In un mondo frenetico, in cui ci sentiamo in dovere di rendere produttivi anche i momenti di riposo, un Ep che ti fa venire voglia di rallentare, è una boccata d'aria fresca per la nostra mente stanca. Sto parlando di "Abbaiare", il modo di Lucrezia per dirci che forse non siamo poi così sviluppati rispetto agli animali, che si godono la vita senza strafare, senza dover dimostrare per forza qualcosa al mondo.
Anzi, forse dovremmo imparare anche noi a correre dietro alle cicale, anzichè verso una ricerca della felicità spasmodica che forse non ci appartiene.
"Tra terra e mare, io voglio vivere con le cicale Tra terra e mare, io voglio vivere dove mi pare Tra terra e mare, io voglio vivere con le zanzare"
"Abbaiare" è l'ultimo Ep di Lucrezia, giovane cantautrice bolognese di base a Milano da una decina d'anni. Proprio la sua permanenza in una città cosi caotica e volta alla produttività, l'ha portata a perdere il focus da sè stessa: perchè affannarci per sentirci accettati e riconosciuti per una produttività che ci fa sentire al passo con gli altri, ma indietro rispetto alla nostra vera essenza?
Non è forse più giusto prenderci il nostro tempo, distogliendo l'attenzione dal mondo che ci circonda? Non è facile, me ne rendo conto, a volte ci basterebbe solo mettere buona musica di sottofondo, e osservare come si comporta il cagnolino addormentato sul nostro divano, incurante delle nostre ansie sulla consegna dell'ennesimo progetto in tempo, o sull'organizzazione dell'ennesimo aperitivo per essere sul pezzo, sfuggendo a questa FOMO che non ci lascia proprio andare. Ci sentiamo migliori degli animali, di tutti gli altri, ma alla fine i più insicuri siamo noi.
"Gli animali sanno sempre cosa stanno facendo, sembrano sicuri, senza dubbi di trovarsi nel posto sbagliato. Ho desiderato tanto sentirmi così anche io. Godere del mio tempo senza doverlo per forza considerare produttivo, senza domandarmi il senso di ogni cosa e semplicemente vivere"
Con questo ultimo lavoro Lucrezia vuole celebrare la bellezza delle piccole cose, che nella loro semplicità danno un senso alla nostra esistenza. La bellezza di una tranquilla colazione in piena primavera, come in Mirtilli, o di una fuga dalla solita città, come in Los Angeles, ci ricordano che forse non è così importante dimostrare di esserci a tutti i costi, quanto di saperci fermare per capire cosa fa stare bene noi, cosa è giusto inseguire, e cosa no.
Come dice lei stessa, dovremmo decisamente prendere esempio dagli animali, che sanno aspettare.
Ciao Lucrezia e benvenuta, come nasce la tua passione per la musica?
Ciao! Parte da molto lontano. La prima volta che mi sono trovata a cantare in pubblico avevo due anni e pochi mesi, avevo seguito mia sorella che faceva i casting per lo Zecchino d’Oro e sono finita a cantare nel coro insieme a lei per sei anni. Oltre questo, in casa mia c’erano molti pianoforti, mio nonno avrebbe voluto fare il musicista ma aveva dovuto rinunciare per questioni economiche, così ha fatto studiare mia mamma che è una bravissima pianista e che a sua volta ha cercato di trasmetterlo anche a me.
Come mai la scelta di tenere il tuo nome come nome d’arte?
È una cosa a cui penso spesso, e a cui ho pensato molto prima di deciderlo. Mi sarebbe piaciuto avere qualcosa di più evocativo, ma tutte le idee che mi venivano non mi convincevano fino in fondo, o mi facevano pensare che avrei potuto stancarmi di quel nome presto. Invece il mio ormai sono 28 anni che lo porto, sono tranquilla che non mi stancherà.
Qualche anno fa hai partecipato ad X Factor, immagino che in molti ti abbiano fatto domande a proposito. Io vorrei chiederti qual è la cosa più importante che hai imparato in quel contesto, che ti continua ad essere utile in questo viaggio nella musica.
