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"Analisi portafoglio danni" di Tueri Damasco - Recensione

«Disordine, che imparerai ad amare»: si concludeva così una delle canzoni più essenziali della discografia di Cosmo, ed è ciò che mi è subito venuto in mente concludendo l’ascolto di “Analisi portafoglio danni” (La Tempesta Dischi), album d’esordio di Tueri Damasco. È stato amore a primo ascolto, a partire dall’originalissimo titolo che si rifà alla tecnica assicurativa che consente di quantificare la probabilità che una certa persona corra determinati rischi così da quantificarne il prezzo assicurativo. Una metafora geniale di quel processo che ognuno di noi, consapevolmente o meno, mette in campo ogni volta che compie una qualsiasi scelta nella sua vita, per quantificarne non il prezzo in denaro ma quello esistenziale.



Dopo un’intro strumentale dal fresco sapore di folk Boniveriano che ci introduce allo stile sonoro dell’album, arriva “Disordine” che è anche la prima traccia cantata dell’album, un manifesto ermetico e struggente di una filosofia di vita che prima o poi abbiamo fatto nostra in qualche giorno sbagliato: il senso di smarrimento dopo un litigio doloroso, la delusione di un risvolto imprevisto, l’afasia del momento di panico assoluto sull’orlo di un crocevia di vita. L’album parte così, lasciandoci addosso un’inquietudine che un po' ci assomiglia.


Arriva “Santa Valeria”, quella persona che sa di libro vecchio e ricordi sfumati nel suo respiro lento. Una serie di sinestesie dall’efficacia sognante ci riportano con la mente a quella Via Santa Valeria in cui tutti almeno una volta abbiamo avuto l’ultimo contatto con quella persona lì o magari dove il cuore ci riporterà sempre ogni volta che la ripenseremo.


Ci avviciniamo quindi al cuore dell’analisi: “Valore intero”: «un brano con il quale cerco di capire cosa non stia funzionando, senza riuscire ancora a mettere a fuoco». Una chitarra acustica e pochi altri strumenti ci accompagnano senza paura tra i ragionamenti tortuosi e viziosi che accompagnano ogni pomeriggio passato ossessivamente a volere rimettere ordine dove ordine non esiste. Quella che dovrebbe essere solo una fase ma che non si eclissa neanche con l’incedere del sole sotto l’orizzonte.


“Mi consuma” con il suo sax sardonico e le sue sonorità graffianti si immola a emblema dell’incomunicabilità di certi momenti, di certi sguardi che non capiamo e di abbracci che ci allontanano e ci consumano.


Un giorno ho letto Che ogni persona Ha la sua quota Della montagna Che gli appartiene E in cui si sente Una cosa sola Con la natura Che lo circonda (da "01010")

L’apparentemente anonimo cap del paese in cui Tueri è cresciuto ci porta a immergerci in uno dei brani più raggianti – a suo modo – dell’album: “01010”. Tornare a casa è un esercizio di coraggio, a volte: «Spesso ho messo a confronto questo posto con il posto in cui vivo attualmente. La differenza è abissale, quasi come il coraggio che serve per tornare in un posto del quale si hanno ricordi sbiaditi e qualche vacanza nel corso degli anni, ma ancora degli affetti importanti». Un sublimato di buone intenzioni e fragilità che ci riguardano come un posto fisico in cui ci sentiamo davvero a casa. Un brano prezioso.


Che presunzione sperare d’essere nella testa di qualcun altro (da "Primo rischio assoluto")

Il ritorno a casa, questa volta impersonificato da un indecifrabile alter ego della nostra essenza, è ancora protagonista di “Primo rischio assoluto”: un crescendo spaziale lanciato a perdifiato all’inseguimento di un flusso di coscienza che non ci lascia un attimo in pace fino a quando non ci scopriamo soli e bisognosi di correre rischi e lanciarci nelle braccia di qualcuno, a volte, col naso freddo e la voce sospesa.


Ci avviciniamo alla fine dell’analisi con un’ultima dedica d’amore delicata e agrodolce, “Mentre ridi”,  di quelle che affidiamo alle persone di cui siamo talmente innamorati da idealizzare ogni tratto, anche quelli solitamente considerati negativi come una ruga sul viso o uno sguardo tortuoso.


Chiude questo lavoro l’omonimo brano “Analisi portafoglio danni”, che, come il protagonista della canzone, ci lascia con molte più domande che risposte. Che ci lascia pensare a tutte le possibili combinazioni inesplorate che la nostra vita potrebbe e avrebbe potuto prendere in qualsiasi momento. Il pensiero delle eventualità mai realizzate che ci tormenta fino a lasciarci pensare a bocca aperta fissando l’altalena che cigola nel parchetto vicino casa.

 

Si conclude così un album denso e di un’altezza poetica inarrivata da un esordiente italiano nel 2024. Un lavoro certosino e di una bellezza spiazzante, che facciamo nostro già al primo ascolto grazie ad uno stile musicale e lirico squisitamente originali. Un disco che ci parla dritti al cuore di tutti i disordini che sentiamo dentro con una esattezza spietata e coriacea. Tueri Damasco è una stella sui cieli valtellinesi che farà brillare gli occhi anche molto lontano da casa sua.



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