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Immagine del redattoreEcceNico

Ascolta in anteprima la spaziale energia di "30 decibel di verità" dei Nova

La band che vi presentiamo in anteprima oggi ha tanta di quella energia e di poesia nelle sue corde che potrebbe fare un certo effetto a chi è digiuno di concerti e vibrazioni da palcoscenico - quindi, in sostanza, tutti noi. Proprio per questo abbiamo deciso di farlo: questo vigore e questa passione non si sentono spesso nei nostri impianti audio.

I Nova, band sammarinese nata dalle ceneri di Four Maniac Partners, si propongono già dal nome di far esplodere qualcosa di nuovo e brillante nelle orecchie degli ascoltatori e del panorama musicale italiano.

"È l’amore ciò che ci resta, la vera cura alla nostra vista" (da "Cosmonauta")

Alle fondamenta di "30 decibel di verità" ci sono interrogativi importanti: dove ci porterà l'affollata platea di opinionisti da social che monopolizza i dibattiti abbassandone la qualità (qualcuno li chiamerebbe 60 milioni di partiti )? Perchè rinneghiamo, ignorandolo ardentemente, l'oblio a cui siamo destinati? In cosa condensiamo la fiducia che è al contempo paura del futuro? Che ce ne facciamo dell'incomprensione esistenziale in un mondo in cui siamo tutti isole senza ponti?

Il fulcro di questo lavoro risiede innanzitutto nella raffinata cura del suo scheletro narrativo, farina del sacco di Andrea Migliano e Thomas Bollini, due fanatici di fantascienza e letteratura che riflettono nei loro dubbi una maturità ed una sensibilità esemplari. "Smontatemi con la vostra apparenza, mi inchino dinnanzi alla vostra trasparenza" cantano in "Cosmonauta", traccia d'apertura dell'album: cosa si nasconde dietro l'affannata ricerca della perfezione agli occhi altrui se poi, provando a sembrare ciò che non siamo, finiamo per essere trasparenti?

L'intero album pare una seduta psicanalitica con noi stessi, un sapiente connubio di laconiche provocazioni e scomode domande. "Silenzio", ad esempio, concentra l'attenzione verso la solitudine dei numeri primi, di quei pochi che hanno qualcosa da dire ma che non riescono a spiegarsi per un rumore di sottofondo troppo forte. "Ho pensato erroneamente che una stanza piena di persone equivalga sempre ad un pubblico pieno d’emozione": mi raccontano che alla origine di questo verso c'è un episodio vissuto in prima persona da Thomas, che una sera si era ritrovato ad ascoltare a La Bettola (pub sammarinese) un artista dal talento a suo dire eccezionale ma di cui il pubblico sembrava ignorare l'esistenza, chiacchierando ad alta voce e sovrastando il volume della performance. E allora "silenzio, cazzo silenzio" diventa un inno all'ascolto, al prestare attenzione a chi ha qualcosa da dire, sempre che quel qualcuno ci sia: in "Manifesto dell'Inetto" questo qualcuno dovrebbe essere il protagonista, che però si fa da parte, ammette "Tutti sputano sentenze, le opinioni sono sparite, le mie mai sono esistite". Difficile provare a dire la propria quando chi ci prova si macchia di una spocchia asfissiante, di una presunzione che trasforma ogni opinione in sentenza. Piuttosto che partecipare a questo gioco perverso a chi alza più la voce, sarà forse meglio tacere, col rischio di restare indietro, in ritardo per l'alba che "sta sorgendo sul nuovo secolo". Impersonano simbolicamente questa resistenza i poeti crepuscolari Marino Moretti, Sergio Corazzini e Guido Gozzano.

"Certi pensieri non esistono, Son solo avidi neuroni in festa, Che si ubriacano e decidono, Se Dio regni in cielo o nella nostra testa" (da "Freddie")

Arriva il turno di "Freddie" e la seduta di psicanalisi giunge all'apice: quando siamo stufi dei doppi giochi, degli opportunismi, dei sorrisi di circostanza e delle mezze verità, il Freddie che è in ognuno di noi - Donnie Darko lo chiamerebbe Frank - prende vita e scuote la testa: "Sai ho sentito dire in giro che una volta ogni tanto Freddie si mette a nudo e lo ammiro, perché Freddie è uno strambo." C'è un limite a tutto, anche a quanto ognuno di noi è disposto a fingere, a recitare la propria parte.


Il perchè ciò dovrebbe importarci è presto svelato in "Astri Egoisti", un brano dal forte sapore cantautorale. "Sai cosa resta di una vita qualsiasi?" un brano dedicato alla scomparsa di una persona cara alla band. Di ogni vita restano solo ricordi ed emozioni che è nostro interesse mantenere quanto più genuini e veri possiamo per non corrompere quel briciolo di eredità che accompagnerà il nostro nome dopo di noi. Chiude la seduta "Cirrosi Empatica", una resa incondizionata alla triste realtà dei fatti: "Ormai troppo tempo ho passato nei vostri panni, per rimediare ai danni, mi accollo la vostra cecità, tracollo lesa Maestà."

"E passeran miliardi di secondi Sbocceranno fiumi di ricordi Mari assorti nei nostri sguardi Indifferenti e stanchi." (da "Astri egoisti")

Non bastasse lo stellare spessore di scrittura, si aggiunge a questo simposio di idee ed intuizioni esistenziali un febbrile accompagnamento musicale, puro piacere per tutti i sensi. Si percepisce l'eredità dei Verdena, (sebbene loro giurino di non averci nulla a che fare: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, Nova non è un riferimento al brano omonimo della band bergamasca), Fine Before You Came ma anche dei Wolf Alice, dei Beach House passando per un universo intero di influenze, splendidamente mescolate a formare un genere da loro curiosamente definito Gipsycore, di cui "Manifesto dell'Inetto" fa, appunto, da manifesto.


Le chitarre di Alberto Rendine, il basso di Tommaso Bernardi, i synth di Andrea Bonfè oltre alle già citate voci di Andrea e percussioni di Thomas dipingono uno scenario di decadente disagio esistenziale, calato in un contesto indie rock dalle forti connotazioni distopiche e fantascientifiche. A partire dalla copertina, scelta all'ultimo momento, raffigurante la luna vista attraverso il telescopio del cosmonauta protagonista dell'avventura musicale.

Chiudiamo questo articolo rinnovando l'invito ad ascoltare questi talentuosi ragazzi della mitologica San Marino e supportarli quanto più possiate: sarà anche attraverso loro che scriveremo il futuro della musica italiana.


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