Ho imparato l’importanza della determinazione e il potere dei nostri pensieri. Se riuscivo a convincermi di qualcosa che stavo facendo e a pensare che sarebbe stato un successo, anche quando facevo qualcosa di molto rischioso, andava bene. Viceversa, se mollavo il colpo o mi facevo prendere da energie negative non c’era modo di avere un buon risultato. Credo stia tutto nell’intenzione con cui facciamo qualcosa, che per qualche strana ragione è un elemento quasi magico e percepibile da qualunque persona anche lontanissima. Ho imparato l’importanza di avere le idee chiare in modo da poterle trasmettere altrettanto limpidamente a chi ti ascolta.
Il 17 gennaio uscirà il tuo secondo Ep, che si intitola “Abbaiare”, com’è nato questo progetto?Un anno e mezzo fa avevo la sensazione che con il progetto musicale che portavo in giro non fossi riuscita a parlare realmente di me. Passavo molto tempo in casa e stavo perdendo un po’ il senso di ciò che facevo. Con me viveva e vive un cagnolino che si chiama Luciano. Guardare lui mi ha sempre molto rassicurata. Gli animali sanno sempre cosa stanno facendo, sembrano sicuri, senza dubbi di trovarsi nel posto sbagliato. Ho desiderato tanto sentirmi così anche io. Godere del mio tempo senza doverlo per forza considerare produttivo, senza domandarmi il senso di ogni cosa e semplicemente vivere. Tendiamo a considerarci superiori agli animali perchè più intelligenti ma non siamo in grado di usare questa autoproclamata superiorità a nostro favore, anzi spesso è l’arma con cui ci facciamo più male e con cui danneggiamo ciò che ci circonda.
Ho letto che in questo EP anzichè produrre al computer, avete campionato vari suoni dell’ambiente circostante, come le campane del Duomo, sirene delle auto ecc… Me ne parli meglio?
Come spesso accade, questo approccio è partito da un “errore”: mentre registravamo delle voci di “Los Angeles” hanno iniziato a suonare le campane del duomo di Milano che era molto vicino allo studio e questo ha dato alla traccia audio una connotazione molto reale, vicina alla vita. Così abbiamo pensato di rendere componenti ritmiche e timbriche anche altri suoni appartenenti al mondo. Le cicale o le bustine di zucchero possono essere estremamente ritmiche, e così anche il volo di un calabrone può andare a completare e arricchire una pasta sonora strumentale.
Il primo singolo ad anticipare questo tuo nuovo lavoro è stato “Mirtilli”, che a mio parere è il pezzo più intenso dell’album. Mi ha colpito molto l’arrangiamento quasi “fiabesco”. Com’è nato il pezzo?
Mirtilli per me è una lenta colazione di fine primavera, con la finestra aperta e il sole che entra insieme ai suoni di un piccolo paese che si muove senza fretta. È il primo brano che è uscito anticipando l’intero lavoro proprio perchè secondo me è l’ambiente in cui le altre canzoni si svolgono. Un po’ come se fosse la scenografia di uno spettacolo teatrale. Contiene tutti i colori, i suoni e le immagini a cui fanno riferimento tutte le tracce del disco. Il brano è nato proprio perchè ho cercato di immaginare un luogo piacevole in cui mi sarebbe piaciuto essere, pieno di piccole cose bellissime, semplici ma sorprendenti.
Come nasce il tuo processo di scrittura dei brani?
Cerco di non forzarmi alla scrittura se sento che non è il momento giusto o non ho nulla da dire. So che c’è chi scrive tutti i giorni, ma sempre in un’ottica antiproduttiva, che vuole concentrarsi su ciò di cui c’è bisogno e non su tutto ciò che si può aggiungere a quello che c’è già, cerco di farlo quando ho la sensazione di voler dire qualcosa. È una sensazione quasi fisica. Solitamente parto dall’armonia. Per me l’armonia è una materia incredibilmente affascinante, è il suolo su cui vanno a camminare tutti gli elementi di una composizione quindi deve essere ricca e solida. Poi viene il testo insieme alla melodia
Ascoltando le tue canzoni, non so perchè ma ho avuto l’impressione che le canzoni d’amore dove tu parli di un’ipotetica persona importante per te, in realtà sono indirizzate a te stessa, o magari ad un’altra parte di te. Che ne pensi di questa cosa, e “Quello che ho di te”, perció, a chi è dedicata?
