, quella di “accontentarsi” di quanto tracciato fin lì in una carriera maiuscola nella scena dell’alternative italiano, nonostante, appunto, l’ultimo paio di dischi a mo’ di “compitino”.


Con sentimento di curiosità e aspettativa, lievemente mitigato dalle premesse di cui sopra, venerdì 17 novembre, giorno d’uscita, ho premuto play per ascoltare “HUMANIZE” (Woodworm), terzo lavoro da solista, a distanza di 8 anni dall’ultimo lavoro “Grande Raccordo Animale”. Ne sono uscito ammaliato e affascinato, un’ora e dieci minuti dopo, per la precisione 14 canzoni e 9 skit dopo. Ho utilizzato l’espressione “operazione culturale” per descrivere l’album, il cui titolo parafrasa una funzione presente in alcuni software di audio editing che ha come scopo quello di “umanizzare” rendendo meno precise alcune sequenze o esecuzioni musicali, poiché l’autore ha inserito, prima di ogni canzone (o gruppo di canzoni), un estratto di intervista sul relativo tema, realizzata personalmente nei contesti più svariati (carceri, centri diurni, scuole, ecc): dei “comizi di umanità” nei quali Appino si è messo a disposizione dell’umanità che ha voluto raccontare.

“8 anni di lavoro condensati in 72 minuti di musica, 23 tracce, 14 canzoni, 9 comizi di umanità. Un viaggio attraverso ciò che più ho amato, più ho odiato (e meno ho capito) al mondo: noi”

Andrea Appino (foto di Giacomo Francesconi)

Dopo il primo skit, “sprovveduti e sconosciuti”, nel quale arieggiano risposte ad una domanda che a occhio e croce ruota attorno all’esistenza umana, è “DEL NOSTRO AVVENIRE” ad aprire il tutto: su un pattern di tastiera gocciolante, una bellissima ballata con qualche affaccio di elettronica e qualche arco, a fare da manifesto della nostra esistenza, per quanto piccola e volatile essa possa essere.


“Ci mancheranno anche le code, il traffico, i supermercati Le urla nelle case, le urla dei neonat Andare all'ospedale e sentirci dire: "Non è niente Uscire vivi dalla macchina appena dopo un incident Ci mancheranno tutti, protagonisti a loro modo Di questo mondo bastardo, di questo mondo meraviglioso”

Dopo qualche altra intervista (in realtà nascosta nella traccia precedente), arriva “METTI QUESTA AL MIO FUNERALE”, lo dico già, una delle mie preferite. C’è tutto, da un’intro movimentatissima con uno strumento a corda che non identifico (perdonatemi, mi piacerebbe trovare dettagli di questo tipo online, ma purtroppo non scovo nulla di tutto questo), al ritornellone, fino ad uno stacco elettronico, con un solo finale, appena dopo un nuovo ritornello, praticamente tre canzoni dentro una.

“Il lato oscuro non fa male, è solo amore Non risponde alla morale, come un leone”

Il secondo skit, “lo status quo”, a tema paura, che si va a spostare, inevitabilmente, verso il tema guerra, porta alla “macro-sezione” più grande del disco (tre canzoni): è il turno di “È SOLO UNA BOMBA”. Cassa dritta, linea vocale in pieno stile Appino che va a riflettere la malinconia del testo, per una canzone quasi sussurrata che, nel dubbio, fa centro.

“E dopo la bomba, cosa rimane ad unirci ancora? Un po' d′acqua e una coperta, dei sacchi sopra la finestra Il calore, il fresco, il conforto del buio e della luce E questa cassa che ancora batte nel torace”

Il primo singolo di “HUMANIZE” è stato “Carnevale”, che ho avuto modo di apprezzare soprattutto inizialmente, una ballata sincera e sentita, che resta a mio avviso un passo sotto il resto dell’album, non tanto per demerito suo, quanto per merito del resto.

“Forse l'amore non so cos'è Poco importa, guarda quanto ce n'è Siamo coriandoli sporchi sul marciapiede”

“LA FINE DI UN RAGAZZO” è sicuramente la canzone più radiofonica: anche qui la melodia della voce è perfettamente coerente col nostro, sarà che nella mia vita l’ho ascoltato così tanto che ormai l’ho davvero assimilato, in qualsiasi caso qui funziona tutto bene, dalla strofa al ritornello, vincentissimo, passando per un bell’intreccio di chitarre e un testo sferzante (posso tranquillamente dire che in “HUMANIZE” non ne ha sbagliato uno).

“Ci rivedremo presto amici in ospedale Tanto dove sono adesso il tempo è eterno Un battito di ciglia e sarà il vostro turno In questo oceano di male complesso Vi voglio bene lo stesso Il mondo andrà avanti dove deve andare" Vi ammalerete di vita fino alla fine”

Il terzo skit "società anonima", decisamente il più caotico, è perfetto per introdurre la canzone successiva. Parte “ENDURO” e arriva la bomba. Cantautotrap, motoseghe campionate, un basso devastante e voci distorte: un seguito alle strade più dark (e più fighe!) di Capossela, sì, proprio quel Capossela che da quando ha smesso di fare “Che cossè l’amor” avete smesso di ascoltare, sia mai che un artista si schiodi dalla sua macchietta.

