Gabriele Esposito torna dopo due anni dall’uscita di “Via Scarlatti”, con il suo primo ep di inediti “Accurdammece vol.1”. L’artista dopo aver cantato dei grandi successi della musica napoletana nel suo precedente progetto, ha capito col tempo che il dialetto poteva essere la chiave giusta per esprimere, nel modo più naturale possibile, le sue emozioni e la sua visione del mondo.
“Accurdammece Vol.1” per l’artista è la sua “prima vera carta d’identità”, in cui si mostra senza maschere e con la massima sincerità. Nei 7 brani l’amore, la depressione generazionale e la volontà del farsi del bene raggiungono la loro limpida rappresentazione grazie allo stile new-politan che in questo periodo sta emergendo con forza nella scena musicale italiana.
Ciao Gabriele, benvenuto su IndieVision! Negli anni hai spaziato dall’inglese all’italiano per poi unire la tradizione napoletana al pop. Quando ti sei reso conto che il napoletano poteva essere il linguaggio che ti avrebbe aiutato ad esprimerti al meglio?
L’ho capito col tempo, più cantavo in napoletano più sentivo che riuscivo a esprimere con più chiarezza ciò che avevo dentro, e anche con più autenticità. Il primo brano è stato “Napoli lo-fi”, che per una successione di cose sono arrivato a fare in napoletano, per pura sperimentazione, ed è sperimentando e suonando tra le strade della mia città che ho trovato questa espressione.
Il dialetto sta letteralmente spopolando nelle playlist e nelle radio, secondo te perché solamente negli ultimi anni è riuscito a trovare un posto rilevante nell’industria musicale?
Penso che aldilà della musica, sia esploso un po’ questo sentimento napoletano che è qualcosa che in questi tempi particolari e difficili, le persone ricercano; dentro questo sentimento c’è la passione, la veracità, la semplicità.
Accurdammece Vol.1 è il tuo nuovo ep. Come è nato questo progetto?
Accurdammece vol.1 è la mia prima vera carta d’identità. Dopo “Via Scarlatti” in cui ho riarrangiato brani di altri artisti, questo EP è la prima raccolta di inediti (in napoletano), brani nati in anni e periodi diversi, che però hanno un filo che li collega, anzi una corda, le mie corde, che sono ancora alla ricerca di un’armonia, una ricerca che passa attraverso molteplici contraddizioni, che in questa musica e in questi testi hanno trovato spazio per uscire finalmente fuori. La cosa bella è che forse mi sento di star vivendo in questo momento il senso di questo lavoro uscito da poco, mi sto accordando con me stesso e gli altri, grazie alla musica.
Nei tuoi brani sono presenti diverse sonorità che vanno dal funky-pop al pop rock, per poi passare ai ritmi brasiliani al folk per poi abbracciare la tradizione partenopea. Ci sono degli artisti che hanno influenzato in modo significativo il tuo percorso musicale?
In generale ascolto tanta musica, solo da qualche anno ho approfondito un discorso Italo-napoletano perché prima per il 90% ascoltavo musica in inglese; se dovessi citarti 3 o 4 artisti ti direi Kings Of Convenience, John Mayer, Pino Daniele, e tutto il folk e pop-rock che si possa immaginare.
Molto interessante è il brano “Piense a t’annamurà” che affronta il tema della depressione generazionale. Nella canzone canti: “Mò sta a ssentì chesta voce e piense a t’annammurà”, pensi realmente che con l’amore possa risolvere questa malattia generazionale?
L’amore è l’unica vera rivoluzione possibile per questi tempi che corrono, e parlando di corse direi che siamo arrivati alla fine della corsa, siamo ad un livello di coscienza collettiva dove oramai sono chiare certe cose per l’essere umano. Se ci pensi, mai come questo periodo storico le persone si confrontano su temi spirituali e dunque d’amore, dove prima c’erano taboo, chiusura e anche censura; c’è ancora però chi continua a strumentalizzare questo nostro lato spirituale, riuscendoci a mettere su binari che vanno dritti al conflitto, alla distruzione e all’odio. Dall’altro lato il brano dice “ma st’ammore cher’é?” come per dire che alla fine, sta a noi capire come praticare l’amore nella nostra vita, il nostro amore.
“Na Rivoluzione” è un susseguirsi di immagini in cui racconti una tua rivoluzione interiore. La musica ti ha mai mostrato inconsapevolmente alcuni parti di te prima sconosciute?
Assolutamente sì, "Na Rivoluzione" è stato proprio questo per me, più il pezzo prendeva vita più io capivo cosa stava succedendo dentro di me.
In “Si m’annammor” parli della paura dell’innamoramento, cosa ti spaventa di questo sentimento?
Forse il fatto che è qualcosa che ti può far perdere il controllo, qualcosa che è più grande di te, è la paura dell’ignoto, che anche per una cosa bella come l’innamoramento, può emergere, se non si è aperti e pronti.
Il titolo dell’ep ci fa capire che ci sarà un nuovo capitolo di questo progetto, puoi anticiparci qualcosa?
Quello che mi sento di anticipare è che sono canzoni nate in tempi più recenti, dove sicuramente ho preso più confidenza con la mia musica e la scrittura, quindi non vedo veramente l’ora che esca!!
Ci saranno delle date in cui presenterai al pubblico “Accurdemece Vol.1”?
L'11 luglio c'è stata la presentazione in full band al Lido La Sirenetta a Castel Volturno, in spiaggia molto nel mio mood. Per il resto sarò in giro questa estate in tour! Trovate tutte le date sul mio profilo Instagram e Tiktok!
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