È possibile che la tua osservazione sia corretta. Credo che anche quando amiamo o ammiriamo qualcuno, stiamo proiettando sulla persona qualcosa di nostro. È un po’ come riconoscere qualcosa di te nell’altro. Spesso ciò che amo di più negli altri è qualcosa che io fatico a far crescere dentro di me ma che desidero, quindi avvicinandomi a qualcuno che ce l’ha cerco di prendere esempio e stimoli.“Quello che ho di te” non è una canzone autobiografica, ma parla di un amore che ho visto da vicino fin da bambnina e che non è nemmeno fra i più sani. (Non è mia intenzione consigliarlo quanto più desideravo solo rappresentarlo). Parla di amare qualcuno che se n’è andato e di rimanere aggrappati a ciò che di lui/lei ci rimane. I ricordi, le abitudini ecc.. è un po’ un non voltare pagina per non perdere quell’amore.
“Los Angeles” è il brano che forse si discosta dal resto del disco, con un sound country sognante e con delle cicale di sottofondo. Di cosa parla questa canzone?
Vivo a Milano da tanti anni, ma sono cresciuta nella campagna Bolognese perciò conosco anche un ritmo diverso da quello delle grandi città. Appena arrivata a 18 anni questo posto mi ha dato tantissimo in termini di stimoli e freschezza, ora però mi sembra che il prezzo da pagare in cambio di tutto ciò sia una vita interamente settata sulla produttività dove non c’è spazio (anche in senso fisico) per i pomeriggi vuoti, per le colazioni lente e l’ascolto. Il mio desiderio, con in brano Los Angeles, era ricordarmi anche di un altro modo di vivere, più dentro al mondo e i suoi elementi e meno dentro una lista di cose da fare. Proprio per questo intento, nell’arrangiarla abbiamo usato anche suoni appartenenti al mondo reale anziché solo samples o strumenti veri e propri, per rendere il brano più tangibile e “vivo”.
Quindi come si fa, secondo te a vivere in armonia con sè stessi distanziandosi da questa frenesia artificiale che ci investe tutti? Ti sei data una risposta?
Il primo passo sono il silenzio e l’ascolto. C’è bisogno di abbassare il volume di tutti gli stimoli che ci arrivano da ogni parte, per riuscire a sentire cosa dentro di noi e fuori da noi è importante. Ognuno ha la sua risposta, per questo è così fondamentale che ognuno lo capisca per sé. Tutto ciò che vogliamo è essere felici ma abbiamo fatto l’errore di credere che esista una unica felicità per tutti, quindi seguiamo consigli per raggiungere cose, poter comprare cose, che alla fine non riescono davvero a soddisfarci. Se noi fossimo in grado di capire chi siamo e cosa vogliamo saremmo in grado di rispettare anche l’identità e i diritti degli altri animali, che meritano una vita dignitosa tanto quanto noi .
Prima di “Abbaiare”, nel 2023 hai pubblicato “Serenata Iceberg”, il tuo primo ep. Mi è rimasta impressa “Camomilla”. Com’è nato il brano e, soprattutto, la frase del ritornello “La tua faccia è come camomilla, più la guardo e più sono tranquilla”, veramente geniale!
È il primo brano che ho scritto con la chitarra, non la suono per niente bene, ma mi aiuta ad avere un approccio diverso con la scrittura rispetto al pianoforte. Si riferisce sempre al cercare negli altri qualcosa che vorrei per me, in quel caso era trovare la calma dentro alla calma di chi mi stava vicino.
Date live? Dove potremo venire ad ascoltarti?
Per il momento abbiamo fissato due appuntamenti nelle mie città della vita ovvero Bologna e Milano, per portare subito il disco nel mondo reale. Siamo stati al Mosso di Milano Sabato 25 Gennaio e saremo da Efesto House a Bologna Venerdì 7 Marzo.
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