“Ho cantato sempre e solo della morte Adesso basta, canterò la vita Viva la vita!”

“Cos’è l’amore”, ironicamente come il titolo della canzone citata qualche riga qui sopra, è verosimilmente anche la domanda che porta alle dichiarazioni del quarto skit, “liberi dalla vicinanza”, che precede “GENIO DELLA LAMPADA”, una ballatona con uno dei migliori testi dell’album (“E sentire l'anima cadere sopra un marciapiede / Fra le scarpe della gente in fila per entrare in un locale / A sudare via l'orrore, la paura della morte, il dolore della vita / Le cose che non hanno spiegazione, come averti incontrato”), in cui Appino gioca in casissima e ci dimostra ancora una volta di essere tornato, finalmente, in forma smagliante.

“Un tempo ero un mostro appeso ad una liana E gridavo a tutti quanti che la vita è una puttana Stavo bene, anzi meglio senza di lei”

Dopo il quinto skit, “debito pubblico”, un arpeggio terzinato introduce “QUANDO MI GUARDI”, che chiude il terzetto di brani più “classicheggianti” di “HUMANIZE”, quelli tendenti al cantautorato più canonico: ritengo ottima l’idea di metterli tutti vicini, per creare una sorta di “set”, chissà mai che possa esserci qualcosa di analogo dal vivo.

“La libertà non si compera Lo dice solo chi l′ha già comprata”

“algoritmia”, sesto skit nonché primo nel quale predominano le sintesi vocali, introduce la traccia numero quindici “INTERMEZZO: E TALI RIMARREMO” che, come da nome, spacca un attimo l’atmosfera con poco più di un minuto di riarrangiamento di “DEL NOSTRO AVVENIRE” per soli archi: piacevole e funzionale. Segue “IL MONDO PERFETTO”: torna l’elettronica, in modo importante, e tutto sommato ne sono felice. Andrea si spinge decisamente fuori dalla sua comfort zone per metrica e sound, almeno per quanto riguarda la strofa, perché dopo i primi sessanta secondi il tutto va a mescolarsi ad un ritornellone riuscitissimo. Ai primi ascolti una delle canzoni che ho capito meno, ma andando in là è una di quelle che sto apprezzando maggiormente.

"Sei la mia icona, l'ospite speciale Il contenuto esclusivo, la nuova collezione Una fashion queen dell'Ancien Régime Mangeremo green sul tetto di una limousine"

Lo skit numero sette, “non tutti i lupi sono capobranco”, al grido (sacrosanto e benedetto) di “Detto questo, la prima persona che mi dice ‘tu sei speciale’, io gli sputo in un occhio: no, non sono speciale nella maniera più assoluta!”, ci accompagna alla frenetica “L’ADUNATA DEI DISINTERESSATI”, bellissima già dal titolo. Il beat corre veloce, accompagnato da un intreccio di basso e chitarre ritmate, con un’altra riverberatissima a fare da controcanto, scelta fantastica.

“Ti hanno detto: "Sei diversa, sei speciale" Te l′hanno perché tutto rimanesse uguale”

Quasi a rispondere alla sedicenne “Anna” citata nel brano precedente, “CREATURA” costruisce su un tappetone di synth un tema mosso ma compassato, sul quale Appino monta forse la linea più particolare di questo album. Un intermezzo che ci ha creduto fino in fondo, per poi aprire nell’ultima parte ad un beat molto più “dritto”, nel quale si nasconde anche una melanconica intervista.

“Conosco bene il peso che ti porti addosso E grazie a quello io ti riconosco”

Il rapporto con Dio, qualunque cosa questa parola di tre lettere voglia dire, è al centro del penultimo skit “a sua immagine e somiglianza”, che fa da ponte all’elettrizzante ed industrialissima “ETÀ DELLA PIETRA”: chitarre, urla e bassi distorti, sound che mi ricorda le tracce più incazzate de “Il Testamento”, ci voleva.

“Arriva un pacco, prendo il taglierino, lo apro e dеntro c'è niente Tremo, mi dico: "Appino, cosa ti turba?" Di aver comprato il nulla”

A concludere il valzer degli skit, ci pensa “l’ombra di un’incertezza”, che parla di tutto quello che c’è dalla morte in poi. La chiusura di “HUMANIZE”, invece, è affidata ad “ORA”, nella quale troviamo in primo piano, prima di un’outro glam rock, una chitarra acustica con un arpeggio aperto e forse il più bello tra i testi dell’album, più che degno finale di questo disco stupendo.

“Digli che sei fiero di com'è oggi Anche senza soldi, anche senza abbracci Digli che meglio non poteva fare E anche se poteva, tu non glielo dire”

23 tracce e non una a vuoto: non era facile, ma Appino ce l’ha fatta, complimenti!




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